Saponi e detersivi

L’acqua non lava in quanto, strano a dirsi, non bagna completamente tutti i corpi. Per averne la prova, ancorché parziale, si riempia di acqua un bicchiere e poi lo si svuoti, si osserverà che le sue pareti interne risultano in gran parte asciutte. Ciò dipende dalla grande tensione superficiale dell’acqua conseguenza, a sua volta, dei forti legami a idrogeno che legano fra loro le molecole che la costituiscono.

All’interno di una goccia d’acqua le forze attrattive fra le molecole operano in tutte le direzioni e quindi si bilanciano a vicenda; sulla superficie esterna invece ciò non accade e le forze attrattive sono sbilanciate verso l’interno: in questo modo esse tendono a ridurre al minimo l’area superficiale facendo assumere alla goccia la forma sferica. A causa di questa forte tensione superficiale l’acqua non si trova in intimo contatto con il sudiciume, che quindi non viene rimosso dal tessuto o dall’oggetto che si intende lavare.

 

L’AZIONE DETERGENTE DEI SAPONI

Si chiamano emulsionanti o tensioattivi le sostanze chimiche che provocano una diminuzione della tensione superficiale di un liquido o di un solido. I saponi sono degli ottimi tensioattivi per i grassi presenti nell’acqua in quanto posseggono la caratteristica di ridurre la tensione superficiale dell’acqua stessa e quindi aumentano il suo potere bagnante. Fanno inoltre da intermediario fra l’acqua e il sudiciume (per lo più costituito da grassi untuosi) e di conseguenza favoriscono il distacco di quest’ultimo dalle superfici da lavare, disperdendolo nell’acqua. Per operare in questo modo la molecola del sapone deve possedere una particolare struttura.

I saponi “classici” sono i sali di sodio (Na) di acidi grassi a lunga catena carboniosa come ad esempio è l’acido stearico (C17H35COOH), l’acido palmitico (C15H31COOH), l’acido oleico (C17H33COOH) ed altri acidi monocarbossilici a lunga catena, formata da un minimo di 12 a un massimo di 18 atomi di carbonio. I saponi molli, come i saponi da barba o gli shampoo, sono sali di potassio (K) degli stessi acidi organici. In acqua il sale si dissocia formando due ioni: quello negativo, l’anione, è una lunga catena di atomi di carbonio mentre, quello positivo, il catione, è lo ione sodio o potassio. Tali composti di solito vengono indicati in modo abbreviato, per esempio per lo stearato di sodio, con R–COONa che in acqua si dissocia in  R–COO e Na+ dove R sta per CH3–(CH2)16–.

L’azione dei saponi si basa sul famoso principio del “simile scioglie il simile”. Gli anioni presentano infatti un gruppo polare, alla fine di una lunga catena idrocarburica, detto “testa”, con proprietà idrofile (dal greco hydõr = acqua e phílos = amico), perchè resta a diretto contatto con le molecole, anch’esse polari, dell’acqua. Di contro la “coda”, non polare, è detta idrofoba (dal greco phóbos = paura), in quanto penetra negli aggregati multimolecolari non polari di grassi e di oli presenti sui tessuti o sugli oggetti che si intende lavare. Quindi, quando lo sporco è costituito da residui di varia natura (polveri, fuliggine, ecc.) rivestiti da un velo di sostanze grasse, le parti idrofobe delle molecole del sapone penetrano in questi ultimi mentre le parti idrofile si agganciano all’acqua. Il movimento meccanico favorisce la formazione di piccole micelle (cioè di aggregati multimolecolari di sudiciume) che, avviluppate da uno strato di molecole di tensioattivo rimangono disperse stabilmente nell’acqua. In altre parole le micelle possono essere considerate delle sferette con la superficie caricata negativamente le quali, respingendosi fra loro elettrostaticamente, rimangono disperse nel solvente acquoso da dove verranno allontanate con i risciacqui.

     I saponi sono quindi in grado di ridurre la tensione interfacciale fra l’acqua e gli altri materiali, per esempio i tessuti, e di conseguenza migliorano l’umidificazione delle superfici solide. Secondariamente, grazie alla loro azione emulsionante, possono facilitare la rimozione delle particelle di grasso e ostacolarne la riaggregazione. Essi tuttavia non sono in condizione di svolgere la loro funzione detergente sia in acque dure, ossia in acque ricche di sali di calcio, ferro e magnesio, sia in quelle acide. Nel primo caso danno luogo a sali carbossilici che, essendo insolubili in acqua precipitano e quindi si depositano sul tessuto o sulla superficie da lavare (si pensi agli anelli di deposito nelle vasche da bagno); nel secondo caso, provenendo da acidi deboli, danno origine agli acidi grassi iniziali che risultano anch’essi insolubili in acqua.

Esempi:

2 C17H35COONa  +  Ca++   →   (C17H35COO)2Ca  +  2 Na+

C17H35COONa  +  HCl   →   C17H35COOH   +   NaCl

     Un sistema per eliminare ad esempio gli ioni calcio dall’acqua, prima di usare il sapone, è quello di aggiungere all’acqua di lavaggio del carbonato di sodio, che fa precipitare il carbonato di calcio. Un altro modo, come vedremo meglio in seguito, consiste nell’aggiungere all’acqua ioni polifosfato.

