I premi Nobel

NOBEL, UN UOMO SOLO

“Gli interessi acquisiti ogni anno saranno distribuiti sotto forma di premi per ricompensare coloro che, nell’anno precedente, avranno apportato all’umanità il maggiore beneficio”. Con queste parole Alfred Nobel trasmetteva ai suoi concittadini il difficile compito di assegnare ogni anno i premi che portano il suo nome. Nel testamento, redatto un anno prima della morte avvenuta a Sanremo il 10 dicembre 1896, era specificato che dovevano venir premiate le persone che avevano fatto la scoperta più importante nel campo della fisica, della chimica, della medicina o fisiologia, della letteratura, con opere di tendenza idealistica, e quelle che “più di altre si erano prodigate o avevano realizzato il miglior lavoro ai fini della fraternità fra le nazioni”. Si precisava inoltre che le assegnazioni non dovevano tenere conto della nazionalità del candidato.

Industriale, inventore e scrittore dilettante, Alfred Bernhard Nobel deve la sua fortuna alla fabbricazione della dinamite, potente strumento di distruzione, ma utilizzata anche per scopi civili come la costruzione di strade in montagna, l’apertura di gallerie e il lavoro in miniera. Era nato a Stoccolma, in Svezia, nel 1833, proprio nell’anno in cui il padre Immanuel dichiarava il fallimento della sua industria di esplosivi. All’età di nove anni, insieme con il resto della famiglia, raggiunse il padre che frattanto era emigrato, prima in Finlandia, e poi in Russia, a San Pietroburgo, dove era riuscito a mettere in piedi una fabbrica di mine che sarebbero state usate nella guerra di Crimea. Qui Alfred, studiando privatamente, ricevette una discreta educazione imperniata sulla chimica e sulle lingue. Dopo una serie di viaggi condotti fra il 1850 e il 1853 in Germania, Francia, Italia e Stati Uniti, dove approfondì gli studi, tornato a San Pietroburgo, cominciò a lavorare nella officina meccanica del padre, che frattanto era rientrato a Stoccolma e, successivamente, nella fabbrica di fucili di suo fratello maggiore Ludwig.

Nel laboratorio di quella fabbrica il giovane Alfred, intorno agli anni ‘60, iniziò la sua attività di chimico volta a perfezionare la tecnica dell’esplosione con l’impiego di polveri sempre più potenti e un nuovo tipo di innesco per la nitroglicerina. La nitroglicerina, ottimo esplosivo di consistenza oleosa che fu scoperto nel 1846 da un giovane chimico italiano, Ascanio Sobrero, ha però un difetto che ne rende l’uso molto pericoloso: esplode al minimo urto e, a volte, senza una precisa causa; malgrado ciò presenta anche un’altra caratteristica di cui si accorse lo stesso Sobrero, che era anche medico, osservando gli arrossamenti delle mani e del collo degli operai che lavoravano alla sua preparazione: è un vasodilatatore e come tale ancora oggi, seppure con opportune modifiche nella composizione, viene usata per curare l’angina pectoris.

Nel 1862 lo studioso conseguiva il primo di una lunga serie di brevetti per l’invenzione del cosiddetto detonatore Nobel. Nel 1864, dopo che un’esplosione distrusse una delle sue fabbriche, nella quale trovò la morte il fratello più giovane, cominciò ad interessarsi della possibilità di rendere la nitroglicerina meno pericolosa. Trovò la soluzione utilizzando una particolare roccia friabile che prende il nome di “farina fossile” o “tripoli” ed è formata dai microscopici gusci silicei di alghe unicellulari (diatomee).

I gusci delle diatomee, fittamente bucherellati, rendono quel materiale in grado di assorbire una quantità di liquido tre volte superiore al loro peso. Mescolando quindi farina fossile e nitroglicerina il ricercatore svedese ottenne un esplosivo che poteva essere modellato a volontà e maneggiato praticamente senza alcun pericolo. Se il prodotto veniva innescato da un detonatore apposito si otteneva un’esplosione dagli effetti dirompenti. La “nitroglicerina sicura” venne brevettata nel 1867 con il nome di “dinamite” (dal greco dynamis che significa forza, potenza). Il nuovo esplosivo, subito richiesto in enormi quantità, ebbe una rapida diffusione in tutta Europa. Oggi la farina fossile è generalmente sostituita da altre sostanze che, almeno in parte, partecipano all’esplosione.

