Alimenti e alimentazione

Tutti gli organismi viventi hanno la necessità di assumere dall’esterno una certa quantità di sostanze nutritive cioè di sostanze che, all’interno del corpo, sono destinate a subire trasformazioni molto complesse al fine di liberare l’energia in esse contenuta, sintetizzare nuova materia vivente durante il periodo dell’accrescimento, riparare le perdite e mantenere in attività l’organismo quando l’accrescimento è terminato. Le sostanze contenenti i principi nutritivi suscettibili di essere utilizzati dagli organismi viventi si chiamano alimenti.

Da un punto di vista nutrizionale vi è una fondamentale differenza fra gli organismi definiti autotrofi che sono quelli in grado di sintetizzare da soli i composti organici di cui abbisognano e gli eterotrofi che non sono in grado di farlo. I primi sono le piante verdi le quali prelevano dal terreno e dall’aria molecole inorganiche a struttura molto semplice (principalmente acqua ed anidride carbonica) e le trasformano, attraverso la cosiddetta fotosintesi clorofilliana, un processo chimico che utilizza come fonte di energia la luce del Sole, in molecole organiche a struttura complessa. Fra i secondi vi sono gli animali e quindi anche gli uomini i quali sono costretti a prelevare dall’ambiente esterno composti organici già belli e pronti limitandosi ad elaborarli, all’interno del loro corpo, per adattarli alle proprie esigenze.

 

GLI ALIMENTI

La lista dei principi nutritivi necessari alla vita dell’uomo coincide in buona parte con la lista delle sostanze di cui è costituito il suo corpo: essi sono quindi l’acqua, i sali minerali, gli zuccheri, i grassi e le proteine. A ciò bisogna aggiungere le vitamine le quali non hanno una funzione alimentare diretta in quanto non forniscono né energia né strutture permanenti, ma sono comunque indispensabili alla vita poiché regolano numerosi processi fisiologici.

Gli zuccheri o glucidi sono composti costituiti da carbonio, idrogeno e ossigeno e vengono anche chiamati idrati di carbonio per il fatto che in essi idrogeno e ossigeno sono presenti generalmente nello stesso rapporto che nella molecola dell’acqua. Questi composti non comprendono solo le sostanze dolci come glucosio e saccarosio (lo zucchero comune), ma anche i cosiddetti polisaccaridi fra i quali troviamo l’amido, cioè la principale sostanza di riserva delle piante che noi assumiamo fondamentalmente attraverso il pane, la pasta, il riso e le patate. Alcuni glucidi si combinano con le proteine e i grassi e vanno a costituire le strutture cellulari, ma per la maggior parte i glucidi finiscono all’interno delle cellule dove vengono letteralmente bruciati come fossero un qualsiasi combustibile e trasformati in anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O). Durante questo processo, che avviene grazie all’ossigeno introdotto con la respirazione, si libera dell’energia che viene immagazzinata in particolari molecole chiamate adenosina trifosfato o, più semplicemente, ATP. Queste molecole saranno poi utilizzate come fonte di energia per la contrazione muscolare, per il battito del cuore, per il trasporto di materiale di varia natura da una parte all’altra del corpo e per tante altre funzioni indispensabili alla vita dell’organismo.

I grassi, detti con termine tecnico lipidi, sono anch’essi composti ternari formati di carbonio, idrogeno e ossigeno che producono energia in quantità più che doppia rispetto ai glucidi, ma bruciano con maggiore difficoltà per la scarsità di ossigeno presente nella molecola e per il maggior numero di reazioni necessarie alla loro trasformazione. Essi, se non immediatamente utilizzati, si accumulano formando i pannicoli adiposi con funzione di riserva energetica e di sostegno degli organi interni (ad esempio i reni).

I lipidi vengono assunti sotto forma di grassi se di origine animale e di olî se di origine vegetale. I grassi, a temperatura ambiente, hanno consistenza solida mentre gli olî sono liquidi. Essenziale per l’uomo è la struttura molecolare dei lipidi i quali possono presentare doppi legami fra gli atomi di carbonio che costituiscono la molecola oppure legami semplici. I lipidi con doppi legami sono detti insaturi e sono contenuti prevalentemente negli organismi vegetali, mentre quelli con legami semplici sono detti saturi e sono presenti soprattutto negli organismi animali. I lipidi saturi, se assunti in eccesso, tendono ad aumentare i livelli di colesterolo nel sangue e a favorire l’arteriosclerosi. Essi sembrano anche responsabili di scompensi cardiaci e cardiopatie e di conseguenza vengono associati ad un aumentato rischio di infarto, mentre gli acidi grassi insaturi producono l’effetto opposto rivestendo un ruolo importante nella prevenzione dell’arteriosclerosi e nella riduzione del colesterolo nel sangue. Vi è un’eccezione fra gli animali rappresentata dal pesce che contiene grassi con doppi legami e fra le piante rappresentata dall’olio di palma e di cocco largamente usati nella produzione della cioccolata e di altri prodotti dell’industria dolciaria, che contengono lipidi con legami semplici.

Le proteine (dette anche protidi per analogia con glucidi e lipidi) sono composti quaternari la cui molecola è costituita di carbonio, ossigeno, idrogeno ed azoto, un elemento quest’ultimo indispensabile nella creazione dei tessuti viventi. Le complesse molecole proteiche sono formate dall’unione di un numero rilevante di composti a struttura più semplice detti amminoacidi. Gli amminoacidi sono così definiti perché contengono nella molecola il gruppo funzionale tipico dei composti chiamati ammine che conferisce loro proprietà alcaline e quello degli acidi organici che conferisce loro proprietà opposte. Le proteine possono quindi combinarsi con gli acidi o con le basi, sottraendo questi composti dalla soluzione e proteggendo, in tal modo, il protoplasma da brusche variazioni di acidità o alcalinità. Le sostanze che mantengono costante l’equilibrio acido-base all’interno delle soluzioni si chiamano, con termine tecnico, tamponi. Gli amminoacidi sono quindi dei tamponi.

