Geografia: scienza del paesaggio

OGGETTO E METODO DI STUDIO

La geografia, il cui significato etimologico è “scrittura, descrizione della Terra”, è disciplina insieme molto antica e molto recente. E’ molto antica in quanto nasce per rispondere all’esigenza dell’uomo primitivo di conoscere l’ambiente in cui vive; è molto recente perché solo in questi ultimi tempi ha assunto una propria autonomia definendo con chiarezza metodo di studio ed obiettivi.

Anticamente la geografia si limitava alla semplice rappresentazione grafica dei luoghi abitati e delle regioni limitrofe e alla descrizione dei caratteri fisici del territorio e dei fenomeni ad esso connessi: oggi invece essa studia il territorio da un punto di vista molto più specifico e ben distinto da quello che viene trattato dalle altre scienze della Terra.

La definizione più chiara e completa della nuova disciplina è stata fornita dal geografo tedesco J. H. Schultze nel 1943: “La geografia è la scienza sintetica che descrive e studia i rapporti di connessione dei fatti e dei fenomeni distribuiti sulla superficie terrestre, coordinati in unità spaziali (regioni) ed aventi particolari aspetti collettivi (paesaggi)”.

La geografia ha quindi cambiato completamente atteggiamento rispetto al passato e da semplice rassegna e descrizione di luoghi, situazioni e fatti, oggi, essendosi elevata a dignità di scienza, ha assunto il compito di affrontare ed interpretare i rapporti di interdipendenza e di interconnessione esistenti tra fatti e fenomeni, di analizzare il modo in cui gli stessi sono distribuiti sulla superficie terrestre e di prevederne eventualmente l’evoluzione.

Anche la geografia quindi, come tutte le scienze naturali, applica il metodo galileiano della ricerca, quel metodo cioè che partendo dalla osservazione e dalla classificazione dei fatti e dei fenomeni, passa successivamente alla loro analisi ed interpretazione. Si tratta in pratica di un procedimento tipicamente induttivo in quanto i fatti e le osservazioni precedono le idee; queste ultime hanno poi lo scopo di interpretare attraverso teorie e modelli, in modo il più possibile lineare, consequenziale e non contraddittorio, i dati di osservazione.

La ricerca geografica moderna si basa inoltre su un principio fondamentale ed esclusivo detto “principio della coesistenza spaziale” secondo il quale non esiste oggetto sulla superficie terrestre che, per la posizione che occupa, non subisca l’influenza degli oggetti con i quali viene a contatto e che, a sua volta, non eserciti esso stesso un’influenza su quegli stessi oggetti e su altri ancora. Ne consegue che questa disciplina è indotta, per necessità, ad analizzare la realtà naturale non nelle sue singole componenti ma nella sua globalità.

Mentre i singoli elementi che caratterizzano una regione, o anche la Terra nel suo insieme, possono essere oggetto di studio di varie discipline, la distribuzione e l’interazione reciproca di elementi inorganici e vitali all’interno dello spazio terrestre è invece prerogativa esclusiva della geografia. La superficie terrestre, studiata nella sua interezza e complessità, è quindi il vero oggetto di studio della geografia: una superficie intesa in senso tridimensionale in cui la terraferma, l’acqua e l’aria si toccano e in parte si compenetrano. Rientrano di diritto in quest’ambito la vita e, ovviamente, l’uomo.

Per i motivi che abbiamo esposto, la geografia viene definita scienza di sintesi non perché sia la sintesi di varie discipline ma perché la sua azione si concretizza nello studio del paesaggio, cioè di un oggetto geografico che rappresenta di per sé una sintesi, in quanto concorrono a formarlo, tutte insieme, le interazioni di fenomeni fisici, chimici, biologici ed antropici.

