Il tempo

Il tempo è il bene più prezioso che abbiamo e non sappiamo con esattezza cosa sia. “Se nessuno me lo chiede – diceva Sant’Agostino, teologo e filosofo latino vissuto nel quarto secolo – conosco la risposta, ma se qualcuno me lo chiede e desidero spiegarlo, allora non lo so più”. In altri termini, il tempo, per Sant’Agostino, ma anche per gran parte di tutti noi, è facile e naturale viverlo; diventa però materia complessa, insicura, ingannevole se lo si vuole pensare o discutere.

Nei secoli le cose non cambiarono di molto e il tempo continuò ad essere un qualcosa che scorre come l’acqua di un fiume di cui non si conosce la sorgente. John Archibald Wheeler, l’eminente cosmologo americano che aveva coniato il termine “buco nero”, deceduto di recente alla bella età di quasi cent’anni, spiegava che “il tempo è ciò che impedisce che tutto accada nello stesso momento”. Si potrebbe continuare con la metafora asserendo che lo spazio serve ad impedire che tutto avvenga nello stesso luogo.

Anche Isaac Newton, che aveva inserito il tempo nelle sue equazioni del moto, non modificò il concetto iniziale. Per lui, come per Aristotele, spazio e tempo erano due entità assolute: lo spazio era il vuoto, entro il quale gli oggetti potevano muoversi ed esibirsi; mentre il tempo scorreva uniformemente senza relazione con alcunché di esterno.

Fino all’inizio del ventesimo secolo, il tempo era quindi visto come un fiume ovvero come un orologio dal ticchettio continuo e insistente e nulla poteva alterare lo scorrere di questa grandezza fisica la cui velocità era la stessa per tutti gli osservatori in qualsiasi luogo si trovassero. Ogni alterazione della velocità del tempo era legata ad una percezione soggettiva. Ad esempio, quando ero bambino il tempo passava molto lentamente e aspettavo con impazienza di diventare grande. Nell’età adulta non mi sono accorto del passare del tempo o non ci facevo caso, ed ora che sono vecchio il tempo vola via velocemente e non c’è modo di rallentarlo.

 

ORDINE E DISORDINE

Albert Einstein, agli inizi del ventesimo secolo, dimostrò che il tempo non era un’entità fisica fissa e immutabile come si era sempre pensato, ma qualcosa che veniva influenzata dalla materia e dall’energia che la stirava e la distorceva. La conseguenza di questa scoperta era che non esisteva un tempo assoluto.

Il grande fisico tedesco scoprì che il tempo scorre più lentamente in forti campi gravitazionali tanto che su un buco nero, l’oggetto più massiccio che esista nell’Universo, si fermerebbe del tutto. La stessa cosa accade per osservatori in movimento: classico al riguardo è l’esempio dei due gemelli identici di cui uno parte per un lungo viaggio nello spazio ad una velocità prossima a quella della luce e al ritorno trova il fratello molto invecchiato mentre lui è rimasto giovane. Viaggiando a velocità elevate, il tempo passa molto lentamente e si fermerebbe del tutto se la velocità fosse esattamente quella della luce.

Tuttavia, anche qualora il fiume del tempo da qualche parte scorresse più velocemente che altrove, o rallentasse in corrispondenza di ostacoli, questo ancora non spiegherebbe cosa sia realmente il tempo e sconosciuto rimarrebbe il motivo per il quale esso dovesse avere una direzione che si mantiene sempre la stessa.

La strada che avrebbe portato ad una definizione del tempo completa e coerente si ottenne osservando che tutti gli oggetti si deteriorano con l’uso. Le automobili si guastano, le scarpe che portiamo ai piedi si consumano e non riacquisteranno più l’aspetto originale. Anche le montagne lentamente si sbriciolano e i frammenti rotolano a valle per non ritornare più da dove sono partiti. Il profumo che esce dalla boccetta invade l’ambiente e non rientrerà in nessun caso nel contenitore da cui è uscito. Infine lo stesso corpo umano degenera e tutto ciò, a quanto pare, si realizza spontaneamente.

