Pericolo cosmico

Il 23 marzo 1989 la Terra ha evitato per un soffio un grosso pericolo: un meteorite, con un diametro di circa un kilometro, è passato ad una distanza pari a poco più del doppio di quella che ci separa dal nostro satellite naturale. Una tale distanza può sembrare notevole e quindi priva di grosse preoccupazioni, ma se si tiene conto del fatto che l’impatto sarebbe stato inevitabile qualora il corpo venuto da lontano fosse stato in anticipo di sole sei ore sull’orbita della Terra, allora si comprende meglio quanto grande in concreto sia stato il rischio di conseguenze disastrose per il nostro pianeta.

In verità lo spazio intorno alla Terra è affollato di masse erranti le cui orbite potrebbero intersecare quella terrestre. Non tutti questi corpi sono potenzialmente pericolosi, però ve ne sono alcuni che se cadessero in zone abitate cancellerebbero in un sol colpo grosse città o intere regioni facendo migliaia e forse milioni di morti. Tuttavia, la probabilità di un evento del genere è piuttosto rara perché, a parte gli oceani che ricoprono il 70% del pianeta, molte sono anche le zone quasi completamente disabitate come le foreste, i deserti e le distese ghiacciate dei poli in cui, se cadesse un meteorite di non grandi dimensioni, non farebbe comunque danni molto gravi.

Se però precipitasse sul nostro pianeta un corpo celeste simile a quello che ha colpito Giove nel luglio del 1994 il nostro destino potrebbe essere analogo a quello dei dinosauri, i quali si estinsero 65 milioni di anni fa probabilmente proprio in seguito alla collisione di un meteorite di grosse dimensioni con la nostra Terra.

 

COMETE E ASTEROIDI

Ogni anno la Terra è bombardata da almeno 100-150 mila tonnellate di detriti naturali provenienti dallo spazio. Per la maggior parte si tratta di granuli di dimensioni ridotte che bruciano per attrito attraversando l’atmosfera e quindi arrivano a terra sotto forma di pulviscolo. In qualche caso però si tratta di corpi abbastanza grandi da non venire completamente ridotti in polvere nel passaggio attraverso lo strato d’aria che avvolge il pianeta prima che essi raggiungano la sua superficie con un violento impatto. Queste sono le meteoriti vere e proprie, alcune delle quali (una decina all’anno) vengono ritrovate e studiate.

Due sono i tipi di oggetti celesti potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta perché da essi derivano i frammenti che lo potrebbero colpire. Questi sono gli asteroidi, termine di origine greca che significa “simili a stelle” in quanto si tratta di corpi talmente piccoli (astronomicamente parlando) che al telescopio si presentano come punti luminosi in tutto e per tutto confrontabili con le immagini stellari e le comete, ossia le notissime “stelle con la chioma”. I primi si trovano in una zona soggetta alla forza gravitazionale di Giove e possono essere deviati su orbite vicine alla Terra, mentre le seconde viaggiano ai bordi del Sistema Solare e ogni tanto si avvicinano al Sole e ai cosiddetti pianeti interni (cioè Mercurio, Venere, Terra e Marte). Entrambi i corpi hanno quindi la possibilità di causare impatti più o meno catastrofici con la Terra.

Nel 1766 l’astronomo tedesco Johann Tietz (latinizzato in Titius) notò un salto nella spaziatura regolare dei pianeti e ipotizzò l’esistenza di un altro fra Marte e Giove. Egli iniziò la ricerca di questo supposto pianeta, ma l’indagine si concluse senza successo. Chi invece riuscì ad individuare l’oggetto planetario fu il sacerdote e astronomo siciliano Giuseppe Piazzi (1746-1826) il quale, nel Capodanno del 1801 (il primo giorno del XIX secolo), individuò il corpo celeste che fu chiamato Cerere in onore dell’antica patrona della Sicilia. Il corpo identificato tuttavia risultava troppo piccolo per essere un pianeta e negli anni successivi infatti vennero osservati, nella stessa regione di spazio, molti altri oggetti di piccole dimensioni che complessivamente furono chiamati, come già ricordato, asteroidi (o pianetini).