Se è vero quindi che la geografia non rappresenta la sommatoria di altre discipline, è altrettanto vero tuttavia che essa si avvale dell’apporto di altri insegnamenti attraverso i quali si rende possibile la descrizione del paesaggio in modo organico e profondo. Il paesaggio (dal latino pagus che significa “villaggio”) è una struttura geografica complessa che richiede per la sua descrizione, la coordinazione di risultati acquisiti da varie discipline più o meno direttamente connesse con la geografia, come la geologia, la geodesia, la botanica, la zoologia e, fra quelle non strettamente geografiche, la statistica, l’antropologia e la storia.

Quella che abbiamo definito è la geografia scientifica moderna, una disciplina che attraverso un lavoro di sintesi si prefigge anche di superare la dicotomia esistente fra geografia fisica e geografia antropica, nonché il dissenso che oppone tradizionalmente i naturalisti ai letterati. L’annosa diatriba è stata esacerbata, nel XIX secolo e all’inizio del XX, dalla contrapposizione dei concetti di natura e di uomo nei sistemi filosofici positivistico e idealistico. Il positivismo scientifico dell’Ottocento aveva sopravvalutato la natura; ad esso si era contrapposto, all’inizio del Novecento, l’idealismo, con l’esaltazione delle forze spirituali dell’uomo. Oggi, la filosofia, e la cultura in generale, tendono a superare la divisione fra uomo e natura, portando l’uomo ad accostarsi alla natura nel tentativo di amalgamarsi con essa, o quanto meno a stabilire con essa un rapporto armonioso.

Questa tendenza si riscontra in particolare proprio nella geografia, poiché essa analizza i fatti fisici della superficie terrestre non in quanto tali, ma per il valore che essi rappresentano nei confronti dell’uomo. Da questo punto di vista la geografia ha il merito di aver unificato entro un unico dominio di studio i fenomeni strettamente umani e quelli fisici della Terra, in cui il rapporto uomo-ambiente come abbiamo detto viene analizzato con il metodo tipico delle scienze naturali.

 

LA REGIONE GEOGRAFICA

Il concetto di regione (dal latino regere = dirigere, nel senso di “direzione, linea di confine”), come pure quello di paesaggio dal quale il primo è inscindibile, è di fondamentale importanza per lo studio della geografia. Dire però in poche parole cosa si voglia intendere con questi due termini, e darne una definizione precisa, è impresa ardua. Cercheremo quindi di arrivarci gradualmente iniziando dalla definizione del concetto di regione, il quale nasce dall’esigenza di sezionare la superficie terrestre in tante parti per poterla descrivere meglio.

Questa suddivisione, perché sia efficace, non deve tuttavia essere fatta ritagliando ad arbitrio territori qualsiasi, ma operando secondo un metodo di intervento logico che individui spazi con loro particolari caratteristiche e uno specifico contenuto. Di qui sorge la necessità di individuare un qualche criterio utile per suddividere la superficie terrestre in porzioni con una propria omogeneità di aspetti ed una specifica regolarità di fenomeni. E’ ovvio infatti che in questo modo risulta poi molto più agevole dare di quel territorio una descrizione geografica chiara ed efficace, rispetto ad una regione avente caratteristiche eterogenee ed irregolari.

Approssimativamente possiamo quindi intendere per regione una porzione della superficie terrestre provvista di una sua propria individualità, uno spazio ben definito fornito cioè di caratteristiche unificanti, e pertanto chiaramente distinto dai territori contigui che costituiscono altre regioni.

In pratica, il problema da risolvere consiste nella scelta del criterio più adatto per individuare i territori con le caratteristiche che sono state sopra delineate. Un primo criterio potrebbe essere quello di riferirsi ad un unico fenomeno, trascurando gli altri. Questo fenomeno potrebbe essere ad esempio la piovosità, o la vegetazione; in questo caso sarebbe garantito il principio della omogeneità e quindi della individualità, ma nello stesso tempo una regione intesa in questi termini risulterebbe poco rispondente al concetto in­tuitivo più ampio solitamente associato al termine “regione”. La realtà geo­grafica è costituita infatti non da un unico fenomeno, ma da tutta una complicata combinazione di essi.