Venti sono i tipi di amminoacidi presenti nelle proteine, ma entrano nei composti a centinaia di esemplari disponendosi in successioni tali da rendere la variabilità delle proteine praticamente infinita. Per questo motivo ogni organismo ha proteine diverse da qualsiasi altro, ad eccezione dei gemelli monovulari che le hanno uguali. A causa della specificità delle proteine i trapianti di tessuti e di organi tra individui diversi sono spesso rifiutati dall’organismo sul quale vengono impiantati (fenomeno del rigetto). Anche una semplice spina o un qualsiasi corpo estraneo che penetra accidentalmente nelle nostre carni, prima o poi verrà rigettato spontaneamente, come molti di noi sanno per esperienza diretta. Le proteine si possono legare anche a composti di natura diversa formando le cosiddette proteine coniugate. Fra queste molto importanti sono le nucleoproteine (DNA, RNA e ATP) le quali svolgono un ruolo di prim’ordine nei fenomeni vitali.

I protidi sono presenti soprattutto negli alimenti di origine animale: carne, pesce, uova, latte e formaggio, tutti prodotti che contengono anche grassi in misura più o meno rilevante. Tra gli alimenti di origine vegetale sono ricchi di proteine i legumi (fagioli, piselli, ceci, ecc.). Durante l’accrescimento la funzione delle proteine è soprattutto quella di formare nuova materia vivente (funzione plastica), ma quando l’organismo è adulto e non deve più crescere usa le proteine, dopo aver eliminato l’azoto dalla molecola, per ricavarne energia al pari di glucidi e lipidi (funzione energetica). L’azoto scartato dalle proteine va a formare molecole di urea un prodotto di rifiuto solubile nell’acqua che viene periodicamente espulso con l’urina. Una piccola parte degli amminoacidi contenuti nelle proteine viene comunque utilizzata per ripianare le perdite (soprattutto in caso di malattie) o per sostituire le molecole più vecchie.

L’organismo umano è capace di sintetizzare un certo numero di amminoacidi utilizzando come prodotti di partenza altre sostanze, diverse dalle proteine contenute negli alimenti. Dieci amminoacidi, tuttavia, devono necessariamente essere introdotti con i cibi perché mancano gli appositi enzimi per sintetizzarli all’interno del nostro corpo; per questo motivo essi vengono detti essenziali. La carenza anche di uno solo di questi amminoacidi essenziali può pregiudicare l’utilizzo di tutti gli altri. E’ necessario dunque che nella dieta siano presenti tutti gli amminoacidi essenziali e nelle proporzioni adeguate. Ciò si ottiene assumendo alimenti di origine vegetale ma soprattutto di origine animale perché solo questi ultimi contengono tutti gli amminoacidi essenziali nelle giuste proporzioni. Per questo motivo un’alimentazione vegetariana che contempli l’assunzione solo di proteine vegetali escludendo quelle animali richiede molta attenzione e competenza da parte di chi la mette in pratica e, ad esempio, non può essere adottata dai bambini e dagli adolescenti fino al completamento dell’età dello sviluppo. Le proteine introdotte come alimento sono tanto più adatte a sostituire quelle demolite dall’organismo quanto più la loro composizione in amminoacidi si avvicina a quella del corpo umano. Ora, poiché organismi molto distanti dal punto di vista sistematico ed evolutivo possiedono proteine notevolmente diverse dalle nostre è evidente che la carne e il pesce, sotto questo aspetto, sono alimenti di qualità superiore rispetto, ad esempio, ai vegetali.

 

VITAMINE, ACQUA E SALI

Fra gli alimenti bisogna includere anche le vitamine, i sali minerali e l’acqua, sostanze che non necessitano di trasformazioni chimiche e vengono quindi assorbite direttamente assieme ai prodotti della digestione. Queste sostanze si trovano associate ai cibi in quantità sufficiente, con due eccezioni: il cloruro di sodio (il comune sale da cucina) che deve essere aggiunto e l’acqua. Una dieta ben equilibrata non ha quindi bisogno, in genere, di essere integrata con sali particolari o vitamine, anche se sono comunque necessari alcuni accorgimenti dietetici.

Il ferro, ad esempio, un elemento tanto importante nella costruzione dell’emoglobina (la proteina complessa localizzata nei globuli rossi del sangue) si trova nelle carni, specialmente in quelle rosse, nelle uova, nei legumi e nelle foglie di alcuni ortaggi fra cui gli spinaci, ma non è facilmente assimilabile. Tuttavia lo è di più se abbinato alla vitamina C la quale è abbondante negli agrumi e quindi è buona norma, ad esempio, condire gli spinaci con il succo di limone. Il calcio, necessario per la formazione delle ossa e dei denti, ha bisogno di un adeguato apporto di vitamina D per essere assorbito. Lo iodio indispensabile per la produzione degli ormoni tiroidei è carente soprattutto nelle isolate aeree montane a causa della dieta generalmente carente di pesce, la principale fonte alimentare di questo elemento. Attualmente si rimedia aggiungendo lo iodio essenziale allo sviluppo al sale da cucina in commercio in quelle zone.

Per quanto riguarda le vitamine (ovvero le “ammine della vita”, cosiddette perché un tempo si riteneva che fossero tutte ammine come erano le prime di cui fu possibile stabilire la formula chimica) esse sono presenti in minima quantità in tutte le cellule, ma sono maggiormente concentrate in quei tessuti (animali o vegetali) che presentano la più elevata attività metabolica come il fegato, i reni, i germogli delle piante, ecc. Alcune vitamine come la A e la D sono sintetizzate dai batteri presenti nel nostro corpo (la cosiddetta flora intestinale) a partire da certi precursori incompleti che assumiamo con il cibo. I vegetariani integrali, cioè quelle persone che non mangiano nemmeno uova e latte devono integrare la loro dieta assumendo vitamina B12 del tutto assente nei vegetali. E’ un errore fare largo uso di vitamine nella convinzione che facciano bene. In realtà le vitamine in dosi eccessive sono tossiche e una dieta variata ed equilibrata fornisce il necessario apporto giornaliero di ciascuna di esse senza necessità di integrazioni. Bisogna tuttavia tenere presente che molte vitamine sono termolabili e vengono quindi distrutte con la cottura dei cibi. Ciò vale in particolare per la vitamina C presente negli agrumi e in molti altri vegetali. Questa vitamina, come abbiamo già visto, è di fondamentale importanza per la fissazione del ferro, ma anche utile nei processi infettivi e negli organismi dei fumatori.

