Plutone: il pianeta declassato

Agli inizi dell’estate del 2006 una Commissione speciale di “sette saggi” riunita a Parigi ha elaborato un documento che fissava le caratteristiche che avrebbe dovuto possedere un corpo celeste per essere definito “pianeta”. La proposta è stata poi analizzata a Praga in data 24 agosto dall’IAU (International Astronomical Union) la quale ha deciso, con una votazione, che Plutone non doveva più essere considerato un pianeta.

 

LA SCOPERTADI PLUTONE

La ricerca di un pianeta la cui orbita avrebbe dovuto trovarsi al di là di quella di Nettuno iniziò quando furono riscontrate alcune lievi anomalie nella traiettoria seguita da Urano lungo il suo percorso intorno al Sole. Dopo lunghe ricerche il pianeta venne individuato nel 1930 dall’astronomo americano Clyde W. Tombaugh (1906-1997) il quale gli dette il nome di Plutone in parte anche perché le prime due lettere corrispondevano alle iniziali di Percival Lowel, il ricco astronomo dilettante che dedicò gli ultimi anni della sua vita alla ricerca di questo fantomatico pianeta.

Gli astronomi si aspettavano naturalmente di trovare un corpo celeste piuttosto massiccio perché solo in questo caso esso avrebbe potuto influire sull’orbita di Urano. Plutone appariva invece poco luminoso: era infatti solo di quattordicesima magnitudine cioè almeno quaranta volte meno luminoso del previsto. Ciò poteva dipendere dal fatto che si trovava più lontano di quanto calcolato oppure che i materiali di cui era costituito erano molto scuri. Ma la scarsa luminosità poteva dipendere anche dalle sue esigue dimensioni.

L’osservazione del movimento del pianeta, misurato per un periodo sufficientemente lungo, permise di valutare esattamente il tempo impiegato per compiere un’intera rivoluzione intorno al Sole: con questo dato non fu difficile, applicando la terza legge di Keplero, risalire alla sua distanza dall’astro centrale. Tale distanza fu valutata in circa sei miliardi di kilometri: si trattava di una lontananza notevole ma non tale da giustificare la sua scarsa luminosità. Rimaneva da stabilire se era un pianeta di consistenza gassosa, come logica avrebbe voluto, oppure un corpo molto piccolo oppure entrambe le cose. Gli ultimi quattro pianeti del sistema solare sono tutti pianeti gassosi di dimensioni notevoli, quindi c’era da aspettarsi che anche l’ultimo arrivato fosse di tale natura con una massa almeno dieci volte quella della Terra.

La definizione della distanza e dell’albedo (ossia della luce solare riflessa dal pianeta) indicava che Plutone non era un corpo gassoso perché in tal caso esso avrebbe dovuto riflettere la metà della luce solare che riceveva mentre invece ne veniva registrata solo meno di un decimo.

Plutone doveva quindi essere un pianeta piccolo composto di materiali rocciosi, simile ai cosiddetti “pianeti terrestri”, quelli più vicini al Sole: Mercurio, Venere, Terra e Marte. I pianeti più grandi costituiti da elementi allo stato gassoso, detti anche “pianeti gioviani”, sono Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Plutone quindi rappresentava un fatto anomalo perché, strutturalmente simile ai pianeti terrestri, si trovava invece posizionato al limite esterno del sistema solare.

Rimanevano tuttavia ancora da stabilire le sue dimensioni reali. Il problema fu risolto dopo aver individuato un suo satellite. Nel giugno del 1978 l’astronomo americano James W. Christy esaminando alcune foto di Plutone a forte ingrandimento notò un rigonfiamento sulla sua superficie che avrebbe potuto essere ritenuto una grossa montagna se non fosse che la protuberanza non si trovava nella stessa posizione su foto diverse. Grazie alle ricerche condotte da un astronomo francese di nome Antonie Labeyrie nel 1980 si riuscì a stabilire senza ombra di dubbio che quello che appariva una protuberanza di Plutone era in realtà un satellite che fu chiamato Caronte dal nome del traghettatore che nella mitologia greca trasportava le anime dei defunti attraverso il fiume Stige nel regno di Plutone, il dio dell’oltretomba.

