Il sesto senso

I SENSI TRADIZIONALI

     I sensi, come si sa, sono cinque: tatto, odorato, gusto, vista e udito. Gli organi adibiti alle specifiche funzioni sono la pelle, il naso, la lingua, gli occhi e le orecchie. Essi vengono anche chiamati “recettori” ossia ricevitori di stimoli provenienti dall’ambiente esterno, ma a rigore il termine dovrebbe essere riservato alle singole molecole sensibili e non all’organo intero. Esiste un sesto senso? Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo analizzare un po’ meglio i sensi tradizionalmente riconosciuti come tali.

Cominciamo con il senso del tatto, il quale non è affatto un unico senso e non è difficile provarlo. Se si agisce con una punta fredda, senza premere troppo sul dorso della mano è possibile individuare i punti sensibili al freddo. Con lo stesso stilo metallico riscaldato leggermente sulla fiamma si possono individuare i punti caldi, i quali a volte coincidono con i freddi e a volte no. Anche il gomito, come ben sa la mamma che lo immerge nell’acqua preparata per il bagnetto del bambino, presenta molti corpuscoli sensibili alle variazioni di temperatura. La pelle non è solo sensibile al caldo e al freddo ma anche al contatto e alla pressione meccanica, un senso quest’ultimo distinto da quello del contatto. Vi è poi un ulteriore senso cutaneo che è quello del dolore, i cui punti sensibili sono distribuiti indipendentemente dagli altri, ma a volte non sono altro che stimoli termici o meccanici esageratamente intensi.

Quello del tatto non è l’unico senso multiplo: anche il gusto recepisce infatti un insieme di sapori. In realtà gran parte di quello che definiamo senso del gusto è odorato. I piaceri della tavola dipendono infatti in larga misura dal naso e lo si capisce bene quando un forte raffreddore occlude completamente le cavità nasali. I sapori che riusciamo a percepire sulla lingua e non sul palato, come una convinzione popolare attribuisce alla parte superiore del cavo orale, sono quattro: dolce, salato, aspro e amaro diversamente distribuiti sulla mucosa linguale. Lo stesso discorso può essere fatto con il senso dell’odorato (o olfatto).

Nemmeno l’orecchio ha un’unica funzione; oltre a sentire i suoni, esso è responsabile anche dell’equilibrio, ovvero avverte le variazioni della posizione della testa nello spazio e per questo motivo più correttamente viene chiamato “organo statoacustico”.

Per quanto riguarda l’occhio, esso è adibito solo alla visione e vede non solo se stimolato dalla luce ma anche da qualsiasi altro impulso, come ad esempio da un’azione meccanica: un forte pugno sull’occhio “fa veder le stelle”.

 

ESISTONO ALTRI SENSI?

Abbiamo visto che il numero dei sensi è ben superiore ai cinque che convenzionalmente vengono identificati. Ad esempio, a ciò che si indica con il termine generico di “tatto” occorre aggiungere le sensazioni termiche e dolorifiche. E con questo non si è ancora terminato di parlare delle sensazioni, poiché esiste anche il senso che ci informa della posizione del nostro corpo nello spazio. Infine vi sono le sensazioni interne o generali relative al sistema nervoso vegetativo di cui ci limitiamo a fare un cenno.

Esistono sensi che rivelino eventi fisici diversi dalle onde sonore e luminose, dalle reazioni chimiche o dal contatto di un corpo con un altro? Forse sì. Ogni tanto si sente parlare di alcuni personaggi dotati di eccezionali capacità di intuire e prevedere gli eventi. Essi sarebbero in grado di assumere informazioni di varia natura da un’altra persona senza intermediazioni fisiche note. In tali casi si parla di “percezione extrasensoriale”.

Il problema è analizzato, in modo diverso, dalla stampa non scientifica e dai rappresentati della comunità scientifica. Benché la stampa non specializzata dedichi molto spazio all’argomento e prenda in seria considerazione la possibilità che esista effettivamente un sesto senso, gli scienziati danno poco credito a questa eventualità e prestano poca attenzione a tale problema. Il motivo per cui l’ambiente scientifico sia piuttosto scettico nei confronti di questo tema, si può riassumere in due fattori che contribuiscono a determinare tale atteggiamento.

Innanzitutto le prove portate a favore del fenomeno non si sono dimostrate riproducibili da parte di altri scienziati e pertanto esse non soddisfano il criterio scientifico della ripetibilità. Un punto di forza del metodo scientifico è che tutti possono verificare che i risultati di una determinata scoperta sono trasparenti e non mostrano parti oscure o misteriose. Quindi lo scienziato ha il dovere di spiegare, nei minimi dettagli, come fare, ad esempio, per riprodurre l’esperimento da lui eseguito in modo che lo stesso possa essere ripetuto e che il medesimo risultato sia ottenuto da un’altra persona in una qualsiasi altra parte del mondo. Per ogni sperimentatore che ha riferito indizi positivi dell’esistenza di percezioni extrasensoriali, ovvero di un sesto senso, ve ne sono tanti altri, ugualmente competenti e attenti alle loro indagini, che hanno sperimentato solo indizi negativi.

Il secondo motivo di perplessità da parte della comunità scientifica è la constatazione che non risulta possibile far rientrare il fenomeno, di cui si parla, in un qualsiasi modello concettuale noto della scienza. In che modo si può identificare con chiarezza un messaggio che si trasmette attraverso misteriose “onde psichiche” che il mondo fisico non conosce? È vero che un fatto può esistere anche se misterioso, tuttavia lo scienziato preferirebbe disporre di qualcosa di concreto su cui ragionare. Alcuni sperimentatori, convinti dell’esistenza di un sesto senso, asseriscono che si tratta di una capacità delicata, che va perduta in presenza di persone con disposizione d’animo ostile. La stessa affermazione viene fatta per convincere gli scettici di un miracolo.

Per completezza di informazione è opportuno riferire di una ricerca condotta nei primi anni del nuovo millennio, che dimostrerebbe l’esistenza del sesto senso. Si è trattato di una specie di gioco a cui hanno partecipato alcuni ragazzi che dovevano fare delle scelte su di una serie di oggetti che cambiavano improvvisamente di dimensione e di posizione senza che fosse dato loro il tempo di razionalizzare l’evento.

Non si è trattato quindi della scoperta di un vero sesto senso quanto piuttosto della individuazione di una zona del cervello in grado di elaborare in modo sofisticato le informazioni derivanti dai nostri soliti cinque sensi. Chiamare quindi sesto senso questa facoltà è improprio. Quello che si è scoperto è invece che in una determinata area del cervello risiede un sistema di allarme, che ci avverte per tempo quando qualcosa non va o quando qualche nostra azione potrebbe compromettere la nostra incolumità. Si tratta quindi di una specie di campanello di allarme che ci fornisce informazioni utili per aggiustare la “rotta” dei nostri comportamenti e metterci al riparo dai pericoli.

Prof. Antonio Vecchia

Reply