L’uomo, da quando è comparso sulla Terra, ha  modificato l’ambiente in cui è vissuto in modo sempre più intenso, tanto che oggi esistono ben pochi territori che potremmo definire naturali. Chiameremo quindi regioni naturali quegli spazi in cui il paesaggio geografico ha conservato tutti i caratteri impressi dalla natura poiché l’uomo, per la sua totale assenza, o per la sua scarsa e primitiva attività, non ha influito sensibilmente sull’ambiente.

Chiameremo invece regioni geografiche quegli spazi in cui entra in gioco, e in modo determinante, anche l’uomo; uomo inteso non in senso di individuo singolo, ma in quello più ampio di collettività umana. A caratterizzare la regione geografica c’è infatti l’attività dell’uomo, come agente trasformatore della superficie terrestre. In realtà si può ancora continuare a parlare di ambiente naturale anche quando l’uomo è presente e magari ha profondamente alterato il luogo in cui vive, come è avvenuto, ad esempio, in gran parte del nostro Paese: in questi casi però si deve prescindere dalla presenza, dall’attività e dall’opera materiale dell’uomo, per considerare esclusivamente ciò che riguarda la natura.

 

IL PAESAGGIO GEOGRAFICO

Come abbiamo appena visto, il concetto di paesaggio è legato intimamente a quello di regione: pertanto, anche se nelle linee essenziali esso è stato già espresso, conviene tuttavia darne una definizione più completa e precisa.

Tutte le persone, anche quelle che non si dedicano in modo specifico allo studio della geografia, hanno un certo concetto di paesaggio. Per esse il paesaggio è qualche cosa che viene colto esclusivamente attraverso i sensi e rappresenta l’aspetto esteriore con il quale un tratto di superficie terrestre si manifesta ed esprime la propria fisionomia. Il paesaggio, per queste persone, viene quindi percepito e sentito soggettivamente, e giudicato da un punto di vista prettamente estetico, con espressioni del tipo “incantevole”, “stupendo”, “suggestivo”.

Quando si vuole però attribuire a tale concetto una dimensione scientifica, è necessario liberarsi dalle concezioni romantiche ed estetiche che abbiamo visto sopra, e cercare una definizione più oggettiva. In ogni caso rimane fondamentale l’osservazione di un territorio da un luogo panoramico (una veduta), o meglio da più luoghi. Questa operazione ci consente di avere una visione d’insieme del territorio in esame, e ci permette di fare una sintesi oggettiva di quanto osservato, anche se l’immagine non risulta ancora convenientemente approfondita. Il concetto di cui si entra in possesso in questo modo, può essere definito paesaggio sensibile.

Supponiamo, ad esempio, di osservare un paesaggio dolomitico. Innanzitutto si potranno notare certi aspetti evidenti e molto tipici, come le forme delle montagne e i colori. Una persona che fosse in possesso di una cultura geografica, sia pure superficiale, riconoscerebbe però anche una certa costituzione del terreno, l’origine delle sue forme, i caratteri della vegetazione, e sicuramente non le sfuggirebbe la presenza dell’organizzazione turistica di quella zona.

Ma non basta. Per poter definire con maggiore precisione un paesaggio geografico, si dovrebbe approfondire ulteriormente l’ispezione di esso considerando da vicino gli oggetti reali del territorio, quali ad esempio i torrenti, i boschi, i villaggi, e anche l’operare della collettività umana; questa infatti, come abbiamo già detto, partecipa attivamente alla realizzazione del paesaggio imprimendogli, a volte, caratteristiche molto particolari. Si dovrebbe inoltre tenere conto di fenomeni di carattere dinamico e transitorio, e di eventi tipici del luogo, come ad esempio le nebbie o i venti che sono presenti solo in particolari periodi dell’anno. Perfino le variazioni stagionali, che nel nostro Paese sono molto accentuate, rappresentano, di per sé, una caratteristica del paesaggio. Si perviene così al concetto più profondo e più specifico di paesaggio geografico.