Questi esempi suggeriscono che il tempo scorre in un’unica direzione cioè verso quella nella quale le cose sono destinate a deteriorarsi e in generale si osserva che con il passare del tempo l’ordine si dissolve nel disordine, che quindi aumenta incessantemente. Questa osservazione è contenuta nel cosiddetto “Secondo principio della termodinamica”, che afferma che in assenza di una forza esterna organizzatrice, gli oggetti tendono a muoversi verso il maggior disordine o, come dicono i fisici, verso una maggiore entropia. Si tratta, in altri termini, della cosiddetta legge di Murphy (William Parry Murphy, medico statunitense premio Nobel nel 1934): le cose vanno sempre per il peggio.

Il celebre fisico inglese Stephen Hawking usò, per chiarire questo concetto, l’analogia del puzzle facendo notare che c’è una sola disposizione delle tessere che forma la figura completa, mentre sono moltissime le disposizioni in cui le tessere sono disordinate e non formano una figura significativa. Avendo osservato che il tempo è intimamente legato al fatto che le cose tendono a confondersi e disorganizzarsi, avvertiamo in modo naturale lo scorrere del tempo e poniamo la tazzina del caffé intera sul tavolo e le scarpe nuove nel passato rispetto ai cocci della tazzina caduta a terra e alle scarpe con le suole bucate. È quindi possibile passare dalla tazzina integra sul tavolo e dalle scarpe nuove, nel passato, alla tazzina rotta sul pavimento e alle scarpe con le suole bucate nel futuro, ma non viceversa.

Le osservazioni dei fenomeni macroscopici dovrebbero avere origine dal funzionamento degli atomi e delle molecole che li compongono. In realtà, contrariamente a ciò che accade nel mondo che ci circonda, il regno delle particelle microscopiche sembra non seguire alcuna distinzione fra passato e futuro. Se immaginiamo di filmare gli atomi di elio che riempiono il palloncino che i bambini trattengono con una cordicella, non noteremo alcuna differenza girando il film al contrario, dal momento che il movimento degli atomi all’indietro sarebbe altrettanto compatibile con le leggi della fisica. Non così se si filmasse la tazzina che cade dal tavolo a finisce a terra in mille pezzi; la scena, girata al contrario, non sarebbe conciliabile con la realtà che noi conosciamo.

 

L’ ORIGINE

La teoria più accreditata prevede che l’Universo sia nato dalla cosiddetta particella quantistica, un oggettino estremamente piccolo fatto praticamente di niente, ma ricco di potenzialità, da cui sarebbe scaturita ogni cosa, compreso il tempo. Il dubbio è che all’inizio il tempo, come la materia e l’energia, non abbia avuto le proprietà che ha ora. Sappiamo che nei primi istanti di vita dell’Universo, quando la temperatura e la densità presentavano valori eccezionali, non c’erano atomi e molecole necessari alla formazione degli oggetti materiali e della vita. E come allora la materia non aveva le sembianze che ha oggi, forse anche il tempo non aveva le caratteristiche che attualmente gli riconosciamo.

Abbiamo visto che il secondo principio della termodinamica si fonda sul fatto che gli stati disordinati sono in numero molto maggiore di quelli ordinati. Quale significato dobbiamo trarre da questa osservazione per la cosmologia? Abbiamo scoperto, attraverso osservazioni molto precise e ripetute, che l’Universo si sta espandendo e che se il fenomeno dovesse durare ancora per molti miliardi di anni, esso dissiperebbe tutta la sua energia e diventerebbe del tutto incapace di contrastare l’entropia. Il disordine diverrebbe allora totale e nell’Universo non vi sarebbero che particelle vaganti senza un fine preciso.

Si sa che qualora vi fosse materia sufficiente, l’Universo un giorno smetterebbe di espandersi e comincerebbe a contrarsi. Da questa osservazione Hawking trasse la convinzione che in quel caso anche l’entropia si rovescerebbe e si ripristinerebbe l’ordine. Gli stati disordinati diventerebbero gradualmente più ordinati: i frammenti della tazzina si raccoglierebbero a riformare la tazzina intera e le molecole di profumo sparse nell’ambiente rientrerebbero nella boccetta da cui erano uscite. L’idea di Hawking, come abbiamo visto, si basava sul fatto che le leggi della fisica non sono vincolate dalla direzione del tempo al contrario di quello che succede nella vita quotidiana in cui il tempo procede in un’unica direzione.

