Anche il gioco è droga ?

LO STATO E IL GIOCO D’AZZARDO

In questi ultimi tempi lo Stato, oltre a rendere bisettimanali le estrazioni del lotto, ha introdotto anche molti nuovi giochi d’azzardo fra cui ricordiamo il Gratta-e-Vinci, il Totogol e il Superenalotto (solo per citare quelli che hanno incontrato maggior favore fra la gente). Con il raddoppio delle estrazioni del lotto e con la diffusione di nuovi giochi è aumentato ovviamente il numero delle giocate e anche quello dei giocatori che in Italia era già elevato. Si stima che nel nostro Paese vi siano attualmente 30 milioni di giocatori più o meno abituali e che la spesa complessiva in giochi d’azzardo autorizzati sia stata, nel 2000, di circa 45 mila miliardi di lire con un incremento del cento per cento rispetto a due anni prima. Ora, poiché dall’analisi dei regolamenti dei vari giochi si ricava che i premi pagati ai vincitori sono mediamente inferiori alla metà degli incassi lordi, si desume che le somme realmente perse dagli scommettitori nel 2000 siano state di circa 25 mila miliardi di lire. Da ciò deriva che ogni giocatore in un solo anno ha versato nelle casse dello Stato in media più di 800.000 lire (70 mila lire al mese).

A ben pensarci i soldi persi nei giochi autorizzati dallo Stato sono una tassa occulta che molti cittadini versano volontariamente e che se il governo imponesse con un provvedimento legislativo causerebbe forti critiche e disappunto fra i contribuenti che si ritengono già eccessivamente tartassati dal fisco. La pratica di istituire le lotterie di Stato per aumentare le entrate fiscali ha una storia lunga che trova la sua origine nella Roma imperiale. Oggi il ricorso alle lotterie statali è uno dei sistemi più comodi per fare accettare un’imposta che gli appassionati del gioco si mostrano pronti a pagare perfino a costo di sottoporsi a lunghe code.

Se poi ai giochi legali si aggiungono quelli clandestini di cui non è facile stimare l’ammontare, si arriva a cifre vertiginose che gli Italiani spendono nell’illusione di poter cambiare vita. Ma l’illusione molto spesso rimane tale perché il gioco, anziché risolverli, spesso acuisce i problemi finanziari. Paradossalmente anche le vincite possono causare preoccupazioni e sventure in giocatori che non sanno gestire con oculatezza grossi capitali. A tutto ciò si aggiunga il fatto che dove gira molto denaro di solito si inserisce la piccola e la grande criminalità che cerca di trarre profitto ricorrendo ad espedienti illeciti per truffare i cittadini ignari. Le cronache riferiscono spesso di imbrogli nei giochi gestiti dallo Stato.

Il gioco in sé non ha nulla di sconveniente anzi, normalmente, esso viene ritenuto un divertimento lecito e importante anche per il suo aspetto socializzante. Infatti, se analizziamo il termine gioco vediamo che contiene più significati. Esso può voler dire ricreazione, divertimento o sviluppo di qualità fisiche e intellettive. Tutti sanno, ad esempio, quanto sia importante il gioco per i bambini i quali, attraverso questa attività, sviluppano la personalità e la fantasia. Un secondo significato del gioco si riferisce ai giochi competitivi, quelli che prevedono un esito finale e a cui partecipano due o più persone in gara fra loro. Questo tipo di gioco si svolge secondo regole prestabilite e l’esito dipende più dall’abilità dei partecipanti che dalla fortuna. Fra questi vanno annoverati il gioco del calcio e quello degli scacchi. Vi sono infine i giochi d’azzardo (o di sorte) cioè quei giochi nei quali la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria, e pertanto non dipende, se non in minima parte, dall’abilità del giocatore. Il termine azzardo deriva da una parola araba che significa dado: lanciando un dado (che non sia truccato) non vi sono motivi logici che inducano a ritenere possibile la sortita di una faccia invece che un’altra. Giochi d’azzardo possono anche essere definiti quelli in cui l’unico fine è il lucro tanto che i termini “gioco d’azzardo” e “gioco in denaro” finiscono per identificarsi.