Riassumendo possiamo quindi dire che tutti i fenomeni e gli elementi della superficie terrestre, anche quelli che non si rendono immediatamente percettibili, contribuiscono a costituire, in senso geografico, il paesaggio. Gli elementi possono essere sia naturali (rilievi, laghi, fiumi, boschi, ecc.), sia artificiali (case, strade, stabilimenti industriali, caserme ed altri manufatti prodotti dall’uomo). Ma per definire il paesaggio in modo completo, non dobbiamo limitarci alle opere materiali e fisse; anche l’attività dell’uomo, e quindi la semplice sua presenza sul territorio, finisce con l’essere parte integrante del paesaggio.

Da quanto precede risulta evidente il concetto di geografia come scienza di sintesi: essa cioè ha per oggetto lo studio del paesaggio geografico che non è la semplice collezione di elementi e di fenomeni, ma la sintesi armonica degli stessi. Fra i diversi suoi elementi vi è un tessuto di relazioni complesse che rende questa collettività unitaria e organica, tanto che se fosse modificato uno solo degli elementi, anche gli altri verrebbero a modificarsi in misura più o meno rilevante. Fatti e fenomeni sono quindi collegati fra loro e si influenzano a vicenda.

Siamo così giunti al concetto più completo e funzionale di paesaggio, quello di paesaggio geografico razionale, dove l’aggettivo finale sta a richiamare il concetto di sintesi, di unità organica e logica. Paesaggio razionale nel senso che per la sua conoscenza non ci si può limitare alla descrizione dei fenomeni in sé, ma gli stessi si devono anche spiegare scientificamente. Ne deriva, ovviamente, che non è razionale il paesaggio in quanto tale, ma è razionale il modo di pensarlo.

 

ELEMENTI E FATTORI GEOGRAFICI

Abbiamo visto che l’oggetto di studio della geografia è l’interpretazione del paesaggio geografico. Questo è composto da una serie di elementi distintivi che sono le forme fisiche del paesaggio che colpiscono i nostri sensi, come ad esempio la morfologia del suolo, la vegetazione e le opere umane. Tali elementi si originano dall’azione di diversi fattori fra loro collegati come ad esempio la latitudine, l’altitudine, la distanza dal mare e così via.

I diversi tipi di paesaggio geografico sono definiti dagli elementi che vengono presi in considerazione. Quanto più vario è il numero di tali elementi, tanto maggiore sarà il numero di paesaggi diversi che si possono classificare, e quindi tanto più numerose (e più piccole) saranno le regioni corrispondenti. Naturalmente il geografo, per individuare le regioni in base al paesaggio, si rifarà ad un insieme di elementi distintivi che garantiscano la massima razionalità ed oggettività di classificazione, anche in funzione delle esigenze pratiche di studio.

Da quanto esposto si comprende facilmente che il problema della suddivisione della superficie terrestre in regioni è dello stesso genere di quello della classificazione scientifica. Quest’ultima infatti consiste nel suddividere un insieme eterogeneo in tanti sottoinsiemi omogenei rispetto ad una ben determinata scelta di parametri: è noto infatti che le classificazioni possono differire fra loro a seconda della scelta dei parametri adottati. Nel nostro caso, ad esempio, gli elementi di classificazione saranno diversi in tipo e in numero a seconda che si voglia studiare la geografia su scala continentale o su scala regionale.

Lo studio del paesaggio in senso geografico implica, come abbiamo già detto, conoscenze interdisciplinari. Esso risulterà tanto più completo e organico, quanto più saranno profonde le cognizioni possedute: non a caso la geografia è stata definita la più enciclopedica delle scienze.

Vogliamo infine concludere sottolineando il valore formativo dello studio della geografia, una scienza che insegna a leggere, nel paesaggio, la complessità e la profondità della natura. Lo studio della geografia consente un approccio con la natura insieme razionale e spontaneo, e pertanto esso si rivela non solo intellettualmente valido, ma anche profondamente appagante da un punto di vista estetico.

Prof. Antonio Vecchia

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