Ben presto il fisico inglese dovette però ricredersi e confessare che aveva preso un abbaglio. Capita anche agli scienziati più affermati di sbagliarsi e rinnegare le proprie idee. Successe la stessa cosa per esempio ad Einstein quando definì la costante cosmologica, da lui introdotta nel tentativo di costruire un modello statico di Universo, come l’errore più grave di tutta la sua carriera scientifica. In un Universo senza limiti o confini qual è quello in cui viviamo, le leggi della fisica varrebbero in qualsiasi punto del tempo e dello spazio. Quindi non vi sarebbe l’inversione del tempo durante la fase della contrazione: il tempo continuerebbe a scorrere nella direzione in cui siamo abituati anche quando l’Universo dovesse cominciare a collassare su sé stesso.

L’idea che in un Universo che andasse all’indietro si potesse vivere la propria esistenza al contrario, ossia dalla morte alla nascita, non poteva funzionare in quanto gli esseri viventi per crescere devono in ogni caso consumare cibo, che è una forma ordinata di energia, e convertirlo in calore, che è una forma disordinata di energia, contribuendo in questo modo ad aumentare ulteriormente l’entropia dell’ambiente.

Subito dopo che l’Universo è comparso praticamente dal nulla, la natura del tempo deve essere stata interessata da qualche strano fenomeno quantistico in cui gravità, relatività einsteiniana e principio di indeterminazione si sarebbero fuse insieme dando al Cosmo la forma e la sostanza che conosciamo. I fisici da alcuni anni a questa parte sono alla ricerca di una teoria unificante completa che includa tutte le teorie parziali note che descrivono un ambito limitato di fenomeni o li considerano usando valori approssimativi.

Lo stesso Einstein aveva dedicato gli ultimi anni della sua vita nella ricerca infruttuosa di una teoria unificata ma i tempi non erano maturi: si conoscevano, a quel tempo, solo due forze (gravità e elettromagnetismo) mentre non si sapeva quasi nulla delle forze nucleari. Il grande fisico tedesco si rifiutava inoltre di credere nella realtà della meccanica quantistica (rimane famoso il suo “Dio non gioca a dadi”) nonostante avesse egli stesso contribuito alla sua formulazione. Sembra invece che il principio di indeterminazione costituisca un ingrediente fondamentale dell’Universo in cui viviamo. Una teoria unificata per poter raggiungere il suo obiettivo dovrà quindi necessariamente incorporare questo principio.

Oggi le prospettive di trovare una teoria unificata sembrano migliori che in passato perché sappiamo molto di più sulle leggi di natura. Al momento abbiamo un certo numero di teorie parziali come la relatività generale e le cosiddette grandi teorie unificate (GUT) che mettono insieme la forza debole, quella forte e quella elettromagnetica, le quali però non sono ancora molto soddisfacenti in quanto non includono la gravità. La difficoltà principale nel trovare una teoria che unifichi la gravità con le altre forze è data dal fatto che la relatività generale è una teoria classica cioè una teoria che non ingloba il principio di indeterminazione della meccanica quantistica. Le altre teorie parziali, dal canto loro, dipendono in modo essenziale dalla meccanica quantistica.

Un’ipotesi molto recente in grado di spiegare tale situazione è la cosiddetta Teoria M in cui M starebbe per Madre di tutte le teorie ma per alcuni significherebbe Magia o Mistero. Si tratta di una teoria che prevede l’esistenza di più dimensioni (forse dieci o undici) rispetto alle quattro (tre spaziali ed una temporale) che conosciamo e che sarebbe in grado di spiegare con maggiore precisione la forma e le sembianze dell’Universo in cui viviamo.

A complicare ulteriormente le cose recentemente i fisici hanno rimesso in discussione l’origine del tempo che non sarebbe avvenuta nel momento del big bang. Ciò sarebbe conseguenza del fatto che l’espansione dell’Universo invece che rallentare, come si era sempre pensato, sta accelerando la sua corsa. Vi sono delle osservazioni molto chiare e precise che mettono in evidenza questo fenomeno.

