Il futuro

Si è appena concluso il secondo millennio, cosa succederà nei prossimi mille anni? Come sarà il mondo nel tremila?

Non è facile rispondere ad una domanda del genere anche perché il futuro del nostro pianeta potrebbe essere condizionato da eventi imprevedibili (ancorché per nulla improbabili), come ad esempio la diffusione di un virus sconosciuto che provochi una mortale epidemia in tutta l’umanità, oppure una guerra nucleare su larga scala che crei un mondo radicalmente diverso da quello che sarebbe senza il verificarsi di una tale tragedia, o la caduta di un meteorite di grandi dimensioni. Rispetto a questi eventi catastrofici ci dovremmo aspettare una profonda alterazione della nostra società le cui conseguenze potrebbero anche essere irrimediabili.

Ma se la vita dovesse continuare sulla strada tracciata negli ultimi tempi, magari ad un livello più elevato e ad un ritmo più sostenuto, cosa si dovrebbe aspettare l’umanità entro il 3000? Proviamo allora a fare una previsione su queste basi, iniziando con l’analizzare ciò che è successo nell’ultimo secolo in cui si sono verificate alcune importanti trasformazioni che potrebbero influenzare il futuro.

 

IL PASSATO

Nel secolo scorso in primo luogo c’è stato un aumento esponenziale della popolazione come non era mai accaduto in passato e ad un ritmo più elevato nei Paesi poveri dove i progressi della medicina e il rispetto di elementari norme igieniche hanno di molto diminuito l’incidenza delle malattie contagiose e di conseguenza abbassato il livello di mortalità infantile che fino a poco tempo fa era ancora molto elevato.

In secondo luogo c’è stato il crollo del dominio europeo nel mondo, mentre in Africa e in Asia molti Paesi hanno ottenuto (o si sono acquistati) l’indipendenza politica ed economica. Forse proprio in seguito a questo profondo cambiamento del loro stato sociale molti degli abitanti di quelle regioni del mondo, sentendosi liberi di agire in modo autonomo, sono emigrati verso Paesi (soprattutto europei) i cui abitanti però si sono mostrati impreparati ad accogliere un flusso tanto imponente di persone con cultura, religioni, storia e stili di vita fondamentalmente diversi da quelli presenti nel loro territorio.

Frattanto si è assistito anche alla cosiddetta globalizzazione, cioè alla tendenza di mercati e imprese ad assumere una dimensione mondiale, consentendo ai Paesi in via di sviluppo di entrare in concorrenza (grazie a costi molto bassi della manodopera) con i tradizionali Paesi produttori di beni di consumo. Ciò ha consentito la crescita economica di Nazioni come la Cina, l’India, la Corea e lo stesso Giappone, che era uscito a pezzi dalla seconda guerra mondiale. Questo enorme spostamento di merci a basso costo e di persone di tutte le razze non disposte ad integrarsi nei luoghi di immigrazione ha provocato un riacutizzarsi di espressioni di intolleranza degli abitanti dei Paesi ricchi verso le persone che provenivano dai Paesi poveri. Ciò ha anche prodotto, da parte di piccoli gruppi etnici, la difesa delle tradizioni e delle conquiste locali con l’intensificarsi di episodi di razzismo e di xenofobia. Gruppi etnici di minoranza come i cattolici dell’Irlanda del Nord, i francesi del Quebec in Canada, i Fiamminghi in Belgio, i Baschi nel nord della Spagna e di recente parte degli abitanti del nord dell’Italia, i cosiddetti Padani, si sentono differenti dal resto della popolazione della Nazione di cui fanno parte e rivendicano una loro autonomia politica e culturale.