Quasi tutte le meteoriti provengono da quella particolare zona del cielo denominata “cintura degli asteroidi”, dove fino ad oggi sono state riconosciute alcune migliaia di corpi rocciosi che sembrano rappresentare i residui di un pianeta esploso o, meglio ancora, mai formatosi a causa della gravità esercitata da Giove, che con la sua presenza avrebbe impedito l’aggregazione dei singoli frammenti. Gli oggetti individuati in quella regione sono piccoli, freddi, senza acqua, senza aria e privi di ogni altro fattore fisico in grado di modificarli, pertanto conservano la struttura primitiva che risale all’inizio della formazione del Sistema Solare. Gran parte di essi hanno forma irregolare e, sottoposti continuamente ad urti reciproci, generano frammenti che assumono il nome di meteoroidi, oggetti cioè destinati a diventare meteoriti quando, richiamati dalla forza di gravità della Terra, cadranno su di essa.

In passato sono precipitati molti corpi extraterrestri sul nostro come sugli altri pianeti (Luna compresa) lasciando su alcuni di essi le impronte dell’impatto che tuttavia sulla nostra Terra l’atmosfera, l’acqua e la stessa vita hanno in gran parte cancellato. Anche se la superficie della Terra assomiglia ben poco a quella della Luna, “butterata” dai segni di antiche collisioni, e a quella degli altri pianeti interni, tuttavia sono stati individuati pure sul nostro molti crateri di origine meteorica fra i quali il più famoso è il Meteor Crater in Arizona (USA): un’impronta relativamente recente, ma ve ne sono alcune, soprattutto in Africa e Australia, vecchie anche di un paio di miliardi di anni.

Anche se recentemente nessun corpo di grandi dimensioni ha raggiunto la Terra sappiamo che asteroidi e comete viaggiano su orbite che li portano vicino al nostro pianeta. La maggior parte di questi pericolosi visitatori collassano sul Sole o vengono attratti da Giove, il pianeta più massiccio del Sistema Solare, risparmiando dall’impatto i pianeti più piccoli compreso il nostro. Tuttavia, per ognuno di questi corpi di grosse dimensioni che precipita sugli obiettivi più massicci del Sistema Solare, ne esiste un altro che aspetta nello spazio profondo e rappresenta una potenziale minaccia per la Terra.

Non tutti gli asteroidi sono localizzati fra le orbite di Marte e Giove, alcuni si allontanano da quel luogo passando anche a breve distanza dalla Terra fino a sfiorarla. Proprio nel momento in cui scrivo, e siamo nel febbraio del 2011, giunge notizia di un corpo celeste che si è avvicinato pericolosamente alla Terra. Anche questa volta ci è andata bene ma è pur lecito porsi la domanda se un grosso meteorite colpirà mai il nostro pianeta. La possibilità di un evento del genere è reale anche se dovranno passare molti anni, forse milioni prima di assistere ad un fatto simile a quello che ha determinato la scomparsa dei dinosauri. Una catastrofe del genere, che potrebbe segnare la fine della civiltà e probabilmente della specie umana, sicuramente si ripeterà in futuro e quindi esiste una buona ragione per cercare di ottenere il maggior numero possibile di informazioni sugli asteroidi e sulle comete. Se riuscissimo a stabilire che esiste la possibilità che un corpo di grosse dimensioni stia minacciando la Terra cosa potremmo fare per evitare l’impatto?