L’uomo ha una tendenza naturale alla sfida che forse gli deriva dal fatto che la natura, nel suo complesso, si è evoluta proprio attraverso il caso. L’evoluzione degli organismi viventi è avvenuta infatti a seguito di un susseguirsi di mutazioni casuali, ovvero di cambiamenti graduali del patrimonio genetico che ha determinato generazione dopo generazione un continuo arricchimento delle caratteristiche biologiche. Forse a causa delle sue origini legate al caso l’uomo istintivamente ha sempre ritenuto di poter arricchire, come quello genetico, anche il proprio patrimonio finanziario affidandosi alla fortuna. Nel farlo, però, spesso ha trascurato di considerare il fatto che nella evoluzione biologica le mutazioni sfavorevoli che hanno determinato la rovina e l’estinzione di molte specie viventi sono state assai più frequenti di quelle favorevoli.

I giochi d’azzardo sono comparsi molto presto nella storia dell’umanità e, nonostante non abbiano avuto vita facile per i numerosi provvedimenti legislativi, le scomuniche da parte della Chiesa, le condanne sociali e soprattutto le condizioni svantaggiose per chi giocava, non solo sono sopravvissuti, ma hanno prosperato nel tempo. Né sono valsi a fermare la naturale propensione dell’uomo al gioco d’azzardo i molti aspetti disdicevoli di questa attività come i fallimenti, le famiglie ridotte sul lastrico e perfino i suicidi.

Attualmente in Italia hanno grande diffusione nei bar e in altri locali pubblici le cosiddette macchinette mangiasoldi. Si tratta di apparecchiature elettroniche, come ad esempio i videopoker, che consentono lo svolgimento virtuale di alcuni giochi d’azzardo. I gestori di questi apparecchi, per legge, dovrebbero offrire ai vincitori solo buoni da spendere in consumazioni, ma in realtà molti di loro mettono in palio premi in denaro rendendo in questo modo illegale il gioco. Se a ciò si aggiunge il fatto che le macchine possono essere manomesse al fine di alterare la percentuale delle combinazioni vincenti si comprende il motivo per il quale le slot-machines si siano diffuse a macchia d’olio (si calcola che attualmente ve ne siano in circolazione quasi un milione) facendo la fortuna di molti locali pubblici. Infine, con l’inizio del nuovo secolo sono anche state attrezzate in molte città del nostro Paese delle sale pubbliche in cui la gente si raduna per giocare al “Bingo”, una specie di tombola in cui si possono vincere dei premi in denaro.

 

QUANDO IL GIOCO DIVENTA MALATTIA

La notevole diffusione dei giochi d’azzardo, come era facilmente prevedibile, ha portato con sé una serie di problemi e di conseguenze oltre che economiche anche di natura sanitaria. E’ aumentato infatti il numero di coloro che fanno del gioco un’ossessione, una specie di forte eccitazione che pervade mente, emozioni e comportamenti; in pratica una vera e propria malattia psichica da cui non è facile guarire. La dipendenza da gioco d’azzardo presenta aspetti analoghi a quelli generati dalla dipendenza da alcol o da sostanze stupefacenti. Si è notato che vi è un momento in cui il giocatore dipendente arriva a un punto tale di coinvolgimento con il gioco da trascurare tutte le altre attività, comprese le relazioni sociali e affettive con comparsa di crisi di astinenza, agitazione, ansia e pensieri ossessivi. La malattia è tutt’altro che rara: si calcola che colpisca il 2,5 per cento dei giocatori abituali. Quattro o cinquecentomila italiani sarebbero quindi i giocatori patologici o coloro che starebbero per diventarlo. Di questo fenomeno non è ovviamente responsabile il gioco in sé; il rischio è legato alla fragile personalità del giocatore che una volta entrato nel meccanismo non riesce più a padroneggiare la sua volontà e quindi a smettere.