Infine c’è stata una notevolissima intensificazione del livello tecnologico il quale però, per progredire ulteriormente, richiederebbe un notevole consumo di energia, di metalli e più in generale di risorse naturali non rinnovabili. Se le fonti di energia attualmente disponibili dovessero rimanere le stesse anche in futuro questo comporterebbe un’alterazione irreversibile dell’ambiente. Il consumo di combustibili fossili provoca infatti l’inquinamento dell’aria per l’accumulo in essa di polveri sottili, anidride carbonica ed altri gas serra, mentre l’uso di energia nucleare produce pericolose scorie radioattive il cui smaltimento non ha ancora trovato una soluzione definitiva.

Se volessimo ridurre l’inquinamento di aria, acqua e suolo dovremmo rallentare il ritmo del progresso tecnologico ma ciò farebbe a pugni con l’inarrestabile incremento demografico e con la richiesta delle popolazioni più povere di potere usufruire anch’esse della tecnologia di cui gode una piccola parte dell’umanità. Se si dovesse garantire a tutti l’automobile, una casa confortevole, corredata di telefono, frigorifero, televisore, lavatrice, personal computer ed altri piccoli utensili domestici che rendono la vita meno faticosa e più piacevole, la situazione ecologica del pianeta, anziché migliorare, peggiorerebbe. I prodotti della tecnologia sono infatti oggetti che oltre a consumare energia, invecchiano e quindi prima o poi devono essere smaltiti accelerando in questo modo l’inquinamento dell’ambiente. Se a ciò si aggiunge da parte degli abitanti dei Paesi economicamente disagiati il diritto all’assistenza medica, all’istruzione, alla pensione, a case di riposo per anziani e a tutte le altre tutele di cui godono i cittadini che abitano i Paesi più industrializzati del mondo, si arriverebbe in breve tempo al disastro completo.

 

LE SOLUZIONI

Indubbiamente l’aspetto più importante (anzi decisivo) del problema è rappresentato dall’incremento demografico. Mille anni fa la popolazione mondiale era di circa 320 milioni di abitanti mentre alla fine del secondo millennio era aumentata di sei miliardi di unità. Se l’incremento fosse lo stesso che si è registrato negli ultimi mille anni, alla fine del tremila la popolazione sarebbe di poco superiore ai 12 miliardi: un numero tutto sommato ancora sopportabile tenuto conto delle risorse del pianeta. Ma la tendenza non è questa: quel numero di abitanti non si raggiungerà nel 3000 ma fra solo quarant’anni.

Se la crescita della popolazione continuasse al ritmo esponenziale che si è registrato negli ultimi tempi fra 700 anni si arriverebbe a 150.000 miliardi di abitanti: un uomo per metro quadrato delle terre emerse comprese le cime delle montagne e i ghiacciai. Nel tremila, il peso degli abitanti (sistemati uno sull’altro!) sarebbe di molti miliardi di tonnellate.

È necessario quindi bloccare l’incremento demografico ed anzi ridurre il numero di abitanti del pianeta. Come fare? Per raggiungere lo scopo esistono in realtà due soli modi possibili: o aumentare la mortalità o diminuire il numero delle nascite.

Nell’ultimo secolo, l’aumento irresponsabile del numero degli abitanti è stato incrementato ulteriormente dalla pressione dei localismi la quale ha portato al convincimento che l’unico modo per contrastare l’ingresso di popolazioni con culture e tradizioni diverse nel loro tessuto sociale sia quello di fare molti figli, molti di più di quelli che producono certe culture le quali ritengono che la loro forza stia proprio nel numero: se il fenomeno dovesse protrarsi è del tutto evidente come i pericoli connessi all’affollamento diventerebbero gravissimi. Un aumento sconsiderato del numero di abitanti produrrebbe infatti caos e rivolte continue e quindi la mortalità automaticamente salirebbe per il verificarsi di carestie, epidemie e violenze. Non sarebbe questo il modo migliore per ottenere il controllo demografico della popolazione.

