I nomi dei giorni e dei mesi

Il termine “mese” deriva dal latino mensis che vuol dire mese, ma anche Luna e infatti nella lingua tedesca rimane questo significato coincidente nei vocaboli Mond che si traduce con Luna e Monatche si traduce con mese. Questa parola, a sua volta, trae origine dalla radice indoeuropea MĒ che significa misurare.

Nell’antico calendario romano l’anno cominciava col primo martius (mese sacro a Marte) a cui seguiva aprilis (dal latino aperire = aprire, con chiaro riferimento all’aprirsi della terra ai nuovi frutti), seguiva maius (dedicato a Maia, divinità propiziatrice della fecondità della terra), junius (dedicato a Giunone) e quindi quintilius (quinto mese) che verrà successivamente cambiato in Iulius (luglio) in onore di Giulio Cesare che era nato in quel mese. La stessa cosa accadrà per il sesto mese, sextilis, che verrà cambiato in Agustus per onorare Augusto imperatore, quindi seguivano september, october, november e december che erano rispettivamente il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese dell’anno.

L’antico calendario romano era un calendario rustico che serviva per regolamentare i lavori agricoli che iniziavano con la buona stagione e si concludevano con l’inizio dell’inverno. Esso contava quindi solo 10 mesi e trascurava i due più freddi in cui non si svolgevano lavori nei campi. Il re Numa Pompilio, nel VII secolo a.C., completò il vecchio calendario aggiungendovi i due mesi mancanti cui dette i nomi rispettivamente di januarius (in onore di Giano) che divenne l’undicesimo mese e februarius (da februus = purificante, festa della purificazione che si celebrava alla metà di questo mese) che quindi divenne l’ultimo mese del nuovo calendario romano.

Successivamente verso la metà del II secolo a.C. l’inizio dell’anno civile, per motivi di organizzazione militare, venne spostato al 1° gennaio. Così l’undicesimo e il dodicesimo mese divennero rispettivamente il primo e il secondo mese dell’anno. In questo modo, il mese dedicato a Giano (gennaio), il dio che veniva rappresentato bifronte perché presiedeva gli ingressi, diventava il più adatto a chiudere la porta del vecchio anno e ad aprire quella del nuovo.

Le date venivano indicate con riferimento a certi giorni fissi fondamentali: il primo di ogni mese era detto calendae (dal latino calare = chiamare a raccolta, convocare) e corrispondeva al primo apparire della Luna nuova. In quel giorno il Pontifex Minor (i pontefici, nella Roma antica, erano coloro che avevano il compito di conservare e interpretare le tradizioni giuridico-religiose e di promuovere e sorvegliare le manifestazioni del culto) convocava il popolo sul colle Capitolino per annunciargli il principio del mese. Questi giorni non esistevano nel calendario greco, donde la frase scherzosa “rimandare alle calende greche”, già usata dagli antichi Romani per significare un rinvio a tempo indeterminato, a un giorno che non verrà mai. Il settimo giorno dei mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre e il quinto dei restanti mesi erano detti nonae (dal latino nonus che vuol dire il nono con riferimento al nono giorno prima delle idi). Il quindicesimo o il tredicesimo, a seconda della lunghezza dei mesi, detti idi (dal latino idus, parola di etimologia incerta), erano i giorni che dividevano il mese in due parti quasi uguali. Poiché questi giorni, nell’antico calendario lunare dei Romani, coincidevano con il plenilunio, e quindi con le notti più luminose, forse il termine idus deriva da dies (giorno) e la consacrazione di questi giorni a Giove, padre di Apollo, dio della luce, ne darebbe ulteriore conferma.

I nomi dei giorni della settimana furono assegnati dai babilonesi ed ereditati, successivamente, dai Romani. Essi traggono origine dai corpi celesti in movimento fra le stelle fisse. Questi corpi celesti sono praticamente i componenti del sistema solare visibili ad occhio nudo: il Sole, la Luna e i cinque pianeti noti fin dall’antichità. Gli astrologi del tempo pensavano che i corpi celesti governassero a turno ciascuno un’ora del giorno a partire dalla prima delle ventiquattro in cui era diviso il giorno stesso. La prima ora del primo giorno della settimana, che a quel tempo era il sabato, apparteneva a Saturno e dal nome del pianeta più lontano deriva il nome del primo giorno della settimana. In inglese sabato si dice «Saturday» che corrisponde al latino Saturni dies.

Dal più lontano al più vicino alla Terra i sette corpi celesti erano i seguenti: Saturno, Giove, Marte, Sole, Venere, Mercurio e Luna e ripetendo la sequenza dei pianeti per tre volte (3×7=21) si arriva alla ventunesima ora del sabato, corrispondente alla Luna, alla quale, aggiungendo altri tre pianeti, si individua Marte che era il pianeta deputato a governare l’ultima ora del sabato. Il pianeta successivo, il Sole, guidava pertanto la prima ora del giorno seguente. Il giorno successivo al sabato era quindi il giorno del Sole, nome che si ritrova nell’inglese «Sunday» e nel tedesco «Sonntag», ma che è stato successivamente sostituito con domenica (giorno del Dominus, cioè del Signore) da Costantino, l’imperatore romano convertitosi al Cristianesimo.

Ripetendo quindi come prima per tre volte la serie completa dei corpi celesti e saltando alla fine tre astri si arriva alla prima ora del terzo giorno della settimana, il lunedì che prende il nome dalla Luna (in latino lunae dies). Poi c’è il giorno di Marte (in inglese «Tuesday» dal nome nordico di questo pianeta: Tiw); quindi segue il mercoledì il giorno di Mercurio (in inglese «Wednesday» dal nome nordico di Mercurio: Woden). Dopo il mercoledì c’è il giovedì (in inglese «Thurday» dall’equivalente nordico di Giove: Thor) e infine il venerdì che prende il nome da Venere (in inglese «Friday», da Fria nome nordico di Venere).

In inglese i nomi dei giorni della settimana, come abbiamo visto, derivano dalla mitologia anglosassone in cui si sono inseriti i nomi di alcuni dèi nordici. Successivamente gli antichi conquistatori romani si riferirono agli stessi astri per indicare i nomi della settimana, ma ne sostituirono due legandoli alla religione: il nome pagano del giorno dedicato a Saturno fu sostituito con sabato ovvero il “giorno del riposo”, dal termine ebraico shabbat, e quello dedicato al Sole con domenica cioè il “giorno del Signore”.

Presso gli Ebrei antichi ogni settimo anno cessava il lavoro nei campi, venivano liberati gli schiavi ebrei e ci si asteneva dalla riscossione dei crediti. Attualmente nell’ordinamento universitario di molti Paesi è previsto l’anno sabbatico, ossia la concessione ai docenti, in genere ogni sette anni di servizio, di essere esonerati dall’insegnamento per dedicarsi esclusivamente alla ricerca scientifica; analoga concessione è prevista per altri professionisti, ad esempio giornalisti, come periodo di aggiornamento professionale.

Prof. Antonio Vecchia

Reply