L’acqua infine viene considerata un alimento plastico perché, al pari delle proteine, “fa corpo”. Con l’età i tessuti perdono acqua e raggrinziscono facendo apparire la pelle piena di rughe e soprattutto le donne cercano di porre rimedio alla disidratazione della pelle del viso cospargendolo di creme chiamate appunto “idratanti”.

Il fabbisogno di acqua corrisponde, nei climi temperati, mediamente a circa due litri al giorno, atti a compensare quanto viene eliminato con le urine, la sudorazione e la traspirazione cutanea. Un litro di acqua è normalmente contenuto nei cibi che mangiamo giornalmente, quindi è necessario che se ne introduca altrettanta direttamente sotto forma di liquido.

 

LA DIGESTIONE

Il cibo che introduciamo nel corpo attraverso la bocca non è adatto così com’è a far parte del corpo stesso. Se ad esempio triturassimo finemente questo cibo e lo iniettassimo direttamente in vena il risultato sarebbe disastroso e condurrebbe quasi certamente alla morte. Nemmeno il più prelibato dei pasti sarebbe direttamente utilizzabile dal nostro corpo il quale deve modificare le molecole del cibo che ingerisce per poterle usare per le proprie particolari esigenze.

Le grosse molecole organiche che assumiamo con gli alimenti devono essere quindi demolite e ridotte a molecole semplici affinché possano essere facilmente distribuite a tutte le cellule e servire da materiale di partenza per la preparazione di nuovi e specifici prodotti. Il processo attraverso il quale un organismo demolisce le molecole complesse in molecole più semplici prende il nome di digestione.

La digestione è necessaria sia perché le molecole complesse non possono attraversare le membrane cellulari sia perché la nuova composizione di molecole complesse avvenga, in ciascun organismo, secondo le istruzioni contenute nel proprio DNA. Ad esempio, le proteine presenti nella carne che mangiamo sono diverse da quelle che costituiscono il nostro corpo e devono pertanto prima essere ridotte a semplici amminoacidi e quindi ricostruite secondo le istruzioni fornite dallo specifico patrimonio genetico che ciascuno di noi possiede. E’ un po’ quello che succede quando si demolisce un fabbricato e si usano gli stessi mattoni per costruirne un altro completamente diverso.

La digestione degli alimenti avviene nell’apparato digerente, un lungo tubo le cui pareti separano ciò che è contenuto al suo interno dal resto del corpo. Il tubo digerente, in altri termini, è una parte interna del nostro corpo, ma in realtà esterna perché aperta alle due estremità. La sua funzione, per così dire, è quella di setacciare il cibo ingerito separando la parte buona dagli scarti che devono essere espulsi.

La digestione comprende una serie di processi sia fisici che chimici. Fra i primi vi è la masticazione che riduce i materiali ingeriti in pezzetti più piccoli, il rimescolamento che serve per impastare e facilitare il contatto fra le molecole che dovranno reagire chimicamente e le contrazioni dei tessuti muscolari che interessano il tubo digerente in tutta la sua lunghezza (movimenti peristaltici) e che servono al trasporto del cibo da una parte all’altra del corpo.

I processi chimici consistono fondamentalmente in reazioni di idrolisi catalizzate da enzimi. L’idrolisi (dal greco hydor = acqua e lysis = soluzione, separazione) è un processo chimico attraverso il quale grosse molecole vengono scisse in molecole più piccole con l’intervento di molecole di acqua che si introducono fra i legami del composto, rompendoli. Gli enzimi invece sono delle proteine complesse che hanno la funzione di facilitare le reazioni chimiche accelerandole. Essi sono anche chiamati catalizzatori biologici.

I prodotti finali della digestione di protidi, glucidi e lipidi sono gli amminoacidi, gli zuccheri semplici, gli acidi grassi e la glicerina. Questi ultimi due composti sono i costituenti di base dei lipidi. Tutto questo materiale formato di molecole a struttura relativamente semplice passa, attraverso i villi intestinali (estroflessioni digitiformi che tappezzano la parete interna dell’intestino tenue), nei vasi sanguigni e nei vasi chiliferi, che formano un secondo sistema circolatorio, detto linfatico. Il sistema linfatico percorre tutto il nostro corpo e si congiunge alla fine con quello sanguigno dove, attraverso un vaso situato nei pressi del cuore, la linfa si mescola con il sangue che porterà il materiale nutritivo, insieme con l’ossigeno, a tutte le cellule.

Tutto il materiale che non è stato assorbito dalla parete dell’intestino tenue arriva al tratto successivo del tubo digerente, detto intestino crasso. Qui avviene l’assorbimento dei sali minerali e dell’acqua, cosa che fa aumentare notevolmente la consistenza dei residui alimentari che prendono il nome di feci. Nell’intestino crasso vive anche un gran numero di batteri che costituisce la già ricordata flora intestinale. In gran parte questi batteri sono commensali (“mangiano” e basta), ma alcuni sono simbionti perché, nutrendosi dei residui della digestione, producono alcune vitamine importanti per l’organismo che li ospita.

 

LA RAZIONE ALIMENTARE

La quantità degli alimenti che un organismo deve assumere giornalmente è detta razione alimentare. Quali sono le quantità e le proporzioni di una razione alimentare sufficiente per conservare una buona salute? Un modo per valutare la quantità di cibo di cui ha bisogno il nostro corpo è quella che fa riferimento al fabbisogno calorico.