Non rimane quindi che ridurre il numero delle nascite. L’uomo è il solo animale che può (e che sa) separare le attività riproduttive da quelle sessuali: l’esercizio di questo potere gli potrà quindi consentire di ridurre il ritmo di accrescimento della popolazione sia utilizzando il progresso tecnologico nel campo della contraccezione sia facendo leva su una graduale presa di coscienza dei pericoli che si correrebbero in seguito ad una crescente sovrappopolazione. Non basta tuttavia mettere a disposizione del cittadino conoscenze e mezzi volti ad impedire la fecondazione perché si ottenga automaticamente una diminuzione della natalità: bisogna anche aver voglia di adoperare questi mezzi anticoncezionali. In occidente negli ultimi anni si è assistito ad una riduzione del numero delle nascite e lo stesso fenomeno si sta verificando anche in altre parti del mondo a cominciare dalla Cina dove sono in atto leggi molto severe per limitare il numero dei figli all’interno delle famiglie.

Se la tendenza dovesse continuare nei Paesi più progrediti ma poi venisse estesa anche a quelli in via di sviluppo, potrebbe essere possibile prevedere un mondo stabile in cui la tecnologia progredendo ad un ritmo sempre più accelerato, avrebbe la possibilità di accostarsi a problemi non più insuperabili. In tal caso l’umanità potrà forse raggiungere l’anno 3000 con una società tecnologica funzionante e ulteriormente avanzata rispetto a quella attuale.

 

LA SFERA DI CRISTALLO

Si sa che ogni profezia è un rischio: di essa l’unica cosa certa è che sarà smentita dalla realtà. Anche le previsioni che faremo circa l’aspetto che avrà il mondo nel 3000 saranno regolarmente smentite dai fatti. Ecco tuttavia il nostro pensiero.

Premessa indispensabile, come abbiamo detto, è la riduzione del numero degli abitanti del pianeta. Riteniamo che se questo numero si limitasse a due o al massimo tre miliardi di individui lo sviluppo tecnologico in continua ed inarrestabile crescita potrebbe garantire a tutti una vita piacevole e ricca di soddisfazioni. Con un numero di abitanti contenuto e con abbondanza di risorse materiali che consentirebbero a tutti di vivere una vita tranquilla anche le rivalità fra gli Stati, le dispute religiose e i localismi terminerebbero o per lo meno non sarebbero così pericolosi come sono attualmente. Frattanto anche i pregiudizi razziali e sessuali cesserebbero di produrre odio e alienazione.

Per quello che ci è dato sapere è presumibile che entro la fine del primo secolo del nuovo millennio avremo raggiunto la possibilità di produrre energia dalla fusione nucleare controllata e di sfruttare meglio quella solare attraverso l’installazione di pannelli fotovoltaici. Si tratta di due tipi di energia che non comportano inquinamento se non in misura minima e nello stesso tempo permettono di disporne in quantità sufficienti per il resto dell’esistenza dell’umanità sul pianeta.

Frattanto avremo anche imparato ad estrarre acqua dolce dal mare, in quantità sufficiente almeno per irrigare le coltivazioni e fornire cibo a volontà grazie allo sfruttamento razionale di quell’ambiente. Forse avremo anche imparato un sistema sicuro per ridurre i rifiuti in minerali riutilizzabili, ponendo così fine al problema dell’inquinamento.

Molti lavori, soprattutto i più faticosi, saranno affidati alle macchine mentre all’uomo gli rimarranno quelli intellettivi e burocratici che potranno essere eseguiti senza che egli debba allontanarsi da casa lavorando in ore che saranno ritenute più comode, comprese quelle notturne, e poi trasferirli, tramite i computer, negli uffici senza doversi recare personalmente sul posto di lavoro.

Poiché non sarà più necessario che le donne abbiano numerose maternità e poiché i bambini di numero contenuto potranno essere allevati in comunità e non privatamente come accade oggi esse avranno raggiunto la piena uguaglianza sociale ed economica rispetto agli uomini e potranno fare carriera in tutte le attività riservate tradizionalmente ai maschi.