Il passaggio di Caronte davanti ad una stella permise poi di valutarne il diametro che risultò di 1.200 kilometri circa. In precedenza con un metodo analogo era stato misurato il diametro di Plutone che fu ritenuto non superiore a 3.000 kilometri. Ora, nota la distanza di un satellite che ruota intorno al suo pianeta e noto il tempo impiegato per una sua rivoluzione è possibile calcolare la massa complessiva di pianeta e satellite. Quindi, conoscendo anche le dimensioni dei due corpi, si può risalire alla massa di ognuno di essi. Plutone risultò non solo il più piccolo pianeta del sistema solare, ma anche il più leggero: la sua massa era circa un sesto di quella della Luna (quindi doveva essere in gran parte formato da acqua e metano solidi) mentre quella del suo satellite era circa la metà della massa del pianeta intorno a cui girava il che rendeva il sistema Plutone-Caronte qualcosa di simile ad un “pianeta doppio”.

Plutone e il suo satellite sono due oggetti anomali anche per un altro motivo. Si sapeva che quando due corpi celesti sono molto vicini la loro rotazione è rallentata dagli effetti di marea. Lo stesso fenomeno si è verificato fra Terra e Luna la quale, per effetto di marea, ha rallentato la sua rotazione fino al punto di mostrare alla Terra sempre la stessa faccia. Anche la rotazione della Terra è stata rallentata (e lo è ancora) per l’attrazione della Luna, ma la Terra è molto più grande del suo satellite e per tale motivo il suo rallentamento è molto modesto. Plutone e Caronte che distano l’uno dall’altro solo 19.700 kilometri e sono anche di piccole dimensioni esercitano un forte reciproco rallentamento della rotazione. Come risultato finale oggi ciascuno dei due mostra all’altro sempre lo stesso emisfero. Essi cioè sono in permanenza uno di fronte all’altro così che se venisse lanciato un ponte fra Plutone e Caronte questo rimarrebbe fisso sempre nella stessa posizione e potrebbe essere percorso per passare dal pianeta al satellite e viceversa.

 

PLUTONE NON È PIÙ UN PIANETA

Il fatto che Plutone a mano a mano che procedevano le misurazioni risultava sempre più piccolo (oggi il suo diametro non dovrebbe essere superiore a 2.300 kilometri) suggerì in passato ad alcuni astronomi l’opportunità di declassarlo ad asteroide.

Come tutti sanno il sistema solare è costituito da tre tipi di corpi celesti classificabili con assoluta precisione: il Sole, i pianeti e i satelliti. Non è possibile confondere uno con l’altro. Giove ad esempio è un pianeta molto grande costituito di gas, come il Sole, ma a nessuno verrebbe in mente di ritenerlo anch’esso una stella; non è nemmeno possibile confondere un pianeta con un satellite.

I pianeti tuttavia sono di dimensioni molto varie. Agli inizi dell’Ottocento venne scoperto Cerere, un corpo celeste con un diametro di poco superiore ai 1.000 kilometri in orbita fra Marte e Giove ma prima che potesse essere classificato come pianeta, nella stessa zona del cielo furono osservati molti altri piccoli pianeti a cui l’astronomo britannico di origine tedesca William Herschel dette il nome di asteroidi (dal greco “simili a stelle”) perché al telescopio apparivano, appunto come le stelle, semplici puntini invece che dischetti luminosi.

Oggi si è tornati a considerare le caratteristiche che deve avere un pianeta per essere definito tale. Come abbiamo detto, l’assemblea dell’Unione Astronomica Internazionale riunita a Praga alla fine di agosto del 2006, ha formulato una nuova definizione di pianeta. Vediamo nel dettaglio, secondo le nuove proposte, quali dovrebbero essere le proprietà fisiche di un corpo celeste perché possa essere riconosciuto come pianeta.