Possiamo paragonare il nostro corpo ad un’automobile che ha bisogno di carburante per andare avanti. Anche noi abbiamo bisogno di carburante per svolgere le attività vitali, però il nostro carburante non è rappresentato dalla benzina o dal gasolio, ma dagli alimenti. Di quanti alimenti abbiamo bisogno quotidianamente?

La risposta a questo quesito dipende da molti fattori e come per la macchina la quantità di benzina da mettere nel serbatoio dipende dal tipo di automobile e dalla velocità alla quale si vuole viaggiare così per l’uomo la quantità di cibo da ingerire dipende dall’età, dal peso corporeo, dal sesso, dal clima in cui si vive (ovvero la stagione), dal tipo di attività svolta e dallo stato di salute. Il potere nutritivo degli alimenti può essere misurato calcolando il numero di kilocalorie (kcal) sviluppate durante la combustione. La kilocaloria, come si sa, è la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado centigrado la temperatura di un litro di acqua. Bruciando un grammo di grasso si sviluppano circa 9 kcal, mentre bruciando un grammo di zucchero o di proteine si sviluppano circa 4 kcal. Possiamo dire che un uomo adulto di corporatura media che conduca vita sedentaria oggi ha bisogno per mantenersi in buona salute di 2000/2200 kcal al giorno, non di più.

E’ interessante notare che fino ad una cinquantina di anni fa, per la stessa persona, il fabbisogno calorico giornaliero era molto superiore, perché a quel tempo i consumi energetici del singolo individuo erano maggiori. Fino all’immediato dopo guerra in molti ambienti il riscaldamento era limitato o mancava del tutto, gli spostamenti, comprese le scale di casa, venivano fatti, prevalentemente, a piedi e tante comodità che oggi ci fanno risparmiare energie non erano conosciute. Paradossalmente quando c’era bisogno di una alimentazione più abbondante il cibo disponibile era scarso, oggi che la sua offerta è copiosa e seduttiva, non ne serve più tanto per vivere.

Il fabbisogno calorico varia molto con l’età. I bambini e gli adolescenti, ad esempio, necessitano di meno cibo degli adulti, ma non in proporzione al loro peso. Dalla nascita e fino al primo anno di vita il bambino necessita di circa 600 kcal al giorno corrispondenti a 100 kcal per ogni kilogrammo di peso corporeo. Questo fabbisogno calorico giornaliero è enorme soprattutto se paragonato a quello necessario in età adulta: per un uomo che conduca vita molto attiva il fabbisogno energetico non supera le 60/70 kcal per kilogrammo di peso corporeo. Da ciò si deduce che un uomo molto attivo è sempre meno attivo di un neonato e per convincersi è sufficiente osservare lo sgambettare instancabile di un bambino nella culla. Il fabbisogno energetico di una persona aumenta fino ai vent’anni quando sono necessarie circa 3800/4000 kcal al giorno, per poi diminuire ed arrivare ad un minimo di 2000 kcal/die per adulti che svolgono esclusivamente un tipo di lavoro intellettuale e sedentario.

Il consumo minimo di energia necessario per mantenere in vita l’organismo si chiama metabolismo basale e si aggira sulle 1700 kilocalorie al giorno per un uomo di 70/75 kg in giovane età. Questo significa che ogni giorno un uomo di media corporatura ha bisogno di introdurre cibo sufficiente a produrre 1700 kcal semplicemente per mantenere in funzione gli organi fondamentali come il cuore e l’apparato respiratorio, o garantire la persistenza del tono muscolare e della temperatura corporea, in condizioni di assoluto riposo e a digiuno.

A questa quota calorica di base va poi aggiunto il fabbisogno legato all’attività individuale, cioè quelle che vengono dette le kilocalorie di lavoro. Dalle cifre riportate sopra si può vedere che l’attività intellettiva è quella che richiede veramente una quantità minima di energia per essere svolta.

Se il cibo introdotto contiene un numero di calorie in eccesso rispetto all’effettivo fabbisogno questo viene accumulato nell’organismo come riserva e a lungo andare forma dei depositi di grasso che fanno aumentare il peso corporeo. Se invece la quantità di cibo ingerita è inferiore al necessario l’organismo per vivere brucia parte di sé stesso e il suo peso tende a diminuire. Detto per inciso, è una fortuna che l’organismo conservi l’energia eccedente sotto forma di grasso ché, se lo facesse, come avviene nelle piante, sotto forma di amido, il suo peso sarebbe molto maggiore e il suo volume molto più ingombrante. I grassi, come abbiamo visto, a parità di peso (e di volume) contengono infatti molta più energia degli zuccheri.

Le calorie giornaliere di cui un uomo ha bisogno per mantenersi in buono stato di salute possono derivare indifferentemente da glucidi, lipidi o protidi. Sappiamo infatti che l’organismo è in grado di trasformare un tipo di sostanza in un’altra, ma fino ad un certo punto. La razione di proteine non deve mai scendere sotto un minimo di 50 grammi al giorno a causa dell’incapacità dell’organismo di sintetizzare alcuni amminoacidi. Per il resto, la proporzione fra i vari alimenti dipende dalle abitudini locali e dalle condizioni economiche. Cento grammi di proteine producono la stessa energia di cento grammi di amido, ma costano molto di più e producono più scorie. E’ pure risaputo che nei paesi caldi (e anche da noi d’estate) si mangiano meno grassi che nei paesi freddi.

Nei nostri climi, una corretta alimentazione dovrebbe contenere glucidi, lipidi e protidi grosso modo nelle proporzioni di 1/2, 1/3 e 1/6 del totale. Ad esempio, per un fabbisogno energetico di 2400 kcal 1200 dovrebbero essere fornite dai glucidi, 800 dai lipidi e 400 dai protidi. Tenendo conto del contenuto energetico di queste sostanze i valori in kilocalorie corrispondono, in peso, a 300 grammi di glucidi, 90 grammi di lipidi e 100 grammi di protidi. Ai composti organici devono essere aggiunte l’acqua, in buona parte già contenuta nei cibi, i sali minerali e le vitamine. Nel mondo industrializzato il pericolo di non introdurre sali minerali e vitamine a sufficienza esiste solo se la dieta non è corretta: carni, frutta e verdure fresche ne forniscono infatti quanto basta. L’acqua, invece, è molto importante nella dieta soprattutto delle persone anziane che tendono a berne poca.