Quando lo sporco è costituito da polvere il meccanismo di rimozione è più complicato. Le particelle di polvere attraggono infatti le parti idrofile del sapone in modo più forte dell’acqua e in tal modo esse vengono avviluppate da un doppio strato di molecole di sapone orientate fra loro in senso inverso. Una volta portate in sospensione vi permangono poi stabilmente così come avviene per le micelle di grasso.

 

I DETERSIVI

Fino agli anni ’50 del secolo scorso, la pulizia personale e il bucato erano quasi interamente affidati a quelli che abbiamo chiamato “saponi classici”. Da quella data sono entrati nel mercato in misura sempre maggiore i cosiddetti “saponi sintetici”, ossia detergenti a base di prodotti petrolchimici la cui struttura molecolare è simile a quella dei saponi. Essi, parimenti ai saponi, sono quindi costituiti da una parte idrofoba composta da una catena alifatica (ossia dalla solita lunga catena di atomi di carbonio) o alifatica-aromatica (ossia la catena di atomi di carbonio con legato a sé un anello benzenico) e da una parte idrofila rappresentata da un gruppo solfonico (–SO3H) che sostituisce la funzione carbossilica –COOH dei saponi. Questo permette il lavaggio anche in acque dure perché il solforato di calcio o di magnesio è solubile in acqua, ragione per cui il detergente rimane in soluzione e non precipita. Sono stati pertanto prodotti i composti indicati come alchil-solfati o alchil–aril–solfonati, che costituiscono i principi attivi dei detergenti sintetici. Un tipico detergente sintetico, il dodecilbenzensolfonato, presenta la seguente formula chimica: C12H25–C6H5–SO3Na.

I detergenti sintetici, venduti in commercio con il nome di “detersivi”, hanno soppiantato i saponi che attualmente vengono prodotti esclusivamente come saponette da toeletta. Con il termine “detersivo” si intende quindi qualsiasi sostanza chimica sintetica che funga da sapone. Fanno parte integrante dei detersivi alcuni prodotti che svolgono funzioni complementari ma non trascurabili. Fra questi vi sono i polifosfati, di cui abbiamo già fatto cenno, i quali riducono la durezza dell’acqua agganciando i cationi ferro, calcio e magnesio in essa disciolti, disperdono le particelle di sudiciume e mantengono il desiderato ambiente alcalino. I silicati sodici che conservano il pH in ambiente basico, inibiscono la corrosione dei metalli e favoriscono il mantenimento in sospensione del sudiciume. Inoltre vi sono gli ossidanti costituiti dagli ipocloriti di sodio che completano l’azione lavante attaccando per ossidazione il sudiciume. A ciò si aggiungano le cariche, sostanze inerti, come ad esempio il solfato di sodio, che servono per abbassare il costo del prodotto finale. Vanno infine ricordati gli additivi cioè sostanze che svolgono varie funzioni come quella di deodorante, decolorante, profumante, inibitrice di corrosione e così via.

Le caratteristiche strutturali di questi prodotti sintetici sono tali da sostituire nella loro azione detersiva i saponi; anzi, rispetto a questi ultimi, offrono il vantaggio di non formare prodotti insolubili con gli ioni normalmente presenti nelle acque, quali soprattutto Ca++ e  Mg++. Il loro impiego ha però causato un problema complesso per la nostra società in quanto questi prodotti, a differenza di ciò che avviene per i saponi, non vengono rapidamente demoliti dall’azione dei batteri naturali a causa della catena ramificata della loro molecola. Si ha di conseguenza un inquinamento dei corsi d’acqua in cui gli scarichi urbani vengono immessi, facilmente rilevabile dalla formazione di schiuma. L’industria chimica ha cercato di eliminare queste difficoltà sviluppando una serie di prodotti biodegradabili con catene lineari simili a quelle dei saponi classici che vengono quindi demoliti dall’azione batterica.

I detersivi sintetici anionici sono di gran lunga i più diffusi ma non sono gli unici. Vi sono anche i cationici, i non ionici e gli anfiolitici (o anfoteri).

I detersivi cationici sono costituiti da una lunga catena alifatica che come negli anionici costituisce la parte apolare lipofila la quale termina però con un gruppo polare idrofilo costituito da una funzione amminica recante una carica positiva. Questi detersivi sono diventati importanti quando poco prima dell’ultima guerra mondiale è stato scoperto che avevano proprietà battericide e oggi trovano infatti impiego in particolari usi come per esempio in lavanderie d’ospedale.

I detersivi non ionici sono molecole costituite da eteri o da esteri di polietilenglicoli in cui il gruppo liofilo è sempre una lunga catena idrocarburica, mentre la funzione idrofila è espletata da gruppi polari come ad esempio da un ossidrile. Essi hanno il vantaggio di produrre una schiuma poco voluminosa che li rende adatti par le macchine lavatrici. Questi prodotti dimostrano fra l’altro che non è l’abbondante schiuma a caratterizzare la bontà di un sapone.

