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Il buco dell’ozono si riduce: nel 2025 uno dei livelli più bassi degli ultimi 30 anni

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Nel 2025 il buco dell’ozono raggiunge dimensioni insolitamente ridotte. Cosa c’è dietro questo risultato e perché è considerato storico.

Per anni il buco dell’ozono è stato il simbolo di un equilibrio ambientale compromesso. Un problema globale, invisibile agli occhi ma capace di incidere profondamente sulla salute del pianeta. Oggi, però, qualcosa sta cambiando. Le osservazioni più recenti mostrano un’evoluzione inattesa e positiva, che riporta l’attenzione su una delle poche grandi crisi ambientali in cui l’umanità è riuscita a invertire la rotta.

Nel 2025, sopra l’Antartide, il buco dell’ozono ha raggiunto dimensioni tra le più contenute degli ultimi decenni. Un risultato che non arriva per caso, ma che racconta una storia fatta di scelte politiche, ricerca scientifica e cooperazione internazionale.

Un risultato che segna una svolta storica

Secondo i dati raccolti da NOAA e NASA, durante il periodo di massima perdita di ozono — tra l’inizio di settembre e metà ottobre — l’estensione media del buco si è attestata intorno ai 18,71 milioni di chilometri quadrati. È il quinto valore più basso registrato dal 1992, un traguardo che conferma una tendenza ormai chiara.

Ancora più significativo è il fatto che la chiusura stagionale del buco sia avvenuta con quasi tre settimane di anticipo rispetto al passato. Un segnale concreto che lo strato di ozono sta lentamente recuperando la sua funzione protettiva. Rispetto al picco negativo del 2006, la riduzione complessiva supera il 30%. Nella lunga serie di osservazioni satellitari avviata nel 1979, il buco dell’ozono del 2025 si colloca al 14° posto tra i più piccoli mai registrati.

buco dell'ozono

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Lo strato di ozono si trova nella stratosfera, tra i 10 e i 50 chilometri di altitudine, e svolge un ruolo essenziale: assorbe gran parte delle radiazioni ultraviolette più dannose. Senza questa barriera naturale, aumenterebbero i rischi per la salute umana, come tumori della pelle e cataratta, ma anche i danni agli ecosistemi e all’agricoltura.

La sua riduzione, osservata a partire dagli anni ’80, era legata all’uso di sostanze chimiche contenenti cloro e bromo, come i CFC e gli halon, capaci di distruggere l’ozono innescando reazioni a catena nella stratosfera.

Il vero punto di svolta risale al 1987, con l’adozione del Protocollo di Montreal. Firmato da 197 Paesi, ha imposto l’eliminazione graduale delle sostanze responsabili della distruzione dell’ozono. Oggi gli scienziati stimano che la concentrazione di questi composti nella stratosfera antartica sia diminuita di circa un terzo rispetto ai livelli massimi dei primi anni 2000.

Secondo gli esperti, senza questo accordo internazionale il buco dell’ozono nel 2025 sarebbe stato molto più esteso, con conseguenze ben più gravi per il clima e la biosfera.

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