Nobel guadagnò una considerevole fortuna con il brevetto della dinamite e con altre sue invenzioni anche estranee al campo degli esplosivi, ma non aveva figli a cui lasciare tutta quella ricchezza. Decise allora che la maggior parte dei suoi averi venisse utilizzata come base per la costituzione della Fondazione Nobel, un’istituzione che avrebbe distribuito ogni anno cinque premi che, dal 1969, divennero sei, per l’aggiunta di Scienze economiche, fra coloro che, con opere o scoperte, avessero apportato grande utilità al genere umano.

Spesso ci si è chiesti quali fossero le motivazioni che indussero Nobel a destinare quella enorme fortuna per istituire il premio che porta il suo nome. Nel testamento non si fa menzione della decisione, ma al gesto può avere contribuito la morte del fratello Ludwig avvenuta durante un soggiorno a Cannes. Il giorno dopo il decesso, un giornale francese, confondendo i due fratelli, titolò: “Muore il mercante della morte” e non è escluso che in quel momento Alfred Nobel, forse preso dal rimorso, non abbia cominciato a porsi qualche domanda sulla sua reputazione dopo morto. In realtà, dieci anni prima, si era avvicinato al movimento pacifista europeo dopo aver conosciuto a Parigi la scrittrice austriaca Bertha von Suttner che di quel movimento era la principale animatrice e che, per quell’impegno nel 1905 riceverà il premio Nobel per la pace. L’ambito premio è stato conferito alle donne molto di rado e solo 29 di esse lo hanno vinto, mentre gli uomini premiati sono stati 650. In ambito scientifico, dei 469 premi finora assegnati, solo 11 sono andati a donne di cui due alla polacca Maria Sklodowska, più conosciuta come Madame Curie.

Nobel, animo inquieto e malinconico, ebbe una personalità complessa. Diventò pacifista dopo aver inventato l’esplosivo più potente conosciuto a quel tempo; era ricchissimo, ma sosteneva il socialismo; era ateo, ma elargiva offerte generose alla chiesa. Non aveva conseguito alcun diploma formale in chimica eppure dirigeva personalmente una dozzina di laboratori di ricerca ben equipaggiati sparsi in molti Paesi, compreso il nostro. Proprio in una fabbrica ubicata nei pressi di Torino scoprì e brevettò la balistite, un esplosivo per il lancio dei proiettili costituto da una miscela di nitroglicerina e nitrocellulosa. Ampliò sempre più i suoi interessi e alla fine aveva creato un centinaio di imprese dislocate in tutto il mondo.

 

I PREMI

Quest’anno ricorre il centenario dell’assegnazione dei premi Nobel. La prima premiazione avvenne infatti il 10 dicembre del 1901 a Stoccolma e ogni anno si ripete sempre alla stessa data (anniversario della morte di Nobel) e nello stesso luogo, fatta eccezione per quello della pace che viene assegnato ad Oslo. Per esplicita volontà di Nobel, il premio della pace viene conferito da un comitato di cinque persone eletto dal parlamento norvegese. (La Svezia, come sappiamo, resterà unita alla Norvegia fino al 1905).

I premi per la letteratura e per la pace sono stati spesso oggetto di critiche e censure (valga d’esempio per tutti il Nobel per la pace assegnato nel ’94 a Yasir Arafat, Shimon Peres e Yitzhak Rabin), mentre i premi scientifici, in linea di massima, sono stati ben assegnati.