Sono detersivi anfiolitici quelli in cui la parte idrofila della molecola ha contemporaneamente azione acida e basica per cui il detersivo si comporta da anione al di sopra di un certo valore del pH e da catione al di sotto di esso. La produzione di questi detersivi è molto limitata a causa del costo piuttosto elevato dei prodotti posti in commercio e sono particolarmente apprezzati in campo cosmetico.

 

LA PRODUZIONE DEL SAPONE

Il sapone è stata una delle prime sostanze chimiche ad essere prodotte a scopo commerciale. La sua scoperta forse è stata il risultato di un’osservazione casuale degli effetti detergenti ottenuti mescolando grasso e cenere di legno (una sostanza che contiene alcali, cioè composti di formula NaOH e KOH)).

Il metodo di preparazione impiegato per ottenere i saponi si basa sulla scissione alcalina dei trigliceridi, ossia degli esteri della glicerina con acidi monocarbossilici a lunga catena carboniosa di cui abbiamo già fatto alcuni esempi. Aggiungiamo ora che queste sostanze si trovano negli oli vegetali (di palma, di soia, di arachide, di oliva, di cotone, ecc.) e nei grassi animali (sego di bue, di montone, ecc.).

Le miscele di differenti gliceridi vengono poste in apposite caldaie scaldate a temperature intorno ai 170-180 °C, e sotto la pressione di 8-10 atmosfere, in presenza di soluzioni acquose di idrati alcalini (NaOH e KOH) e NH4OH. Terminata la saponificazione (ossia il processo di idrolisi) rivelata dalla scomparsa dei grumi di grassi e di oli si opera la cosiddetta salatura, che si ottiene aggiungendo del cloruro di sodio il quale rende insolubile il sapone che si è formato e lo fa affiorare in superficie separandolo dalla parte liquida sottostante ricca di glicerina e di altre impurezze. Mediante un rubinetto posto nella parte inferiore della caldaia si allontanano le acque ricche di glicerina la quale può essere usata per produrre la nitroglicerina, un esplosivo molto potente. (A questo proposito si ricorda che negli Stati Uniti, durante le due guerre mondiali, le massaie cercavano di risparmiare sull’ uso dei grassi e degli oli per cucina in modo che queste materie prime potessero essere impiegate per la produzione della glicerina.) Dopo il raffreddamento si ottiene la miscela solida dei saponi.

Prima che sia completato il raffreddamento si possono aggiungere varie sostanze per ottenere saponi con particolari caratteristiche commerciali. Uno di questi consiste nell’aggiunta all’acqua dura di polifosfati al fine di eliminare gli ioni calcio circondandoli e impedendone la combinazione con gli altri anioni che normalmente ne causano la precipitazione. Questo tipo di interazione fra uno ione e un altro è detto sequestrazione e i polifosfati sono perciò noti come “agenti sequestranti”.

In Italia il fabbisogno di detersivi sintetici è cresciuto con la loro introduzione nell’uso domestico e con il progressivo diffondersi di lavabiancheria e lavastoviglie. La produzione italiana dei detersivi sintetici è andata via via aumentando negli anni mentre quella dei saponi naturali è diminuita ma non in modo proporzionale: questo è forse un indice dell’aumento fra la popolazione del rispetto delle norme concernenti l’igiene personale.

L’uso sempre più esteso dei detersivi sintetici ha comportato, come abbiamo visto, danni ambientali piuttosto rilevanti (dovuti in genere alla bassa biodegradabilità di certi composti tensioattivi) e in particolare il fenomeno della eutrofizzazione delle acque, cioè di un’abnorme crescita delle alghe favorita da un’azione “concimante” da parte dei composti azotati e fosfatici presenti nei detersivi. L’inquinamento della acque raggiunse valori tanto elevati da rendere necessaria la regolamentazione della produzione di questa merce.

Dal 1° gennaio 1971 la legge italiana precisa che i detersivi devono essere biodegradabili almeno per l’80% cioè caratterizzati da catene di atomi di carbonio lineari simili a quelle dei saponi naturali più facilmente riducibili a molecole più semplici da parte dei microrganismi naturali. Di conseguenza si è cominciato a bandire anche l’uso dei fosfati ritenuti, almeno in parte, responsabili del fenomeno dell’eutrofizzazione, e a sostituirli con altri riduttori della durezza delle acque, per quanto più costosi.

In commercio i saponi sono valutati in base al titolo che esprime la percentuale di acidi grassi e resinosi; in un buon prodotto puro e fresco esso non deve essere inferiore a 60-62% ed aumenta con la stagionatura. Nella valutazione dei saponi si tiene conto anche dall’umidità, della carica e degli alcali liberi. I migliori tipi devono infatti essere neutri (pH=7): per quelli adibiti all’igiene personale è preferibile se posseggono un pH leggermente acido. I saponi eccessivamente alcalini deteriorano fibre e tessuti e non sono perciò adatti per toeletta e per lavare lana, seta, e fibre artificiali e sintetiche.

Prof. Antonio Vecchia

Reply