 

INGANNARE IL TEMPO

     Abbiamo visto che il tempo muove inesorabilmente in avanti eppure l’umana natura non sa rassegnarsi a questo fatto. Durante la sua breve sosta su questa Terra, l’uomo conduce una lotta incessante e ostinata per battere il tempo, per manipolarlo ai suoi propri fini facendolo accelerare o rallentare per strappare al suo inarrestabile percorso un istante che possa essere vissuto in fretta, riassaporato o almeno ricordato.

Il giovinetto, rivivendo le gesta degli eroi del passato, si sente vicino a quei personaggi forti e coraggiosi; la signora crede di rimandare gli anni spendendo cifre iperboliche nei saloni di bellezza, nelle palestre, sui lettini a farsi massaggiare da mani possenti o sottoporsi a diete esasperanti nel tentativo di oscurare gli attacchi del tempo. La vecchiaia è a tal punto aborrita che si tenta talvolta di negarne l’esistenza chiamando i vecchi “cittadini della terza età”. Gli anziani cercano di sfuggire all’avanzare degli anni pronunciando eufemismi come “si è vecchi solo nella misura in cui ci si sente vecchi”. Alle donne, in certi casi, è riconosciuto il privilegio di nascondere gli anni. Alcune persone, naturalmente di sesso maschile, ritengono che le donne abbiano l’età che dimostrano mentre gli uomini hanno l’età che sentono di avere.

È di prammatica per chi si rechi a Parigi una visita alla famosa La Fayette, il grande magazzino in cui si vende un po’ di tutto e dove esiste un reparto molto grande di profumi, creme di bellezza e svariati oggetti per il trucco, frequentato soprattutto da donne, ma non solo. In realtà in quel reparto parigino dei grandi magazzini non si vendono profumi o belletti ma un po’ di giovinezza. Ogni boccetta, ogni crema promette di ingannare leggermente il tempo.

Ebbene, basta fermarsi per alcuni minuti in prossimità di quei banchi e di quegli scafali per notare che le richieste degli avventori sono rivolte più che ai prodotti in sé, agli effetti che questi dovrebbero generare sul loro corpo. Vi sono pubblicizzate creme che renderebbero la pelle liscia e luminosa, altri prodotti defolianti che rigenerano la pelle facendole assumere una struttura tonica e distesa e tante altre essenze profumate dalle proprietà miracolose. Ogni boccetta, ogni crema, promette di ringiovanirci.

Anche gli uomini, come le donne, spendono grandi cifre per gli stessi prodotti: essi comprano il tempo, ma questo non è un reato, né una vanità. L’uomo esercita soltanto un suo diritto, combattendo una battaglia che i filosofi conducono con la lettura e con lo studio della storia e delle opere dei loro predecessori, e gli astronomi scrutando i cieli.

Soltanto la morte pone fine alla lotta dell’individuo contro il tempo che passa. In realtà non basta nemmeno la morte a convincere l’uomo della fine: quasi tutti infatti cercano una estensione dell’immortalità fisica, trasmettendo i propri geni ai figli; storica, con le opere da lasciare alle generazioni future; spirituale, con la promessa della vita eterna che fanno tutte le religioni.

“Chiunque creda in Dio non perirà, ma avrà vita eterna”. Questa promessa di immortalità, col trionfo finale dell’individuo sul tempo, è al centro della nostra ma anche di molte altre religioni. La speranza di una rinascita fisica nel Regno di Dio, una terra al di sopra dei cieli, un mondo migliore, esente dalle ingiustizie e dalle frustrazioni di questa esistenza terrena, esprime in fondo, il rifiuto dell’uomo di rassegnarsi alla morte con l’oblio totale di sé stesso. È questa credenza che offre all’uomo, al termine del proprio arco fisico d’esistenza, l’ultima e migliore occasione di conquistare il tempo.

Concludiamo questa lunga e dettagliata ricerca con la stessa affermazione con la quale avevamo iniziato ossia che la verità rimane una sola, ovvero che il tempo non sappiamo esattamente cosa sia, ma c’è.

Prof. Antonio Vecchia

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