I Nobel per la fisica e la chimica vengono attribuiti da comitati scelti dall’Accademia Reale Svedese per le Scienze, mentre il premio per medicina o fisiologia viene conferito dal Caroline Institute di Stoccolma che è l’equivalente dell’Accademia in campo medico. I premi per la letteratura sono assegnati dall’Accademia Svedese e quelli per la pace, come abbiamo visto, da cinque commissari scelti dal parlamento norvegese. Dal 1969 l’Accademia Reale Svedese delle Scienze assegna anche il premio per l’economia in memoria di Nobel. Questo premio, per una somma uguale a quella degli altri, che per quest’anno ammontava ad oltre due miliardi di lire, è messo a disposizione dalla fondazione della Banca di Svezia.

Attualmente i nomi dei candidati sono segnalati da Istituti, Università o singoli professori sparsi in tutto il mondo i quali devono far pervenire le nomination al comitato di assegnazione del Nobel entro il 31 gennaio. Dopo questa data i membri preposti alla cernita dalle Università svedesi e da altre sei Università estere, coadiuvati dai vincitori dei precedenti premi, propongono dei possibili candidati che saranno poi scelti come vincitori da un comitato ristretto. Nonostante tutte le garanzie di collegialità messe in atto, tuttavia non sono mancati alcuni clamorosi errori e imbarazzanti omissioni anche in campo scientifico.

Il primo premio per la fisica venne consegnato al fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen, lo scopritore dei raggi X e per la medicina al medico tedesco Emil von Behring a cui si deve il siero antidifterico e antitetanico. Si trattò indubbiamente di premiazioni in pieno spirito da Nobel, ma che comunque si allontanavano dalle volontà del benefattore visto che la scoperta di Röntgen risaliva al 1895 e gli studi sui vaccini di Behring erano precedenti al 1890. In realtà, anche negli anni seguenti, molti premi furono assegnati a lavori che non vennero conseguiti l’anno prima come era scritto nel testamento. Al momento della costituzione della fondazione fu apportata infatti una importante modifica alla volontà di Nobel. Nel testamento si parlava di una scoperta “effettuata l’anno precedente”, ma il testo fu ammorbidito grazie a questa aggiunta ”o la cui importanza è stata riconosciuta di recente”. Si trattava di una variazione essenziale perché non solo permetteva di ritornare su lavori la cui importanza era sfuggita al momento della loro pubblicazione, ma dava anche garanzie perché il premio esprimesse un giudizio su lavori già accettati dalla comunità scientifica.

Non è facile stabilire in breve tempo quale scoperta sia davvero importante quindi era meglio non essere troppo precipitosi nel consegnare il premio. In alcuni casi però l’attesa fu lunghissima. L’ingegnere elettronico di nazionalità tedesca Ernest A. F. Ruska, ad esempio, ricevette il premio Nobel nel 1986 per una scoperta fatta cinquantacinque anni prima. Fortunatamente egli era ancora in vita, perché il premio, per regolamento, non poteva essere assegnato a persone defunte. Il medico americano Francis P. Rous fu ancora più paziente perché dovette aspettare fino al compimento dell’ottantasettesimo anno di età per vedersi assegnare, nel 1966, il Nobel per una scoperta fatta nel 1911.

Di contro vi sono casi di premi assegnati troppo frettolosamente. Nel 1903, ad esempio, il medico danese Niels R. Finsen ricevette il premio Nobel per aver scoperto come curare la dermatosi per mezzo della luce, una tecnica che si rivelerà del tutto inefficace. Nel 1926 un altro medico danese, Johannes A. G. Fibiger, conseguì il premio per la medicina per aver scoperto che un certo tipo di tumore poteva essere causato da un verme parassita. Pochi anni dopo risultò che il verme in questione non aveva alcuna attinenza con il male.

Vi sono anche clamorose omissioni. Una di queste riguardò l’astrofisico ucraino, naturalizzato americano, George Gamow (il quale è noto soprattutto per il modello di universo ironicamente detto del Big bang) che compì studi determinanti anche nel campo della fisica nucleare e della biologia suggerendo la struttura “a triplette” del DNA. Egli previde l’esistenza di una radiazione cosmica, la famosa radiazione di fondo a 3 K, scoperta casualmente, nel 1965, da Arno Penzias e Robert Wilson, due tecnici americani della società telefonica Bell. Essi ricevettero il Nobel senza conoscere la teoria che stava alla base della loro scoperta, mentre lo stesso Gamow non solo non ricevette alcun premio, ma non venne nemmeno menzionato in occasione della premiazione dei due tecnici americani.