Senza calcolare l’acqua, il peso degli alimenti necessari a tenere in vita un uomo moderatamente attivo è di circa 500 grammi al giorno. Ora, un viaggio su Marte di andata e ritorno con i mezzi attualmente a disposizione, anche scegliendo l’orbita più economica, non può durare meno di due anni. Ebbene, il cibo necessario ad un solo uomo per un periodo di tale durata peserebbe 365 kilogrammi ovvero più di cinque volte il peso dell’uomo stesso. Naturalmente una velocità maggiore ridurrebbe la durata del viaggio ma l’aumento del peso del carburante necessario per accorciare i tempi sarebbe di gran lunga superiore al risparmio in peso del cibo. Questo è un altro dei motivi per i quali i viaggi spaziali di lunga durata a noi sembrano, almeno a breve termine, irrealizzabili. Per quanto riguarda la pillola che dovrebbe sostituire un pasto completo, questa si trova solo nei libri di fantascienza.

 

LA DIETA

Come è possibile prevenire alcune malattie osservando con rigore le norme igieniche così è possibile mantenere lo stato di salute seguendo una dieta corretta. E come le norme igieniche devono essere seguite fin dalla tenera età, lo stesso vale per la dieta. Una dieta squilibrata, ad esempio eccedendo in dolci o nel consumo di grassi va incontro inevitabilmente, a determinate malattie come l’arteriosclerosi e il diabete, che poi non potranno essere guarite correggendo, anche drasticamente, la dieta stessa. Naturalmente bisogna evitare anche gli eccessi opposti come quello di ridurre troppo bruscamente la razione alimentare per tentare di dimagrire senza il necessario controllo medico.

E’ sbagliato pensare che, come negli animali, si debba mangiare quando si ha fame e si debba smettere quando si è sazi. Nell’uomo il senso di sazietà e di fame è importante ma non fondamentale perché un ruolo rilevante lo svolge la nostra volontà che ci induce ad esempio a mangiare anche quando non ci sarebbe più la necessità o a smettere quando in realtà servirebbe introdurre nello stomaco altro cibo.

L’uomo primitivo aveva una dieta alimentare molto diversa dall’attuale. A quei tempi il modello nutrizionale era ricco di fibre e di cibi di origine vegetale ed era carente di grassi, zucchero raffinato e sale. Quel modello è rimasto praticamente immutato fino a tempi molto recenti. Negli ultimi cinquant’anni, soprattutto nei paesi industrializzati, la dieta umana è mutata radicalmente divenendo ricca di grassi, zucchero raffinato e sale, mentre si è impoverita di fibre.

Attualmente le esigenze alimentari si sono adeguate ad un ritmo di vita molto frenetico che non consente una alimentazione fatta con calma (ricordate il detto: “a tavola non si invecchia”?) e che rispetti i criteri fondamentali raccomandati dalle tante società per la nutrizione umana presenti in tutti i paesi civili. La nostra si chiama Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) ed opera in collaborazione con l’Istituto Nazionale della Nutrizione.

I cibi precotti e in scatola, che contengono un notevole quantitativo di zuccheri raffinati indispensabili per la loro conservazione, e i grassi, stanno sostituendo i cibi più nutrienti ad alto contenuto di vitamine e minerali. Una dieta fondata su questi tipi di alimenti porta a tutta una serie di disturbi e di disfunzioni a cominciare dall’obesità. D’altra parte è pure vero che molte persone seguono per anni diete squilibrate senza soffrire di disturbi gravi, ma le conseguenze di una dieta sregolata si faranno sentire a distanza, quando non sarà più possibile porvi rimedio.

Frutta, verdura cotta e cruda e cereali integrali sono cibi ricchi di vitamine e anche fonte di fibre molto importanti nell’assorbimento dell’acqua nell’ultima fase della digestione. Le fibre vegetali assorbono l’acqua come spugne dando origine a feci di maggior volume che transitano più rapidamente e più facilmente lungo l’intestino crasso. Una dieta ricca di fibre riduce anche il rischio di contrarre molte malattie come il cancro del colon e l’arteriosclerosi.

In Italia, nella prima metà del nostro secolo, i consumi alimentari risultavano pressoché costanti mentre sono progressivamente aumentati negli ultimi cinquant’anni. Il consumo di carne, ad esempio, è quadruplicato rispetto al periodo precedente alla seconda guerra mondiale e così pure quello del latte e dei suoi derivati, della frutta, degli ortaggi e degli zuccheri; si è invece mantenuto costante quello della pasta.

Insieme con l’aumento dei consumi si è andato differenziando il tipo di alimentazione fra il Nord e il Sud del Paese. Al Nord si è riscontrata una tendenza verso consumi alimentari tipici del Nord Europa e degli Stati Uniti, mentre il Sud ha conservato le vecchie tradizioni fondate sulla cosiddetta dieta mediterranea, che viene considerata da molti un’alimentazione ideale per la prevenzione di molte malattie, soprattutto quelle cardiovascolari.

Una dieta sana ed equilibrata dovrebbe possedere alcune caratteristiche generali e cioè dovrebbe essere completa nel senso di contenere tutti i principi nutritivi e nelle giuste proporzioni, mistaossia comprendente cibi assunti sia dal mondo animale sia da quello vegetale, sufficiente per sopperire a tutte le perdite sia energetiche che materiali e soprattutto varia per evitare il fenomeno della nausea che interviene quando si mangiano sempre gli stessi cibi. Una buona regola alimentare è quindi quella di variare il più possibile il menù giornaliero. I bambini mangerebbero solo patatine fritte e dolci, e questo è un male.