 

MANOVRE DIFENSIVE

Solo di recente abbiamo cominciato ad osservare il cielo alla ricerca di grossi corpi celesti che potrebbero rappresentare un pericolo per il nostro pianeta e a calcolarne le orbite. Nello stesso tempo gli esperti stanno discutendo sui modi con cui si potrebbe far fronte ad una eventuale collisione. Saremo veramente un giorno in grado di prevederla? Con quanto anticipo? Disporremo di un tempo sufficiente per evacuare la regione prevista per l’impatto? Saremo in possesso dei mezzi per deviare il grosso meteorite o per farlo esplodere in volo? Il primo passo da fare per evitare una catastrofe è evidentemente quello di individuare gli oggetti che minacciano la Terra e solo in un secondo momento quello di trovare i sistemi più adatti per eluderli.

Come abbiamo detto, i piccoli corpi celesti che affollano i cieli attorno al nostro pianeta sono alcune migliaia e astronomi e astrofili sono impegnati nell’identificare e studiare gli oggetti di dimensioni comprese fra il metro e le poche decine di metri che si muovono su orbite che intersecano quelle dei pianeti interni al fine di prevedere anticipatamente potenziali collisioni. Negli ultimi anni, dopo avere stabilito che fu probabilmente l’impatto di un corpo extraterrestre a porre fine al dominio dei dinosauri, la ricerca di asteroidi e comete è stata notevolmente intensificata.

Anche se gli osservatori di tutto il mondo possiedono telescopi molto potenti, pochi sono gli astronomi professionisti che si dedicano a questo tipo di ricerca a cui contribuiscono invece in misura notevole gli astrofili, in particolare giapponesi e italiani. Una volta che questi oggetti siano stati identificati i dati che li riguardano vengono trasmessi ad un centro internazionale di astrofisica che si incarica di effettuare misure più dettagliate, calcolarne con precisione le orbite e determinare quali potrebbero essere gli eventuali percorsi futuri.

Dopo l’identificazione ottica di un piccolo corpo celeste si passa, facendo uso del radar, alla determinazione delle proprietà fisiche, delle dimensioni e soprattutto dell’orbita del meteoroide che è stato segnalato in vicinanza del nostro pianeta. I calcoli della traiettoria di un corpo celeste basati esclusivamente su misure ottiche possono comportare errori anche di notevoli proporzioni, mentre gli stessi dati ottenuti attraverso il radar hanno un margine di errore decisamente minore. Operare misure precise relativamente alle orbite di questi corpi minacciosi è di estrema importanza per mettere in atto un tentativo di difesa che non consiste solo nella eventualità di deviarne la traiettoria ma servirebbe anche per evitare un panico ingiustificato fra la gente per un evento che si verifica molto raramente.

Il problema relativo all’origine e all’evoluzione degli asteroidi che potrebbero scontrarsi con il nostro pianeta, detti Near Earth Asteroids, cioè Asteroidi Vicini alla Terra (in sigla NEA), è uno dei più stimolanti, soprattutto per coloro che da dilettanti compiono osservazioni del cielo. Molte cose sono state comprese negli ultimi anni ma molti sono i punti che rimangono ancora da chiarire. Ad esempio, si sa che il meccanismo fondamentale per trasformare un asteroide normale in un oggetto a rischio di impatto con un pianeta è quello delle “risonanze”. Si tratta di luoghi particolari in cui gli oggetti che hanno la ventura di capitarvi dentro subiscono variazioni considerevoli e imprevedibili dei loro percorsi, determinate soprattutto dalle perturbazioni dovute al pianeta Giove.

Negli ultimi tempi i planetòlogi (gli studiosi dei pianeti del Sistema Solare) hanno compreso il meccanismo che trasferisce gli asteroidi dalla zona compresa fra Marte e Giove fino ai settori più interni del Sistema Solare dove le collusioni con la Terra diventano una possibilità per nulla trascurabile. Una volta finito all’interno della risonanza l’asteroide subisce un drastico aumento dell’eccentricità orbitale, tale da permettergli di attraversare nel suo moto attorno al Sole le traiettorie dei pianeti interni, in particolare Marte e Terra.