Molti si sono anche chiesti il motivo per il quale nell’elenco dei premi non compaia la matematica: secondo alcuni, gli scienziati di questo settore sarebbero rimasti esclusi a causa di una presunta relazione di uno di loro, certo Mittag-Leffler, con la moglie di Nobel, ma la motivazione non regge perché Nobel non era sposato. Altri ritengono che la concessione mancata del Nobel sia da ascriversi al fatto che quando il suo inventore redasse il testamento Mittag-Leffer era così influente da poter esercitare una pressione decisiva sulla commissione per farsi attribuire il premio. Anche questa tesi però non regge. Molto più verosimilmente la matematica non rientrava negli interessi di Nobel il quale, esclusa la medicina, si era invece interessato di chimica, di fisica, di letteratura e di pace.

L’esclusione più clamorosa tuttavia riguardò Albert Einstein il quale non ricevette il premio Nobel per la scoperta più rivoluzionaria di inizio secolo: la teoria della relatività. In realtà oltre a criteri di natura tecnico-scientifica in alcuni casi pesarono, sull’assegnazione dei premi, valutazioni di opportunità politica. Questa preoccupazione risulta chiaramente nel caso di Einstein il quale, nonostante il consenso generale della comunità scientifica, era fortemente contestato in Germania dai circoli di destra: ebreo, pacifista, sostenitore di una nuova Repubblica, formulò una teoria, la relatività, che fu considerata come un tentativo di sovvertire il tradizionale modo di pensare. Il Comitato per l’assegnazione dei premi si dimostrò molto sensibile al fatto che la scelta del candidato non suscitasse polemiche fra i suoi compatrioti. La teoria relativistica, inoltre, contrapponendosi al concetto di assoluto, non era ben vista in ambiente clericale.

Einstein ricevette il premio Nobel nel 1922 (assegnato per l’anno precedente) ma non per la teoria della relatività, bensì per la spiegazione che dette nel 1905 dell’effetto fotoelettrico, tramite la teoria dei quanti. L’effetto fotoelettrico consiste nella emissione di elettroni da parte di alcuni metalli colpiti dalla luce e quella di Einstein fu una intuizione scientifica molto importante perché consolidò una teoria che all’inizio era stata accolta con un certo scetticismo.

Con il Nobel sono stati premiati personaggi di tutte le maggiori nazioni del mondo, ma alcune hanno acquisito più premi di altre. Alla Germania, ad esempio, prima degli anni ’30, fu attribuita la maggior parte dei premi scientifici. In realtà, nei primi cinquant’anni, furono quasi sempre scienziati europei ad aggiudicarsi il Nobel toccando la punta massima nel decennio 1921-30. Nei primi dieci anni gli americani riuscirono ad ottenerne solo uno: nel 1907, per la fisica, fu premiato Albert Abraham Michelson per le sue ricerche sui fenomeni ottici. Dopo il 1930 i premi Nobel europei cominciarono a diminuire mentre aumentavano quelli americani che nel decennio 41-50 superarono quelli europei. L’ascesa dei premi americani continuò fino alla fine degli anni Ottanta poi iniziò una flessione che coincise con la ripresa della scienza europea divenuta di nuovo competitiva. Significativamente, nel 1991, gli americani non hanno preso alcun premio.

 

I NOBEL ITALIANI

Come se l’è cavata il nostro Paese rispetto al prestigioso premio?