La genetica frattanto avrà fatto passi da gigante. Con la conclusione del “progetto genoma” il DNA umano è stato completamente letto: si tratta ormai solo di scoprire a cosa serva ogni singolo gene e come funzioni. A quel punto l’uomo avrà in mano il controllo biologico della propria specie e quindi avrà modo di trasformare questa conquista in effetti pratici, come terapie e diagnosi precoci. Molte malattie mortali e invalidanti quali il cancro e l’Alzheimer potranno essere curate e l’uomo potrà vivere più a lungo e in buona salute. Certo, la società complessivamente sarà più vecchia ma questo non rappresenterà un danno perché le persone saranno efficienti e sane anche in età avanzata. Si prevede che la vita media si allungherà ulteriormente passando dai quaranta anni (il limite che essa aveva alla fine del primo millennio) agli ottanta attuali fino ai centoventi del tremila ma quello che più conta sarà una vita di buona qualità: sana e di capacità intellettive intatte.

È tempo che gli uomini tutti e non solo gli scienziati analizzino con serenità i termini del problema posto dal progredire della scienza e ne assumano le responsabilità derivanti. In passato con la scoperta della polvere da sparo, della dinamite e più di recente dell’energia nucleare l’uomo ha acquistato un potere sempre maggiore ma lo ha usato più per distruggere che per creare. Ora è bene che cominci seriamente ad utilizzare per il proprio comportamento quel medesimo atteggiamento scientifico che gli ha permesso tante mirabili conquiste ed una crescente libertà.

Grazie alla bioingegneria, ossia alla capacità di trasferire e modificare geni nelle piante e negli animali, si potrà produrre cibo abbondante e di ottima qualità. Sarà cibo tutto derivato da organismi geneticamente modificati (OGM). Da alcuni decenni in Italia e nel resto del mondo si fa largo uso di questi prodotti senza la pur minima conseguenza sulla salute della popolazione ma rimane tuttavia, soprattutto nel nostro Paese, una forte riserva mentale che considera pericolosi questi cibi. I timori sono ulteriormente alimentati dai giornalisti, dai politici e perfino dalla pubblicità che vanta le virtù dei prodotti privi di OGM.

La coltivazione di questi prodotti invece non solo debellerà la piaga della fame nei Paesi poveri, ma creerà piante resistenti a malattie e parassiti; in tal modo verrà scongiurato l’uso di anticrittogamici e altri prodotti nocivi che avvelenano gli animali e l’uomo, oltre ad inquinare il terreno e le falde acquifere.

Alcuni prevedono che entro l’anno tremila la Terra non sarà più l’unica dimora della razza umana perché questa sarà riuscita a colonizzare il sistema solare e forse addirittura a viaggiare verso i mondi che si trovano a ridosso delle lontane stelle della Galassia. Noi su questo argomento non condividiamo tanto ottimismo e prevediamo che entro la fine del terzo millennio l’uomo riuscirà a colonizzare parzialmente la Luna e forse porrà piede su Marte ma non andrà più lontano di così.

Tutto questo è solo un bel sogno? Forse no.

In un mondo con un numero di abitanti ridotto la popolazione sarebbe meglio distribuita e forse nemmeno le Nazioni intese come complesso di individui legati da una stessa lingua, storia, civiltà, interessi comuni esisterebbero più. Vi sarà un governo mondiale la cui programmazione non sarà più dettata dagli interessi dei singoli Stati e da emozioni umane ma elaborata da calcolatori che prenderanno decisioni razionali e imparziali. Tale mescolanza di razze e religioni implicherebbe anche un livellamento delle differenze economiche così che non esisterebbero più centri di povertà e centri di ricchezza. Forse esisterebbe  anche una lingua comune con la quale si potrebbe comunicare con facilità in ogni luogo del pianeta anche se presumibilmente persisterebbero lingue diverse in luoghi diversi.

Prof. Antonio Vecchia

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