Ma le risonanze, nel giro di pochi milioni di anni, si spopolano e quindi per mantenere costante il numero dei corpi celesti destinati a diventare nuovi NEA occorre un continuo rifornimento che è garantito dalle collisioni fra asteroidi con cui vengono prodotti migliaia di frammenti spinti a viaggiare a grande velocità. Molti di questi corpi possono penetrare all’interno delle risonanze ed iniziare la loro veloce trasformazione in oggetti pericolosi.

Una volta stabilite dimensioni e velocità dell’oggetto celeste che si sta avvicinando pericolosamente alla Terra cosa potremmo fare? Se ad esempio si calcolasse che il tempo a disposizione fosse di soli pochi mesi si dovrebbe innanzitutto evacuare la zona prevista per l’impatto. Se quindi la collisione fosse prevista all’interno di una piccola regione come è il Friuli-Venezia Giulia, l’esodo forzato di gran parte della popolazione verso il Veneto o verso gli Stati confinanti, Austria e Slovenia, potrebbe avere notevoli conseguenze politiche.

Qualora però il tempo intercorrente fra la scoperta della minaccia e la data della collisione fosse almeno di una decina di anni, un sistema di difesa potrebbe essere quello di deviare l’oggetto dalla sua orbita se si trattasse di un corpo di medie dimensioni. In tal caso per raggiungere lo scopo sarebbe sufficiente un piccolo impulso generato da armi chimiche convenzionali.

Per oggetti più grandi o troppo prossimi all’impatto si renderebbero necessari altri metodi come ad esempio la frammentazione. Infatti, per deviare un asteroide con un diametro maggiore di cento metri si renderebbe necessario l’uso di esplosivi nucleari, con tutti i rischi che da un tale intervento deriverebbero. L’esplosione nucleare su un oggetto celeste in arrivo potrebbe provocare una caduta di massi sulla Terra di cui nessuno conoscerebbe in anticipo la traiettoria, mentre una deviazione indotta da un missile convenzionale potrebbe sfuggire facilmente al nostro controllo.

L’unico sistema finora studiato per deviare un meteorite diretto verso la Terra è l’uso di un raggio laser, ma anche su questo tipo di intervento non tutti gli esperti nutrono completa fiducia.

 

RAGGI COSMICI

Non solo oggetti materiali, ma anche radiazioni di vario genere prodotte da fenomeni violenti colpiscono il nostro pianeta. Ad alcune di queste radiazioni che in un primo tempo si pensava provenissero dal suolo, fu dato il nome di “raggi cosmici”, dopo che accurate misure dimostrarono che si trattava di particelle molto energetiche e cariche positivamente le quali si generavano nel Cosmo e quindi provenivano dall’alto e non dal basso.

Il Sole, e presumibilmente ogni altra stella, crea particelle cariche di energia che poi lancia nello spazio. Per la maggior parte si tratta di nuclei atomici e poiché il Sole (e le altre stelle) è fatto per lo più di atomi d’idrogeno i cui nuclei sono protoni, i raggi cosmici sono soprattutto protoni, ma in minima parte anche nuclei di altro tipo.

I protoni e i nuclei di atomi più complessi che escono dal Sole formano quello che viene chiamato “vento solare”. Quando il Sole subisce un processo particolarmente violento (come ad esempio i “brillamenti”, che sono delle piccole esplosioni) esso genera particelle energetiche che vengono scagliate lontano. Anche le altre stelle, come il Sole, emettono raggi cosmici attraverso quelli che in questo caso si chiamano “venti stellari”. Naturalmente più sono grandi le stelle più energetiche sono le particelle che formano i raggi cosmici.

Le particelle dei raggi cosmici, essendo cariche elettricamente, passando attraverso un campo magnetico di cui ogni stella e la stessa galassia è sede, vengono deviate e deflesse prima di riuscire a bombardare la Terra da tutte le direzioni. A causa dei campi magnetici che attraversano, i raggi cosmici guadagnano ancor più energia per cui la Terra è colpita da particelle altamente energetiche che provengono da tutte le direzioni.