Per tentare di arginare il fenomeno è sorto di recente a Napoli il primo osservatorio sul gioco: fra i fini che esso si propone vi è innanzitutto quello di sensibilizzare lo Stato e le società che per conto di questo gestiscono lotterie e sale giochi sui potenziali effetti nocivi del gioco d’azzardo, affinché devolvano parte dei proventi alla loro prevenzione e alla cura. Un secondo obiettivo dell’osservatorio è quello di istituire, nei luoghi di massima diffusione del gioco, sportelli appositi dove i giocatori, mantenendo l’anonimato, possano ricevere informazioni sulle strutture a cui rivolgersi per affrontare la malattia.

L’incapacità cronica di resistere all’impulso di giocare d’azzardo, creando problemi personali e sociali, è stato definito recentemente “Gioco d’azzardo patologico” o “Gap” (gli psichiatri americani hanno riconosciuto il gioco d’azzardo patologico come una malattia mentale nel 1980 e lo hanno chiamano Pathologic gambling, o più semplicemente gambling). Si osserva che mentre la maggior parte dei giocatori è in grado di smettere, appellandosi magari a valori morali o alla forza di volontà, alcuni non solo non smettono, ma sono incapaci di moderare la quantità di denaro impiegato manifestando un bisogno incontenibile di sfidare la sorte. Questi giocatori incalliti, col tempo, si vengono a trovare in una situazione di tensione tale che può essere superata in un sol modo: continuando a giocare. I sintomi che avvertono i giocatori patologici, come abbiamo detto, sono molto simili a quelli che si manifestano nelle persone che abusano di sostanze stupefacenti quando incorrono nel fenomeno dell’assuefazione e della dipendenza.

Con il termine di assuefazione (o tolleranza) si intende la necessità di assumere quantità sempre maggiori di sostanze che agiscono sul sistema nervoso per ottenere lo stesso effetto psico-fisico della dose iniziale (si comincia col fumare un paio di sigarette e si finisce con due pacchetti al giorno).

Per dipendenza si intende invece l’assoggettamento fisico e psichico nei confronti di sostanze di varia natura, ma anche di persone. Così si dice ad esempio che il bambino è dipendente dalla mamma, ma questo non è grave perché, crescendo, tale dipendenza normalmente scompare. L’assunzione reiterata di alcol, ma anche di alcuni farmaci quali i tranquillanti e i lassativi, e naturalmente di sostanze stupefacenti, inducono cambiamenti fisiologici nell’organismo tali da creare crisi di astinenza, cioè la necessità pressante e urgente di continuare ad assumere quelle sostanze per evitare uno stato di depressione e di malessere fisico che la sospensione della loro ingestione comporterebbe. Tali disturbi si manifestano, in coloro che fanno uso rilevante e regolare di sostanze che danno dipendenza, in modo più o meno evidente e sono caratterizzati da sintomi fisici come nausea, diarrea e dolore, o psichici ossia sotto forma di sofferenza emotiva che varia a seconda della personalità dell’individuo. La dipendenza può venire altresì misurata attraverso il livello d’interferenza con le normali attività quotidiane.

Una cosa molto simile all’assuefazione e alla dipendenza psicologica si manifesta in quelli che abbiamo chiamato giocatori d’azzardo patologici, detti anche compulsivi, che non sono in grado di controllare la quantità di denaro che impegnano nel gioco e non riescono a smettere nemmeno di fronte a perdite notevoli. In queste persone la mente è dominata dall’idea ossessiva del gioco e la spinta a giocare può essere tanto forte che l’angoscia viene alleviata solo qualora esse riprendano a giocare. Una tale fissazione oltre a provocare problemi in famiglia può indurre anche a commettere atti criminosi, quali furti e truffe, spesso ai danni di amici o conoscenti affinché ci si procuri il denaro necessario per continuare a giocare. E come il tossico deve aumentare progressivamente la dose per raggiungere la stessa sensazione di euforia, allo stesso modo il giocatore patologico è spinto ad aumentare senza controllo le somme di denaro impiegate. Tra queste persone, irresponsabili e sventurate, è anche molto alto il rischio di suicidio.