Anche nei paesi in cui vi è cibo in abbondanza e in cui metà della popolazione è sovrappeso o obesa, risultano molto diffuse alcune forme di malnutrizione occulta quali l’anemia per carenza vitaminica in soggetti che seguono diete vegetariane senza le necessarie integrazioni o l’osteoporosi nelle persone che escludono latte e formaggi dalla dieta o ancora deficit funzionale tiroideo in chi bandisce dalla mensa i prodotti della pesca o infine la gotta in chi esagera nel consumo di carne trascurando gli altri alimenti. In altre parole, una alimentazione poco variata e incompleta può essere all’origine di disordini organici e malattie, mentre l’abuso di alcuni cibi favorisce l’insorgere di disturbi fisici di vario genere.

Per potersi correttamente orientare verso un’alimentazione razionale ed equilibrata i dietisti suggeriscono una gamma di possibili alternative all’interno di sette gruppi di alimenti da cui attingere quotidianamente avendo cura di non escluderne alcuno. Si tratta di alimenti che integrandosi vicendevolmente consentono un apporto nutritivo giornaliero soddisfacente.

Il primo gruppo di alimenti è rappresentato da carne, pesce e uova, prodotti che forniscono proteine di elevato valore nutritivo nonché ferro facilmente assimilabile e vitamine del complesso B. La carne comprende il prosciutto e gli insaccati (dei quali tuttavia occorre fare uso limitato per il loro contenuto in sale e grassi) e il pesce a cui si associano anche i molluschi e i crostacei cioè tutti i prodotti della pesca. Le uova ovviamente non sono solo quelle di gallina, ma, per esempio, anche il caviale (per chi se lo può permettere).

Il secondo gruppo è rappresentato dal latte e dai suoi derivati (yogurt, latticini e formaggi). Si tratta di alimenti ricchi di proteine ma poveri di ferro. Il latte, ad esempio, che è considerato un alimento completo, manca invece di alcune vitamine ma soprattutto del ferro, ed anche per tale motivo si rende necessario lo svezzamento del neonato dopo il periodo di allattamento al seno della madre. Il latte, mentre da un lato è privo del ferro dall’altro è ricchissimo di calcio e quindi è un alimento importante non solo per gli adolescenti in età evolutiva, ma anche per prevenire l’osteoporosi soprattutto nelle donne dopo la menopausa.

Il terzo gruppo è rappresentato dai cereali e derivati (pane e pasta). Si tratta di alimenti a scarso contenuto proteico e minerale, ma indispensabili per la produzione di energia. Ben metà dell’energia giornaliera deriva dalla combustione dei carboidrati complessi. In realtà se il pane (e la pasta) invece che bianco fosse integrale cioè fosse fatto con la farina ottenuta macinando il chicco intero esso conterrebbe, oltre che abbondanti fibre, molti minerali come il ferro e il calcio e alcune vitamine del complesso B che invece vanno persi con l’eliminazione della crusca.

Il quarto gruppo è rappresentato dai legumi, un alimento ricco di proteine anche se non complete in tutti gli amminoacidi, di ferro, di vitamine del complesso B, di amidi e di fibre. Le popolazioni dell’America latina, ad esempio, nella loro dieta fanno largo uso di fagioli che mescolano con il riso.

Il quinto gruppo è quello dei grassi da condimento. Questi vanno usati con parsimonia ma non devono essere aboliti del tutto, perché sono indispensabili per l’assorbimento delle vitamine liposolubili (A e D). Possono essere ridotti nella preparazione dei sughi allorché i grassi medesimi siano già presenti nella carne, nel pesce o in alcuni frutti ricchi di olio come le olive stesse.

Il sesto gruppo comprende alimenti ricchi di vitamina A (fegato, rognone, ecc.), o del carotene cioè della molecola dalla quale verrà ricavata la vitamina A (carote, zucche, pomodori, albicocche, cachi, melone giallo, ecc.).

Il settimo gruppo infine comprende i vegetali ricchi di vitamina C (tutti gli agrumi, i kiwi, ecc.).

 

SOSTANZE NERVINE, DROGHE E ALCOL

Vengono denominati alimenti nervini alcuni prodotti di origine vegetale che a rigore alimenti non sono nel senso che non hanno di per sé alcun potere nutritivo, ma esercitano tuttavia un’azione stimolante sul sistema nervoso e quindi indirettamente incidono sulla digestione e sull’assorbimento degli alimenti. Questa loro caratteristica è dovuta alla presenza di particolari principi attivi detti alcaloidi. I principali alimenti nervini sono il caffè, il the e il cacao: essi compaiono spesso nella dieta ma, come abbiamo detto, non sono affatto indispensabili per una corretta alimentazione, anzi in dosi massicce possono provocare sia disturbi transitori, sia cronici. La dose massima giornaliera di caffè, ad esempio, non dovrebbe mai superare le tre tazzine.

Nella confezione dei cibi trovano largo impiego alcune sostanze, anch’esse di origine vegetale, denominate droghe o spezie, che vengono aggiunte agli alimenti per renderli più gradevoli al palato e più facilmente digeribili. Le più comuni sono il pepe, la noce moscata, la cannella, la senape e i chiodi di garofano. Molte di queste spezie provengono da paesi tropicali dove, in tempi antichi, venivano usate per conservare i cibi o per nascondere i cattivi odori di quelli che si stavano guastando.

Anche nel bacino del Mediterraneo crescono piante aromatiche come rosmarino, alloro, prezzemolo, aglio e cipolla le quali, largamente usate per arricchire i cibi di sapori particolarmente gradevoli, oltre che stimolare fisiologicamente la secrezione dei succhi digestivi, contribuiscono anche alla riduzione della quota lipidica dei condimenti. In genere anche questi prodotti non contengono principi alimentari e quindi non sono indispensabili all’alimentazione.

L’alcol merita un discorso a parte. Quando si parla di alcol naturalmente ci si riferisce all’alcol etilico o etanolo un prodotto che si ottiene dalla fermentazione del succo d’uva, ma anche da alcune graminacee come l’orzo, il grano, il mais e il riso attraverso processi di fermentazione più laboriosi. I prodotti che si ottengono direttamente da mosti fermentati sono il vino e la birra, mentre dalla distillazione di prodotti naturali di fermentazione si ottengono le cosiddette acquaviti (rhum, grappa, cognac, whisky, vodka).