Attraversando l’atmosfera queste particelle disgregano atomi e molecole che incontrano causando la formazione di “radiazioni secondarie” che colpiscono a loro volta la superficie terrestre e che sono tanto potenti da penetrare qualsiasi corpo, compreso quello umano, all’interno del quale danneggiano le molecole organiche. Normalmente si tratta di danni di lieve entità a cui l’organismo pone facilmente rimedio. A volte però un raggio cosmico colpisce un gene e ne altera la struttura provocando una “mutazione” capace di determinare l’insorgenza di danni di tale gravità da generare la formazione di tumori o di altre malattie invalidanti.

L’atmosfera terrestre è solitamente in grado di assorbire e di indebolire buona parte delle radiazioni cosmiche rendendole quasi innocue: la vita d’altronde è continuata su questa Terra per miliardi di anni senza correre gravi pericoli, nonostante il bombardamento incessante delle radiazioni cosmiche e di molte altre aggressioni violente come terremoti, alluvioni ed uragani che tuttavia non sono riusciti a spazzarla via dalla superficie del pianeta.

A mano a mano che si sale l’aria si rarefa e la quantità di radiazioni cosmiche aumenta. Gli abitanti di Cortina D’Ampezzo, ad esempio, sono esposti ad una maggiore percentuale di raggi cosmici rispetto a quelli di Venezia, che vivono al livello del mare, pur essendo anch’essi adeguatamente protetti dalla coltre atmosferica. Chi viaggia in aereo ad altitudini elevate ne riceve una quantità ancora maggiore, ma solo per poche ore. Secondo alcuni studiosi le radiazioni cosmiche, anche se generalmente inducono mutazioni dannose, in alcuni casi possono avere effetti benefici generando il processo evolutivo che avviene proprio in seguito a mutazioni rare e casuali: senza i raggi cosmici forse la vita si sarebbe fermata alle forme più semplici e oggi su questa Terra non ci sarebbero che funghi unicellulari e batteri.

Quando gli equipaggi umani vorranno tentare di raggiungere Marte dovranno sapere che non si tratterà di una passeggiata in campagna. La nostra Terra gode di una protezione naturale rappresentata dallo scudo di ozono che trattiene i raggi ultravioletti, dalla stessa atmosfera che brucia in gran parte le meteoriti impedendo loro di fare gravi danni, e da un campo magnetico che la ripara dagli effetti delle particelle energetiche di cui abbiamo parlato, provenienti dal Sole e dalle altre stelle.

Alcuni astronauti russi sono rimasti in orbita per più di un anno andando però incontro a gravi alterazioni fisiologiche. I muscoli e le ossa in seguito a lunghe permanenze nello spazio perdono molti sali minerali: il che, per quanto sostenuti da corretta alimentazione, li rende tuttavia deboli e fragili. Al ritorno da queste lunghe missioni gli astronauti russi non si reggevano più in piedi ed erano costretti a camminare carpioni come fanno i bambini in tenera età.

 

LA FINE DEL NOSTRO PIANETA

La storia della Terra è stata condizionata dalle collisioni cosmiche le quali hanno plasmato il nostro pianeta determinandone la struttura e l’evoluzione della vita. Abbiamo detto che non è possibile escludere che il futuro possa riservarci un impatto catastrofico simile a quello che causò la fine dei dinosauri, tuttavia sappiamo anche che si tratterebbe di un’ eventualità che si verifica molto raramente tanto è vero che l’uomo non ha mai visto un meteorite creare grandi crateri e non si è mai verificata la morte di un uomo per la caduta di un corpo extraterrestre.

Molti sono invece i problemi gravi e impellenti che la nostra società è chiamata ad affrontare e tentare di risolvere. Essa, ad esempio, è sollecitata a porre rimedio alla questione della sovrappopolazione, del riscaldamento globale, del buco nell’ozono, della deforestazione, della malnutrizione, delle malattie invalidanti e incurabili (come l’Alzheimer, la sclerosi multipla e i tumori), dell’inquinamento, della proliferazione nucleare e per ultimo, ma non meno importante, dei conflitti etnici e razziali.