Con la diffusione delle slot-machines è aumentato il numero dei giocatori patologici perché queste persone prediligono le attività ripetitive in cui manca la mediazione di un intermediario ossia di qualche elemento che imponga un intervallo temporale fra una puntata e l’altra e nelle quali vi sia anche un contatto diretto con lo strumento del gioco. Lo Stato si è subito dimostrato molto severo nei confronti di questi videogiochi dando a intendere che si trattava di divertimenti con caratteristiche molto pericolose. In realtà nessun gioco d’azzardo è innocuo e certamente non è la legalità che ne limita i rischi. L’eccessiva severità nei confronti delle slot-machines dipendeva invece più che altro dal fatto che si trattava di giochi che entravano in diretta concorrenza con quelli legali, e quindi si ponevano fuori dal diretto controllo dello Stato.

Alcuni vorrebbero che venissero messi al bando tutti i giochi d’azzardo, ma il proibizionismo non ha mai risolto questi problemi, anzi spesso li ha aggravati. Molti sono invece convinti che solo un’informazione corretta, chiara e continua possa servire come deterrente di fenomeni socialmente deleteri. Si assiste invece, nel campo dei giochi di sorte, ad una disinformazione spudorata e arrogante che colpevolmente le istituzioni nemmeno tentano di contrastare. Stampa, radio, televisione e ogni altro mezzo di informazione (compreso Internet) vengono utilizzati per reclamizzare sistemi matematici atti ad assicurare la vincita ai giochi d’azzardo. Ebbene questi sistemi non esistono anche perché, se esistessero, i possessori non li renderebbero certo pubblici e tutti i giochi gestiti da un Banco, compreso il nostro Ministero delle Finanze, avrebbero da tempo dichiarato fallimento. Questi personaggi senza scrupoli che offrono (a pagamento) il sistema per vincere al gioco operano un vero e proprio abuso della professione di matematico. Nei riguardi di questa illegalità però, a differenza di quello che avviene ad esempio per la professione medica, non è prevista alcuna pena.

 

PER VINCERE NON GIOCARE

Non esistono giochi d’azzardo che siano redditizi per chi gioca e quindi l’unico modo per non perdere è quello di non giocare. Tuttavia, come si è visto, l’uomo è spinto quasi istintivamente al gioco, un’attività fra l’altro molto diffusa anche fra gli altri mammiferi, ed è quindi impossibile convincerlo a non giocare. E’ doveroso però far conoscere ai giocatori incalliti quali siano le reali probabilità di vincita o il rendimento (prodotto del coefficiente di vincita per la probabilità) dei diversi giochi. Da un punto di vista strettamente matematico è facilmente dimostrabile che il gioco d’azzardo meno penalizzante per gli scommettitori è la roulette, che paga ai vincitori oltre il 97% di quello che spetterebbe loro se il gioco fosse equo. Un gioco equo è ad esempio quello connesso con il lancio della moneta: scommettendo 100 lire su testa, se esce testa si vincono le cento lire che l’avversario ha puntato su croce; se esce croce si perdono cento lire: nessuno dei due concorrenti trae dal gioco un beneficio che non sia quello legato alla sorte. Nei giochi organizzati invece l’organizzatore ha un beneficio sicuro quando paga un premio inferiore a quello che ricava dalle scommesse.

Il gioco del lotto, soprattutto per le giocate più alte, è molto svantaggioso per il giocatore e quindi molto vantaggioso per il banco, cioè per lo Stato. Ad esempio la probabilità di indovinare l’ambo su una determinata ruota è di 1 su 400: il premio equo sarebbe quindi 400 volte la posta. Il premio previsto nel caso dell’ambo è invece di sole 250 volte la posta quindi con una percentuale sul premio equo del 62%. E quella dell’ambo è la giocata più favorevole; quello della cinquina è invece il caso più sconveniente: dovrebbe essere compensata 40 volte di più di quanto avviene. La percentuale sul premio equo nel caso della cinquina è quindi di solo il 2,5%. Se pertanto si continua a giocare è solo perché la perdita economica che si ha in media è compensata dalla speranza di vincita elevata (puntando mille lire, se esce la cinquina, si vince un miliardo e puntando poche migliaia di lire al Superenalotto si possono vincere molti miliardi). Alla base di tutto resta comunque la passione per il gioco.

