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Lontano nello spazio, lontano nel tempo

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Non è possibile vedere le cose così come effettivamente sono nel momento stesso in cui le si osserva. Ciò dipende dal fatto che la luce ha una velocità finita, anche se incredibilmente elevata. Questa velocità è di 300.000 kilometri al secondo, e rappresenta la velocità massima a cui i corpi materiali possono viaggiare.

Come tutti sanno, noi vediamo un oggetto perché la luce che parte da quell’oggetto colpisce i nostri occhi. E poiché ci vuole del tempo affinché la luce possa coprire la distanza che separa l’oggetto dai nostri occhi, è evidente che noi vedremo sempre le cose non come sono attualmente, ma come erano in passato.

Naturalmente molto dipende dalla distanza a cui si trova l’oggetto che stiamo osservando. Se ciò che si osserva è vicino, come una qualsiasi cosa che si trova sulla Terra, possiamo tranquillamente affermare che l’oggetto che stiamo osservando in questo momento è praticamente identico a come era nell’istante stesso in cui da esso è partita la luce. Quando però si osservano oggetti che stanno nello spazio lontani dalla Terra, il fatto potrebbe essere di un certo interesse perché la luce, prima di giungere ai nostri occhi, potrebbe aver viaggiato anche per molto tempo, e l’oggetto che si sta osservando in quell’istante potrebbe essere molto diverso da come era nel momento in cui da esso partì la luce.

VEDERE NEL PASSATO
La luce che proviene dalla Luna, per esempio, impiega poco più di un secondo per giungere sulla Terra e pertanto quando si osserva il nostro satellite naturale in realtà lo si vede come era un secondo prima. Il fenomeno, in questo caso, è privo di conseguenze importanti in quanto sappiamo che la Luna, un secondo prima, era esattamente identica a quella che si vede un secondo dopo, e per sincerarsene basta aspettare appunto un secondo.

Tuttavia, un fatto curioso, conseguente alla distanza che intercorre fra Terra e Luna, accadde in occasione della prima spedizione sul nostro satellite di una navetta con equipaggio a bordo. In quella circostanza fra gli astronauti e i tecnici di Cape Canaveral vi fu uno scambio di messaggi radio al quale assistette anche il pubblico televisivo. Allora fu possibile notare che le risposte degli astronauti venivano fornite con leggero ritardo rispetto al momento in cui da Terra i tecnici avevano terminato di formulare la domanda. Ciò era dovuto al fatto che il messaggio radio, che viaggia anch’esso alla velocità della luce, per giungere sulla Luna alle orecchie degli astronauti, impiegava circa un secondo. Un altro secondo, poi, era necessario affinché il segnale giungesse dalla Luna alla Terra. Quindi, dopo che da Terra i tecnici avevano finito di parlare, alla televisione si poteva notare che gli astronauti rimanevano, per alcuni istanti, silenziosi e attoniti prima di fornire la risposta.

La luce del Sole impiega otto minuti per raggiungerci e in questo caso il fatto potrebbe avere un certo interesse perché noi vediamo il Sole sempre come era otto minuti prima. Se il Sole all’improvviso si spegnesse, o addirittura, per qualche evento misterioso, scomparisse del tutto, noi continueremmo non solo a scaldarci ai suoi raggi per altri otto minuti, ma anche a girargli intorno come se niente fosse successo: le onde gravitazionali che attraggono i corpi massicci viaggiano in­fatti anch’esse alla velocità della luce. Solo dopo otto minuti dalla sparizione del Sole piomberemmo nell’oscurità più completa, voleremmo via nello spazio lungo la tangente e verremmo drammaticamente a conoscenza del fatto che il Sole è sparito dalla sua posizione naturale.

La luce che ci giunge dalle stelle può impiegare centinaia o anche migliaia di anni per coprire lo spazio che ci separa da esse. La Stella Polare, ad esempio, si trova a trecento anni luce di distanza, e la sua luce impiega quindi trecento anni per giungere fino a noi. (L’anno luce è un’unità di misura a cui in astronomia si fa frequentemente ricorso: esso corrisponde alla distanza che la luce percorre in un anno, ossia circa 10 mila miliardi di kilometri.) Pertanto, quando osserviamo la Stella Polare, vediamo in realtà un oggetto così come era trecento anni fa. Oggi quell’oggetto potrebbe essere del tutto diverso, sicuramente spostato in un’altra zona del cielo, ma potrebbe anche non esserci più.

Le galassie sono ancora più lontane. Andromeda, che è la galassia di grandi dimensioni più vicina alla Terra (ed è anche il corpo più lontano che si riesca a vedere ad occhio nudo), dista da noi un paio di milioni di anni luce; quindi, oggi, la vediamo come era due milioni di anni fa. Chissà quante cose sono cambiate in Andromeda dal giorno in cui da essa partì la luce che solo ora giunge sulla Terra!

Ci sono galassie osservabili anche a distanze di 10 o 12 miliardi di anni luce, dalle quali la luce diretta verso il nostro pianeta partì quando in realtà la Terra, che ha solo 4,5 miliardi di anni di vita, ancora non esisteva. Poiché si calcola che questi enormi ammassi di stelle si formarono miliardi di anni fa, noi, quando osserviamo galassie a distanze tanto grandi, le osserviamo in realtà come erano nella loro infanzia. Purtroppo, la visione che si ha di oggetti molto lontani è imperfetta e anche povera di particolari. Questo fatto rappresenta una forte limitazione, perché altrimenti, osservando i raggruppamenti di stelle in formazione, potremmo trarre indicazioni molto utili relativamente ai primi momenti di vita delle galassie e dell’Universo intero.

LA “LUCE LENTA”
Guardare lontano nello spazio vuol dire quindi guardare indietro nel tempo. Ciò dipende, come abbiamo visto, dal fatto che la luce ha una velocità finita, anche se molto elevata. Ma quale visione del mondo si avrebbe se la luce viaggiasse a velocità più bassa? Per farcene un’idea proviamo ad immaginare di vivere in un mondo in cui la luce viaggi a 300 metri all’ora invece che a 300.000 kilometri al secondo. Che cosa si vedrebbe ad esempio assistendo ad una partita di calcio? (Qui naturalmente dovremo supporre che non valgano le limitazioni della relatività di Einstein, per le quali niente può viaggiare più veloce della luce altrimenti non solo i giocatori in campo, ma noi stessi ci muoveremmo più lentamente delle lumache).

Innanzitutto si potrebbe tranquillamente arrivare allo stadio con mezz’ora di ritardo senza rischiare di perdere l’azione più importante della partita perché l’immagine del calcio d’inizio arriverebbe agli occhi dello spettatore, che ha trovato posto nelle gradinate di curva, dopo circa mezz’ora dall’inizio della partita stessa. Il centro del campo, che è il punto da cui ha inizio l’incontro, si trova infatti normalmente a più di cento metri di distanza dalla curva dello stadio e la luce, da quel luogo, impiegherebbe quasi mezz’ora per giungere fino al posto in cui si è sistemato il nostro spettatore.

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