Con l’avvicinarsi delle festività natalizie e l’aumento di momenti conviviali, cresce anche l’attenzione verso la salute degli animali domestici e selvatici, in particolare riguardo al consumo involontario di alcol.
Negli ultimi anni, numerosi video virali hanno mostrato animali apparentemente in stato di ebbrezza, suscitando domande frequenti: gli animali possono ubriacarsi? Quali sono gli effetti dell’alcol su di loro?
La ricerca scientifica fornisce risposte dettagliate e spesso sorprendenti su questo argomento, cruciale per evitare pratiche pericolose e tutelare il benessere di cani, gatti e specie selvatiche.
Anche gli animali si ubriacano? La risposta della scienza sull’alcol lascia senza parole
L’etanolo, il principale componente dell’alcol consumato dall’uomo, non è un composto esclusivamente artificiale. La sua formazione avviene naturalmente tramite la fermentazione di zuccheri e carboidrati da parte di lieviti e microbi presenti nell’ambiente. Questo processo si verifica in diversi frutti maturi o caduti a terra, oltre che nel nettare di alcune piante. Di conseguenza, molti animali, sia selvatici che domestici, entrano in contatto con l’etanolo proprio attraverso l’alimentazione.

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Tuttavia, la capacità di metabolizzare questa sostanza varia notevolmente tra le specie, dipendendo essenzialmente dalla presenza e dall’efficienza di specifici enzimi, come l’alcol deidrogenasi e l’aldeide deidrogenasi. Questi enzimi sono fondamentali per trasformare l’etanolo in composti meno tossici e facilmente eliminabili dall’organismo.
Alcuni animali, tra cui cani, mucche ed elefanti, mostrano una ridotta capacità di smaltire l’alcol. Per questi, il consumo di alimenti fermentati ad alto contenuto di etanolo può comportare effetti tossici simili a quelli osservati negli esseri umani, con sintomi che includono disorientamento, perdita di coordinazione e in casi gravi, avvelenamento. Al contrario, altre specie – ad esempio certi insetti e mammiferi – possiedono meccanismi metabolici molto più efficienti, permettendo loro di ingerire regolarmente piccole dosi di alcol senza manifestare segni evidenti di intossicazione.
La comunità scientifica ha documentato negli ultimi anni numerosi casi di animali selvatici che si nutrono regolarmente di sostanze fermentate contenenti etanolo. Gli scimpanzé e altri primati, ad esempio, consumano frutti maturi con basse concentrazioni di alcol, ingerendo quantità paragonabili a una o due unità alcoliche umane al giorno senza mostrare effetti tipici di intossicazione. Questo suggerisce che la presenza di alcol nella dieta di alcune specie non rappresenta un fenomeno recente, ma un adattamento evolutivo consolidato.
Anche diverse specie di uccelli frugivori presentano metaboliti dell’alcol nei tessuti, confermando che l’esposizione all’etanolo attraverso il cibo è diffusa in gruppi animali diversi dai mammiferi. Un caso particolarmente interessante riguarda alcune specie di vespe, che hanno sviluppato una tolleranza estrema all’alcol. Questi insetti possono consumarne quantità elevate senza effetti negativi apparenti, grazie a mutazioni genetiche che accelerano il metabolismo dell’etanolo.
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