I giochi d’azzardo forse sono antichi come l’umanità tanto che la loro presenza è testimoniata nelle culture di tutti i tempi. Gli antropologi ne hanno trovato traccia anche nelle popolazioni più primitive alle quali il mondo doveva apparire come un luogo governato dal caso, proprio come è governato dal caso il gioco d’azzardo. Anticamente i dadi e le carte erano considerati strumenti di divinazione e utilizzati per comunicare con dei e spiriti. Le prime scommesse legate al gioco risalgono all’antica Grecia quando, in occasione delle Olimpiadi, la gente si divertiva a puntare sull’esito delle gare a cui assisteva.

A proposito di carte forse non è un caso che quelle cosiddette francesi siano 52 per mazzo, proprio come 52 sono le settimane dell’anno. Inoltre ogni seme (picche, fiori, quadri e cuori) ha 13 carte e 13 sono anche i mesi lunari presenti nello stesso lasso di tempo. Se infine si sommano le carte dall’1 al 13 si ottiene 91 che moltiplicato per 4 fa 364. I giorni dell’anno sono in realtà 365 (366 in quelli bisestili) ma in ogni mazzo si trova una “matta” e a volte due. Forse non è nemmeno casuale il fatto che i semi siano proprio 4 come i quattro elementi della filosofia greca (terra, aria, acqua e fuoco). Furono gli zingari, abili nell’arte delle previsioni, a portare in Europa quei numeri e quelle figure inventate probabilmente dagli Egizi, una popolazione che conosceva molto bene il movimento degli astri e l’alternarsi delle stagioni scandite dalle regolari e benefiche inondazioni del Nilo. Gli zingari sono detti anche gitani un termine che deriva dal latino aegyptanus, cioè egiziano.

Con il mutare del rapporto fra uomo e ambiente cambiò quindi anche l’atteggiamento nei confronti del gioco d’azzardo che in seguito divenne un passatempo, uno svago, ma il convincimento che il giocatore fortunato godesse del favore degli dei non scomparve del tutto. La propensione al gioco d’azzardo in queste antiche popolazioni derivava probabilmente dalla volontà degli individui di sfidare una forza superiore, il destino che cercavano di dominare.

Le carte degli Egizi e degli zingari divennero quel passatempo che ancora oggi diletta gran parte dell’umanità solo intorno al 1300. Dello stesso periodo è il Baccarà che nasce in Francia, mentre la “zara” (di cui parla anche Dante nella Divina Commedia) lo precede di un po’. Le origini del Lotto risalgono al 1576 quando a Genova il Maggior Consiglio della Repubblica designava cinque senatori estraendoli a sorte fra una rosa di novanta. Nonostante i divieti, vi era la prassi fra la gente di scommettere sui candidati alle cariche pubbliche e il gioco veniva detto “del Seminario” perché così era chiamata l’urna che conteneva i foglietti con i nomi dei candidati da eleggere. Il gioco genovese si diffuse molto presto in altri Stati europei dove, constatata l’inefficacia delle proibizioni, i governi ne assunsero la gestione sostituendo i nomi dei candidati a senatore con 90 numeri. Nel 1863, dopo l’unità, anche il governo italiano gestì autonomamente questo gioco.

Fino a che il gioco rimane un divertimento esso non crea danni, ma quando diventa patologico è un dramma poiché sembra irrilevante vincere o perdere; quello che conta è la sfida fine a sé stessa. La vera sconfitta non è la puntata andata male o il terno non estratto, ma la perdita di autonomia nella libertà di aprire e chiudere il gioco. Al giocatore d’azzardo patologico non interessa accumulare soldi, anzi c’è il divieto inconscio di guadagnare. “Se si vince si continua a giocare perché è il momento buono, se si perde non si può smettere perché bisogna rifarsi”. C’è sempre una giustificazione per continuare e più ci si dibatte nella rete, più ci si fa male.