Il vino per la cultura mediterranea è molto di più di una semplice bevanda: esso è il “nettare degli dei” un prodotto che gli antichi popoli che abitavano l’Enotria (dal greco oînos = vino e tria = terra, antica denominazione dell’Italia meridionale), la Mesopotamia e l’Egitto sapevano ottenere lavorando sapientemente l’uva. Più tardi il vino venne distillato dagli alchimisti i quali chiamarono alcol il liquido ottenuto dal raffreddamento del vapore prodotto con il riscaldamento. Alcol è un termine che deriva dall’arabo al-kuhl che significa finemente macinato, con riferimento ad una polvere finissima che le donne orientali usavano per scurirsi le palpebre; questo termine successivamente venne esteso alla parte più sottile, essenziale, di un corpo e quindi anche a quella che usciva dal vino intensamente riscaldato, per i suoi effetti corroboranti ed eccitanti.

L’alcol oggi viene consumato dalla maggioranza degli adulti dei paesi industrializzati, ma l’abitudine di bere bevande alcoliche si sta diffondendo anche nei paesi in via di sviluppo. Negli ultimi anni è aumentato pure il numero delle donne e dei giovani che fanno uso di alcol, i quali lo assumono preferibilmente sotto forma di birra e di liquori.

Per lungo tempo il vino è stato considerato un alimento che veniva metabolizzato dall’organismo come un qualsiasi altro cibo. L’equivoco nasceva dal fatto che esso rappresenta una apprezzabile fonte di energia (l’alcol sviluppa 7 kcal per grammo, quasi il doppio dei carboidrati che sono l’alimento energetico per antonomasia) e quindi poteva sostituire ed integrare gli altri alimenti. Il vino invece non è un alimento e lo comprovano le intossicazioni acute (ubriachezza) di chi occasionalmente ne assume una quantità eccessiva, e i danni permanenti fisici e psichici (alcolismo cronico) di chi abitualmente ne fa un consumo smodato. D’altra parte non esiste alcuna dieta che prescriva la presenza anche di una quantità minima di alcol.

Benché fino dai tempi più remoti si conoscesse come l’eccessiva ingestione di alcol causava danni a molti tessuti, tuttavia queste disfunzioni non venivano attribuite direttamente all’alcol ma alla denutrizione, che spesso colpisce gli alcolisti. L’apprezzamento per le bevande alcoliche da parte di larghi strati della popolazione (medici compresi) portava al convincimento che l’alcol fosse privo di effetti nocivi. L’alcol invece oggi è considerato una vera e propria droga ad azione tossica il cui eccessivo consumo provoca danni soprattutto al fegato, ai reni e al cervello, che sono gli organi più estesamente e intensamente irrorati dal sangue e perciò quelli che più rapidamente lo assorbono.

Per aumentare il grado alcolico del vino in alcuni paesi (ma non in Italia) è consentita l’aggiunta di zucchero al prodotto da vinificare senza che l’operazione produca alcun effetto negativo sul vino stesso. Si può ottenere lo stesso risultato aggiungendo al vino alcol metilico con la differenza che questa sostanza è un veleno che l’organismo non riesce a metabolizzare nemmeno parzialmente. L’aggiunta fraudolenta di questo prodotto ad una marca di vino in vendita in Italia, causò, nel 1987, una serie di decessi seguiti da forti proteste per la mancanza di controlli sui prodotti messi in commercio.

L’alcol è una sostanza tossica per l’organismo e quindi non fa mai bene tuttavia un bicchiere di vino potrebbe non fare male ma prima di assumerlo si dovrebbero tenere presenti alcuni accorgimenti. Il vino non dovrebbe mai essere bevuto fuori pasto e mai in quantità esagerate. Ai bambini, e alle persone che non sono abituate a bere, un bicchiere di vino farebbe sicuramente male e così pure farebbe male ad un adulto che non godesse di buona salute.

L’italiano è un forte consumatore di vino e in Europa è secondo solo al francese. Si calcola che in Italia la spesa per vino e liquori sia superiore a quella per latte, burro e formaggi e le conseguenze si vedono: gli alcolizzati nel nostro Paese sono più di mezzo milione, quasi l’1% della popolazione e i morti per alcolismo sono più di 10.000 all’anno. Inoltre, il 50% degli incidenti automobilistici sono causati da guidatori in stato di ubriachezza. L’alcol è pure responsabile di molti incidenti sul lavoro e di atteggiamenti aggressivi sia in famiglia che fuori.

 

LA FAME NEL MONDO

Il problema di una corretta alimentazione, differenziata a seconda delle esigenze personali, è molto sentita nei paesi industrializzati dove tutti (o quasi) hanno cibo a sufficienza, e dove almeno una metà dei residenti è soprappeso. In un paese, ad esempio come l’Italia, dove ogni abitante assume mediamente 1000 kcal al giorno più del necessario la spesa alimentare comporta, fra l’altro, esborsi valutari di notevole consistenza non solo per l’acquisto del cibo eccedente il necessario, ma anche per le diete dimagranti necessarie per ritornare al peso forma, per le cure mediche conseguenti alle malattie causate da una cattiva alimentazione, fino a quelle necessarie per il rinnovo del guardaroba. Tutto denaro che potrebbe essere meglio utilizzato. Nel resto del mondo, invece, il problema è opposto e si chiama fame.

Alle soglie del terzo millennio esiste ancora un numero impressionante di persone che soffre la fame o vive sotto la minaccia di non avere cibo a sufficienza per vivere. Si calcola che due miliardi di persone al mondo non abbia cibo a sufficienza e passi gran parte della giornata alla ricerca del modo per procurarsene. Mentre questa grande massa di gente vive sotto l’incubo della carenza di cibo un numero altrettanto elevato di persone, come abbiamo visto, si preoccupa del problema opposto, ossia quello di smaltire il cibo sovrabbondante che ha ingerito.