Gli scienziati sono del parere che le risorse economiche di cui dispone il nostro pianeta dovrebbero essere utilizzate proporzionalmente ai rischi che corre la popolazione. Se è più probabile che un individuo muoia di cancro che per un impatto meteorico è più giusto che si spenda denaro per la ricerca medica e meno per lo sviluppo di strategie di difesa da un corpo extraterrestre.

Sarebbe certamente prudente che gli astronomi continuassero comunque ad esplorare i cieli alla ricerca di corpi pericolosi per il nostro pianeta che, anche qualora con la loro ricerca non ci mettessero al riparo da un’eventuale catastrofe, ci consentirebbero tuttavia di approfondire la conoscenza del Sistema Solare fornendoci informazioni utili in caso di una reale minaccia proveniente dagli spazi cosmici.

Benché i vari disastri che hanno coinvolto la Terra , dai terremoti alle alluvioni, non siano mai stati tali da spazzare via definitivamente la vita dal pianeta, si sono però verificate in passato delle catastrofi in cui la vita ha sofferto danni devastanti. Ad esempio, alla fine del Permiano, circa 250 milioni di anni fa, molte specie di animali e piante scomparvero per sempre. Successivamente questa “morte su vasta scala” si è ripetuta nei tempi geologici altre cinque o sei volte fino all’ultima, alla fine del Cretaceo, quando, assieme ai dinosauri, scomparvero i grandi rettili marini (ittiosauri e plesiosauri) e volanti (pterosauri). Fra gli invertebrati morirono, in quella occasione, le ammoniti, che erano state un gruppo di molluschi marini grande e fiorente. In effetti, circa 65 milioni di anni fa, il 75 per cento delle specie animali si estinsero entro un periodo di tempo relativamente breve.

Sembra probabile che queste estinzioni di massa, che si ripeterono varie volte in passato, siano il risultato di alcuni cambiamenti profondi e relativamente improvvisi nell’ambiente. Per questo motivo i geologi e i paleontologi hanno pensato alla caduta di grossi meteoriti che avrebbero sconvolto l’ambiente, ma non fino al punto di eliminare qualsiasi forma di vita. In realtà si sono sempre salvate alcune specie che hanno ripopolato con forme, in gran parte nuove, il pianeta.

Abbiamo detto che molti politici ritengono che non sia ragionevole che i Governi forniscano denaro per studiare gli imprevedibili pericoli connessi con la caduta di grossi meteoriti, mentre esistono e sorgono in continuazione gravi problemi che richiedono interventi immediati. Dobbiamo inoltre valutare attentamente il fatto che eventuali sistemi di difesa contro i meteoriti richiederebbero probabilmente l’uso di testate nucleari molto potenti proprio nel momento in cui le società più avanzate chiedono a gran voce che venga messa al bando quel tipo di armi.

Per concludere è bene rilevare che la maggior parte degli analisti è concorde sul fatto che la popolazione debba necessariamente convivere con alcuni rischi. Affrontiamo quotidianamente dei pericoli quando guidiamo l’auto, passeggiamo per la strada e persino quando ci sediamo a tavola per il pranzo. Molti Giapponesi vivono sotto la costante minaccia di un terremoto dalle proporzioni devastanti ma pochi pensano di lasciare il loro Paese per sottrarsi ai rischi. Ci sembra inoltre concreta l’idea che il solo modo per far fronte ai gravi problemi che assillano l’umanità sia quello di mettere insieme le forze migliori del pianeta. Dobbiamo aspettare l’arrivo di un grosso meteorite per vedere finalmente collaborare tutti i governi del mondo nel tentativo di salvare la nostra specie?

Prof. Antonio Vecchia

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