Gli italiani compaiono per la prima volta nell’albo d’oro dei Nobel nel 1906 con due nomi: Giosuè Carducci (letteratura) e Camillo Golgi (medicina). Il nome di Golgi non è molto noto al grande pubblico. Egli fu un medico che studiò le cellule nervose, battezzate neuroni dallo scienziato tedesco Heinrich von Waldeyer, utilizzando un sistema originale di colorazione con cui venivano messi in evidenza i loro prolungamenti, che, attraverso le cosiddette sinapsi, si collegano a quelli delle altre cellule dello stesso tipo. Le osservazioni di Golgi furono sviluppate dallo spagnolo Santiago Ramon y Cajal che con lui divise il premio.

Oltre a Golgi, l’Italia vincerà altre quattro volte il Nobel per la medicina con Daniel Bovet nel 1957, Salvador Luria nel 1969, Renato Dulbecco nel 1975 e Rita Levi Montalcini nel 1986. Daniel Bovet era un farmacologo svizzero naturalizzato italiano che, lavorando su un prodotto (il Prontosil) presso l’Istituto Pasteur di Parigi, insieme con la futura moglie Filomena Nitti (figlia dello statista Francesco Saverio), scoprì che il principio attivo del composto era il cosiddetto gruppo sulfamidico, una struttura molecolare formata da zolfo, ossigeno, idrogeno e azoto. Il Prontosil fu il primo farmaco in grado di combattere i batteri e la scoperta del gruppo sulfamidico che caratterizzava quel composto permise di sviluppare tutta una serie di farmaci della stessa famiglia in grado di allargare lo spettro di attività della sostanza. Bovet scoprì anche il curaro sintetico, un prodotto che si rivelerà utile per l’anestesia e per gli studi successivi sui farmaci antistaminici.

Nei documenti ufficiali Salvador Edward Luria passa per cittadino americano. Egli invece nacque a Torino il 13 agosto 1912 dove si laureò in medicina. Si trasferì successivamente a Roma dove studiò fisica e radiologia. Nel 1938, come molti, dovette lasciare l’Italia per motivi razziali. Si recò prima a Parigi città in cui rimase fino al 1940 e si trasferì successivamente negli Stati Uniti dove si stabilì definitivamente. Durante l’ultima guerra mondiale insieme con il biologo tedesco Max Delbruck studiando i virus capaci di distruggere le cellule batteriche detti batteriofagi o semplicemente fagi (dal greco phagos = che divora), dimostrò sperimentalmente che la resistenza di alcuni batteri agli antibiotici non è indotta dall’antibiotico, ma è presente in essi come mutazione nascosta. Questi esperimenti costituirono il punto di partenza per la moderna biologia molecolare. Luria ricevette il premio Nobel con Delbruck e Alfred D. Hershey il quale, insieme con Martha Chase (che non ebbe alcun riconoscimento), aveva dimostrato che a penetrare nei batteri infettandoli non era tutto intero il virus, ma solo il suo DNA.

In tempi recenti il premio è andato a Renato Dulbecco (nel 1975) per le sue ricerche sulle cellule tumorali e a Rita Levi Montalcini (nel 1986) per una scoperta, il “fattore di crescita nervosa”, avvenuta trentacinque anni prima.

Il primo italiano ad essere insignito del Nobel per la fisica fu Guglielmo Marconi il quale aveva offerto gratuitamente la sua invenzione al Ministro delle Poste e Telegrafi che però la rifiutò. Tramite la madre irlandese si rivolse allora al ministro delle Poste inglese che accettò con entusiasmo l’offerta e così Marconi si trasferì in Inghilterra. Il 12 dicembre 1901 avvenne la prima trasmissione radio transatlantica dalla Cornovaglia al Canada, un evento che cambierà il mondo. Nel 1909, a soli 35 anni, Marconi ricevette il Nobel per la fisica che divise con il tedesco Karl Ferdinand Braun al quale si devono alcune innovazioni nei circuiti di sintonia.

Nel 1938 vinse il premio Nobel per la fisica, senza condividerlo con alcuno (fatto piuttosto raro), Enrico Fermi. Il premio gli fu assegnato per la scoperta del potere selettivo dei neutroni lenti, quelli che consentono di dividere gli atomi di uranio ed estrarre da essi energia. Nel discorso ufficiale (unico dovere del premiato è quello di tenere una conferenza) Fermi fece riferimento a due elementi transuranici che chiamò “Ausonio” ed “Esperio”, ma che in realtà non erano emersi dai suoi esperimenti.