Innanzitutto esso deve orbitare intorno al Sole e possedere una massa tale da far sì che la propria gravità gli faccia assumere una forma sferica (o quasi sferica) vincendo le forze di corpo rigido. Esso deve inoltre essere dominante nella sua fascia orbitante ripulita degli oggetti più piccoli che ha attratto a sé inglobandoli. Secondo questa definizione i pianeti del sistema solare dovrebbero essere solo otto: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Oltre a questi pianeti che potremmo definire “classici” esistono nel sistema solare molti altri corpi celesti di dimensioni più piccole.

Essi sono stati riuniti in classi diverse. La commissione innanzitutto ha dato la definizione di “pianeta nano” (dwarf planet). Con questo nome si individua un pianeta di dimensioni minori del più piccolo dei pianeti classici, cioè di Mercurio. Anche il pianeta nano, come i fratelli maggiori, ha forma sferica ma per le sue ridotte dimensioni non è riuscito a ripulire lo spazio all’interno del quale orbita. Rientra in questa definizione Cerere fino ad oggi classificato come asteroide, Plutone e quello che era considerato il suo satellite, Caronte. Ad essi deve aggiungersi un pianeta individuato nel 2002 da due astronomi americani Chadwick Trujillo e Michael Brown del California Institut of Technology il cui diametro dovrebbe essere confrontabile con quello di Caronte e a cui fu dato il nome di Quaoar (divinità di un antico popolo americano).

Oltre ai pianeti “classici” e a quelli “nani” vi sono tutti gli altri oggetti presenti nel sistema solare che, fatta eccezione per i satelliti, sono stati raggruppati sotto la denominazione di Small Solar System Bodies (“piccoli corpi del sistema solare”). Fra questi vi sarebbe la maggior parte degli asteroidi e tutte le comete.

Naturalmente non tutti gli astronomi si sono dichiarati favorevoli a questa nuova classificazione dei corpi celesti del sistema solare e soprattutto è stato contestato il modo con cui si è giunti alla definizione.

La IAU è un’organizzazione nata nel 1919 con lo scopo di favorire la collaborazione degli astronomi di tutto il mondo ed oggi conta quasi 10.000 iscritti. Essa si riunisce ogni tre anni in località diverse per analizzare e valutare questioni che possano rendere migliore il lavoro degli scienziati utilizzando le conoscenze dei suoi membri. A Praga erano presenti 2.500 soci ma hanno votato a favore del nuovo assetto del sistema solare solo quattrocento di essi.

Perciò, considerando tutti gli iscritti all’associazione, solo il 4% si è dichiarato per l’abolizione di Plutone dal novero dei pianeti e pertanto la decisione non rispecchia l’opinione della maggioranza. Questa incongruenza è stata fatta notare da Franco Pacini il decano degli astronomi italiani che per dieci anni è stato presidente di quell’organismo.

La scienza, come tutti sanno, non è democratica e quindi non si può decidere per votazione se una scoperta è migliore di un’altra. Quando verso la metà del 1500 si decise di spostare la Terra dal centro dell’Universo in zona periferica non si prese la decisione per votazione ma furono i fatti e le osservazioni a convincere la comunità scientifica che il modello copernicano era più aderente alla realtà di quello tolemaico.

Contro la cancellazione di Plutone dall’elenco dei pianeti si sono schierati quegli scienziati che giudicano improprio un intervento tanto radicale da abolire una tradizione ormai consolidata nella cultura popolare mentre a favore vi sono coloro che riconoscono nel pianeta situato ai limiti del sistema solare un corpo fondamentalmente diverso dagli altri. Alla fine la protesta è arrivata anche nelle piazze: un gruppo di studenti ed insegnanti dell’Università del Nuovo Messico (USA), nella quale è stato professore di astronomia lo scopritore di Plutone, ha organizzato una dimostrazione con tanto di cartelli per protestare contro la cancellazione del “loro pianeta”.

Frattanto sta viaggiando verso Plutone la sonda americana New Horizons che giungerà ai confini del sistema solare nel luglio del 2015. Il responsabile della missione, l’astronomo della NASA Alan Stern, invita ad aspettare le foto e i dati che la sonda trasmetterà a terra prima di prendere una decisione definitiva su Plutone e il suo satellite.

Prof. Antonio Vecchia

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