Plutone

Plutone è considerato l’ultimo pianeta del sistema solare e dista dal Sole circa sei miliardi di kilometri. In realtà esso percorre intorno al Sole un’ellissi molto schiacciata, che lo porta da una distanza massima di quasi 7,4 miliardi di kilometri ad una minima di poco più di 4,4 miliardi di kilometri.

Plutone viaggia molto lentamente e anche per questo motivo impiega duecentoquarantotto anni per percorrere la sua lunghissima orbita intorno al Sole. Ora, se si considera che fu scoperto nel 1930, esso, a tutt’oggi, ha percorso poco più di 1/4 di un giro completo dal giorno della sua scoperta. La sua orbita è talmente allungata che per alcuni anni ha viaggiato in un tratto che si trovava più vicino al Sole di Nettuno, il penultimo pianeta del sistema solare. Nel gennaio del 1979 Plutone passò all’interno dell’orbita di Nettuno e vi restò fino al 1999. Quindi, in quel lasso di tempo, non fu Plutone il pianeta più esterno del sistema solare ma Nettuno. Ora che è uscito da quella zona, bisognerà aspettare fino al 2227 per vederlo ripassare all’interno dell’orbita di Nettuno.

Plutone fu scoperto in seguito ad alcune anomalie verificatesi nell’orbita di Urano le quali rimanevano senza spiegazione anche dopo la scoperta di Nettuno. L’irregolarità del moto di Urano era piccolissima, ma sufficiente per convincere alcuni astronomi che ci potesse essere un altro pianeta, oltre a Nettuno, la cui attrazione gravitazionale non era stata tenuta in conto.

Intorno al 1900 un ricco astronomo dilettante, l’americano Percival Lowell, calcolò con l’aiuto di alcuni matematici dove avrebbe dovuto trovarsi il pianeta sconosciuto per dar conto delle anomalie riscontrate sull’orbita di Urano e iniziò a cercarlo. Lowell morì nel 1916 senza essere riuscito a trovare quello che era diventato lo scopo della sua vita. Le ricerche però continuarono all’interno dell’osservatorio da lui stesso costruito in Arizona fino a che, nel 1930, un giovane astronomo americano di nome Clyde William Tombaugh (1906-1997) non lo localizzò.

Il pianeta venne chiamato Plutone, il dio dell’al di là, per la sua distanza dalla luce del Sole e anche perché le prime lettere di quel nome erano le iniziali di Percival Lowell (il simbolo di quel pianeta è infatti proprio una PL sovrapposta:♇).

Il nuovo pianeta riservò subito alcune sorprese. Esso innanzitutto era poco luminoso e quindi verosimilmente molto piccolo; per tale motivo era molto improbabile che la sua forza gravitazionale avrebbe potuto spiegare le discrepanze riscontrate sulle orbite di Urano e Nettuno. La conferma delle sue dimensioni ridotte venne in seguito ad una serie di misurazioni che ne fissarono il diametro ad appena 5.600 km, quindi il pianeta risultava più piccolo della Luna e anche più leggero di essa.

L’accuratezza delle misure su Plutone fu possibile quando venne osservato un satellite che gli girava intorno, a cui venne dato il nome di Caronte, il mitico traghettatore delle anime dei morti nel regno degli inferi. Osservando due corpi di cui uno gira intorno all’altro in un dato tempo e a una data distanza è possibile determinare la loro massa complessiva. Ebbene questa massa è talmente piccola che è impossibile che Plutone possa influenzare il moto dei pianeti più interni del sistema solare.

Il fatto di averlo individuato più o meno dove Lowell lo aveva segnalato probabilmente fu dovuto ad una straordinaria coincidenza. Ora viene però da chiedersi: se non è Plutone a causare le anomalie nel moto dei pianeti vicini, quale ne è mai la causa?

Oggi si pensa che ad alterare leggermente le orbite di Urano e Nettuno possa essere stato un pianeta che si trovava in vicinanza dei due corpi celesti nel periodo di tempo compreso fra il 1810 e il 1910 e dopo quella data si sia allontanato al punto da non avere più alcun effetto gravitativo su di essi. Questo ipotetico pianeta, pensano gli esperti, dovrebbe avere un’orbita ellittica molto allungata che lo porterebbe in vicinanza degli altri pianeti del sistema solare assai raramente: si calcola infatti che fino al 2.500 non passerà più vicino ai due pianeti tanto da influenzarne il moto. Ma aspettare fino a quella data per avere una conferma di un dato teorico sembra eccessivo anche per i ricercatori più pazienti!

Prof. Antonio Vecchia

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