Emilio Segré, insieme all’americano Owen Chamberlain, ricevette il Nobel per la fisica nel 1959 per la scoperta dell’antiprotone. Diciotto anni dopo quel premio gli venne contestato da un suo connazionale, Oreste Piccioni, il quale sosteneva di essere stato lui il vero ideatore dell’esperimento che portò a quella scoperta. La vicenda finì in tribunale dove i giudici dettero torto a Piccioni, ma solo perché aveva lasciato passare troppo tempo prima di denunciare il fatto. In realtà Piccioni aveva accettato di stare zitto in quanto gli erano stati promessi dei favori che poi non arrivarono. I fisici addetti ai lavori sapevano che Piccioni aveva ragione e glielo dimostrarono con testimonianze puntuali.

L’ultimo italiano a ricevere il premio Nobel per la fisica fu il goriziano Carlo Rubbia il quale, insieme con l’ingegnere olandese Simon Van der Meer, nell’estate del 1983, scoprì le particelle W+, W¯ e Z0 che fungono da intermediarie della forza debole. L’individuazione di queste particelle che vengono anche chiamate “bosoni vettoriali intermedi deboli” rappresentava la conferma della teoria di Steven Weinberg, Abdus Salam e Sheldon Glashow, anch’essi premi Nobel, sulla unificazione dell’interazione debole con quella elettromagnetica.

A fronte di cinque premi Nobel per la medicina/fisiologia e di quattro per la fisica l’Italia ne ha vinto uno solo per la chimica. Il premio fu assegnato nel 1963 a Giulio Natta il quale, utilizzando i catalizzatori scoperti dal chimico tedesco Karl Ziegler, che divise con lui il premio, riuscì a polimerizzare il propilene in una forma molecolare che presentava caratteristiche meccaniche eccezionali. Il composto plastico venne prodotto su scala industriale dal più importante gruppo chimico italiano di quei tempi, la Montecatini, che lo commercializzò con il nome di Moplen (sintesi di Montecatini-polipropilene).

Nella letteratura, oltre a Giosuè Carducci che fu il primo vincitore, l’Italia conquistò il premio Nobel con Grazia Deledda (1926), Luigi Pirandello (1934), Salvatore Quasimodo (1959), Eugenio Montale (1975) e Dario Fo (1997). Per l’economia l’Italia fu premiata un’unica volta, nel 1985, con Franco Modigliani.

Il nostro Paese vinse anche un premio per la pace nel 1907 con Ernesto Teodoro Moneta volontario garibaldino e fondatore dell’Unione lombarda per la pace, una associazione che ben presto lo stesso Moneta tradì approvando l’impresa di Libia e dichiarandosi interventista nella prima guerra mondiale. Altro esempio di un premio assegnato troppo affrettatamente e di cui il nostro Paese non porta vanto!

Per cento anni il premio Nobel è stato assegnato con le modalità imposte dal suo fondatore, con le stesse divisioni per discipline, con il divieto di premiare più di tre persone per la stessa disciplina e con il medesimo scopo finalizzato alla grande utilità del genere umano. I tempi però sono cambiati perché oggi le antiche barriere fra chimica e fisica e fra chimica e medicina non esistono più, giacché le ricerche vengono fatte da team molto numerosi e in maniera interdisciplinare. Anche sul concetto di grande utilità per l’umanità ci sarebbe tanto da dire. Con le nuove scoperte nel campo dell’informatica che minacciano la privacy dei cittadini, con quelle in campo biologico che portano alla manipolazione del patrimonio genetico e alla formazione di cibi transgenici e con la globalizzazione dell’economia non è più così evidente quali dovrebbero essere, in alcuni ambiti del sapere, i benefici per l’umanità.

Prof. Antonio Vecchia

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