Di solito si pensa che chi soffre la fame si ribella e quindi è necessario, se si vogliono evitare le rivoluzioni, provvedere a che tutti abbiano un minimo di sostentamento. Questo convincimento non è del tutto vero: normalmente chi ha fame non si ribella. Un uomo veramente affamato ha un’unica preoccupazione: procurarsi il cibo subito e a qualsiasi prezzo. Si è osservato, ad esempio nei campi di concentramento, che i prigionieri pur di procurarsi un tozzo di pane erano disposti a qualsiasi compromesso, anche a venir meno ai principi morali più radicati. Si ribellano invece quelle popolazioni che avendo conosciuto in passato una vita fatta di stenti e di rinunce temono, ora che hanno raggiunto un certo benessere, di ritornare ai tempi dell’indigenza e delle privazioni.

Quello che in realtà manca nel mondo non è il cibo nel suo complesso ma la parte più pregiata di esso cioè le proteine o, per essere più precisi, gli amminoacidi essenziali. L’uomo, come abbiamo visto, ha bisogno di un minimo apporto di proteine che può essere quantificato in un grammo per ogni kilogrammo di peso corporeo. Si tratta di un dato empirico che per un adulto forse è troppo alto, mentre per un bambino è sicuramente troppo basso. Ora, in una dieta a base di carne il fabbisogno proteico viene agilmente superato ma quando il cibo è tutto vegetale, come spesso succede nei paesi poveri, il rifornimento proteico spesso è carente. La mancanza di proteine è molto evidente nelle popolazioni che si nutrono quasi esclusivamente dei tuberi amidacei di alcune piante come la manioca o l’igname, ricche di riserve d’amido, ma fornite di scarse proteine e per giunta qualitativamente carenti.

La carenza mondiale di proteine si manifesta con una malattia chiamata kwashiorkor termine che deriva da una parola africana che significa “il reietto”. Essa si riferisce ad una malattia infantile caratterizzata da secchezza della pelle e da ventre gonfio a causa di accumulo di liquidi. Questa malattia è provocata non da carenza di proteine in genere, ma di quelle necessarie per la crescita, unita ad una insufficiente quantità di carboidrati come fonte di energia. Il corpo in realtà ha bisogno in giusta misura di alimenti che forniscono proteine e di alimenti che forniscono energia. Si è notato perfino che se ad un bambino malnutrito viene somministrata una quantità eccessiva di proteine, queste vengono utilizzate per trarne energia invece che elementi plastici e quindi in quel bambino si manifestano ugualmente i sintomi dello kwashiorkor. In una dieta bilanciata le proteine, anche se presenti in piccole quantità, vengono invece risparmiate come fonte di energia e usate come alimento plastico.

Il kwashiorkor originariamente era riferito al bambino che veniva allontanato dal seno materno all’arrivo di un nuovo fratellino. Con la perdita del latte materno che rappresentava la fonte più sicura di proteine, il bambino spesso moriva perché l’ambiente non gli permetteva di trovarne altre necessarie al suo sviluppo.

La mancanza di proteine non sono l’unica causa di morte nei paesi poveri. C’è anche il problema legato alla carenza vitaminica. In verità le persone che soffrono la fame in genere non manifestano sintomi di carenze vitaminiche, per vari motivi. Innanzitutto perché il fabbisogno vitaminico, al di sopra di una quantità minima comunque indispensabile, è proporzionale alla quantità di cibo assunta e se questa è poca poche sono anche le vitamine necessarie per metabolizzarla. Le vitamine sono infatti i precursori degli enzimi i quali a loro volta sono le sostanze che agiscono chimicamente sulle molecole organiche demolendole. Se sono poche le molecole disponibili evidentemente non servono molti enzimi per demolirle e quindi non sono necessarie nemmeno molte vitamine. Inoltre bisogna tener presente che il fabbisogno di alcune vitamine, come ad esempio quelle del complesso B, aumenta notevolmente con l’aumento dell’attività fisica, ma una persona affamata è praticamente inattiva e quindi può farne a meno.

Infine vi è un altro motivo per il quale le popolazioni denutrite raramente soffrono di carenze vitaminiche. Le persone che hanno veramente fame, in genere, mangiano tutto ciò che capita loro sotto mano e non fanno certo le schizzinose di fronte a cibi magari molto nutrienti, ma poco graditi dalle persone ben nutrite. Fegato, rognone ed altre frattaglie sono cibi ricchi di vitamine così come lo sono il pane nero e alcuni alimenti di origine vegetale conservati sotto aceto. Questi alimenti spesso vengono rifiutati da chi può scegliersi il cibo entro una ricca gamma di opportunità, mentre non possono essere rifiutati da chi ha veramente fame.

Forse il fabbisogno vitaminico è legato anche alla dieta e ad uno stile di vita che è rimasto immutato per lungo tempo e ha sviluppato una flora intestinale capace di sintetizzare determinate vitamine. Si sa che le carenze vitaminiche si manifestano quando vengono abbandonati determinati stili di vita come successe ai tempi delle prime traversate oceaniche in cui i marinai, costretti a rimanere in mare per lunghi periodi di tempo, si ammalavano di scorbuto per mancanza di frutta e verdura fresca. Sappiamo anche che non tutte le persone hanno la stessa flora intestinale e quindi non è escluso che intere popolazioni abbiano sviluppato, attraverso i secoli, una particolare flora batterica capace di sintetizzare determinate vitamine che le proteggono, in questo modo, da eventuali carenze.

Possiamo concludere dicendo che coloro che hanno un effettivo bisogno di vitamine non possono comprarle mentre coloro che possono comprarle non ne hanno bisogno. Nel mondo occidentale, altamente industrializzato, il pericolo di carenze vitaminiche non esiste così come non esiste il pericolo di carenze alimentari di qualsiasi genere. Semmai esiste il pericolo contrario.

Prof. Antonio Vecchia

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