I giochi più rischiosi, come abbiamo visto, sono quelli caratterizzati da maggiore immediatezza, quelli cioè che non danno il tempo di riflettere fra una puntata e l’altra. In questo senso le slot-machines sono molto più pericolose del totocalcio e del lotto dove fra una puntata e l’altra c’è un intervallo di tempo obbligato. La stessa roulette prevede una piccola pausa di riflessione che il giocatore patologico non rispetta puntando su più tavoli o provvedendo alla nuova puntata immediatamente dopo che la pallina si è fermata e attardandosi nella puntata successiva anche quando la pallina è stata già lanciata dal croupier. Questo comportamento rappresenta un segnale serio di rischio patologico.

Molte attività dell’uomo, e non solo il gioco d’azzardo, possono sfociare nel patologico. La religione, ad esempio, può condurre ad esagerazioni come la penitenza attraverso strumenti di tortura quali il cilicio; l’alimentazione può portare a forme morbose come la bulimia e l’anoressia, e perfino la televisione può creare dipendenza quando non si riesce a stare in casa con il televisore spento.

Fra le nuove dipendenze, che vanno ad aggiungersi a quelle tradizionali, vi sono anche Internet, il telefonino, lo shopping e il sesso che sono indicatori di insicurezza, complessi e frustrazioni. La esigenza di sopperire a questi disagi ricorrendo a oggetti o a situazioni esterne rappresenta una specie di compensazione e gratificazione di alcuni individui socialmente isolati, che trovano in questi mezzi precari momenti di sicurezza e temporanee gratificazioni. Anche in questi casi come nel gioco non conta il risultato, ma il gesto: non comprare qualcosa che piace o che è utile, ma spendere denaro; non creare un momento di intimità e di comunione con la persona che si ama, ma avere un rapporto sessuale e basta.

Un altro esempio di moderna dipendenza è quella legata ad Internet: sintomi tipici sono il progressivo aumento del tempo di navigazione, il bisogno di controllare continuamente la propria casella di posta elettronica per verificare se sono arrivati nuovi messaggi e la crisi di astinenza, quando il computer si guasta o quando si tenta di ridurre o troncare i collegamenti. Anche in questo caso, come per il gioco d’azzardo, non è sotto accusa lo strumento ma chi lo usa e il modo in cui lo usa. Il pericolo dipende ancora una volta dalla personalità dell’utente: insicurezza, poca stima di sé, identità non ben definita e altri disturbi della sfera affettiva.

Molto tempo prima che venisse costituito l’osservatorio a Napoli in alcune città d’Italia sono stati istituiti i centri di recupero per giocatori dipendenti (chiamati “sportelli antigioco”) simili a quelli degli alcolisti anonimi e spesso ad essi connessi. Il primo è sorto a Bolzano ed è organizzato in modo che il paziente si confronti con persone che hanno gli stessi suoi problemi. Da poco tempo è attivo, e molto frequentato, anche un centro all’interno della nostra regione, con sede a Campoformido.

I centri di recupero dei tossicodipendenti e degli alcolisti hanno salvato molte persone ma il numero dei drogati e degli alcolisti è tuttavia in continuo aumento, anche perché droga e alcool continuano ad essere diffusi senza che vi sia una seria campagna di informazione relativamente ai danni che essi producono. Auguriamoci che con il gioco d’azzardo si riesca a fare qualcosa di meglio. Smettere comunque non basta, bisogna anche indicare all’ex giocatore un percorso alternativo, una strada che faccia considerare positivi altri aspetti della vita, quelli cioè che la persona dipendente dal gioco rifiuta proprio perché li considera troppo semplici e banali, privi di rischio.

L’analogia fra alcolisti e malati di “Gap” non è solo formale: chi soffre di disturbi legati al gioco in genere tende anche all’abuso di alcool e sigarette e, come nel caso dell’alcolismo e della droga, se ci si vuole realmente e definitivamente liberare dalla loro dipendenza ci si deve convincere che il taglio deve essere drastico e definitivo e non ci si deve illudere che si possa continuare limitando la partecipazione.

Prof. Antonio Vecchia

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