Neutrini come cationi

Già ottant’anni fa Ettore Majorana, il fisico teorico nato a Catania nel 1906 e scomparso nel nulla a soli 32 anni, aveva previsto che in particolari condizioni le particelle elementari potessero assumere massa immaginaria. Quello relativo ad un oggetto di massa immaginaria è un concetto piuttosto complesso: è immaginaria la radice quadrata di un numero negativo come ad esempio la radice quadrata di -25. Questa può essere espressa come prodotto della radice quadrata di +25 per la radice quadrata dell’unità negativa: il risultato sarà quindi 5 moltiplicato per la radice quadrata di -1 che non esiste e viene indicata con la lettera i. Malgrado il nome i numeri immaginari non sono entità fantastiche, ma al contrario vengono usati in moltissimi problemi di notevole concretezza come ad esempio per definire i tachioni, ossia quelle ipotetiche particelle che dovrebbero viaggiare a velocità superiori a quella della luce. Interpretando il lavoro teorico di Majorana i fisici ritengono che i neutrini, violando i limiti imposti dalle equazioni della Teoria della relatività ristretta, potrebbero veramente diventare tachioni se fossero costretti ad attraversare un materiale molto denso. La strana idea del geniale fisico siciliano sembra essersi concretizzata, perchè in effetti ciò è avvenuto nel percorso sotterraneo di questi eludibili corpuscoli dall’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra al rivelatore di neutrini sistemato sotto il Gran Sasso.

 

L’ESPERIMENTO

Il 23 settembre del 2011 vi fu l’annuncio, da parte dei responsabili dell’esperimento OPERA (acronimo di Oscillation Project with Emulsion–tRacking Apparatus), che i neutrini lanciati dall’acceleratore di particelle del CERN di Ginevra (Svizzera) in direzione del rivelatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) del Gran Sasso in Abruzzo, avrebbero percorso i circa 732 kilometri che separano le due strutture di fisica sperimentale a velocità superiore a quella della luce.

I neutrini sono particelle estremamente piccole (tanto che quando vennero isolate si pensava fossero senza massa), che interagiscono molto debolmente con la materia ordinaria. Nell’Universo ve ne è un numero sterminato, tuttavia, essendo trascurabili i loro effetti gravitazionali a grande scala, non sembra rappresentino la misteriosa materia oscura, quella enorme quantità di materia presente nello spazio cosmico, che non emette e non assorbe luce, ma che tuttavia è rilevabile per i suoi effetti gravitazionali.

Si conoscono tre tipi diversi di neutrini: elettronico, muonico e tauonico ed è proprio grazie a questa scoperta che si è potuto determinare la loro massa. I neutrini infatti oscillano ovvero cambiano identità durante il loro percorso, passando da un tipo all’altro. Come diretta conseguenza di questo fenomeno, si deve dedurre che abbiano una massa, seppur piccolissima. Dopo mille tentativi andati a vuoto si è scoperto finalmente che la massa del neutrino dovrebbe essere un milionesimo di quella dell’elettrone che a sua volta è la particella più piccola di cui sia stata determinata con precisione la massa (10-23 g). Se il neutrino ha massa esso, come tutti gli oggetti materiali, non dovrebbe viaggiare a velocità maggiori di quella della luce, ma nemmeno alla velocità della luce stessa che è concessa solo al fotone proprio perché si tratta di una particella priva di massa.

L’esperimento che ha condotto alla misurazione della velocità dei neutrini è iniziato tre anni fa e ha coinvolto decine di scienziati. I risultati sono stati controllati con molto scrupolo: tuttavia nella scienza, perché un esperimento possa avere credito, deve essere ripetuto in modo indipendente e confermato da nuove misure. Attualmente è in corso un’intensa attività sperimentale tesa a verificare la correttezza delle misure del rivelatore OPERA, ma sono anche in allestimento esperimenti simili al nostro negli Stati Uniti e in Giappone.

In verità, alcuni anni fa, al Fermilab di Chicago era stato registrato l’arrivo di alcuni neutrini che avevano viaggiato a velocità superiore a quella della luce, ma le misurazioni si rivelarono piuttosto incerte e potevano essere confuse con gli errori sperimentali che accompagnano qualsiasi misura eseguita dall’uomo. Anche nel 1987 fu registrato l’arrivo di neutrini provenienti dalla Supernova 1987A lontana 168 mila anni luce (alcuni miliardi di miliardi di kilometri). Tre osservazioni indipendenti eseguite in Giappone, negli Stati Uniti e in Russia registrarono l’arrivo dei neutrini associati ai fotoni che si erano generati dalla stessa stella massiccia nel momento dell’esplosione. Tremila miliardi di neutrini giunsero sul nostro pianeta tre ore prima dei fotoni provenienti dalla stessa fonte. Questo anticipo sulla luce non era dovuto alla velocità maggiore, ma al fatto che i neutrini erano partiti prima dei fotoni. È stato calcolato che se in quell’occasione la velocità dei neutrini fosse stata quella registrata nell’esperimento OPERA, essi sarebbero dovuti arrivare non tre ore, ma tre anni prima dei fotoni.

 

LE CONSEGUENZE

La verità è che la scoperta, se fosse confermata, metterebbe in crisi l’intero panorama di teorie fisiche note a partire da quelle relativistiche di Einstein. Questo è il motivo per il quale l’annuncio ha suscitato un grande clamore, ma anche molto scetticismo. Le teorie della relatività di Einstein sono infatti sostenute da innumerevoli osservazioni sperimentali che le nuove scoperte non possono cancellare. Come è noto esistono due teorie della relatività: quella “ristretta” (o speciale) del 1905 che riguarda solo i sistemi in moto rettilineo uniforme e quella “generale” formulata nel 1916 che descrive la gravità non come una forza, ma come conseguenza del fatto che lo spazio è pieno di avvallamenti generati dagli oggetti massicci in esso presenti; avvallamenti  nei quali scivolano i corpi più leggeri dando la sensazione di essere attratti da quelli più pesanti.

La prima teoria afferma che la velocità della luce è una costante universale che viaggia sempre a 300 mila kilometri al secondo nel vuoto. Sia che un oggetto luminoso stia fermo sia che si muova verso l’osservatore o in direzione opposta la velocità della luce che emette (ovvero dei fotoni, che rappresentano le particelle nelle quali la luce è impacchettata) è sempre la stessa. La velocità della luce rappresenta inoltre un limite invalicabile nel senso che qualsiasi oggetto deve muoversi sempre a velocità inferiori a quella della luce. Ma questa non è l’unica conclusione a cui giunge la teoria di Einstein.

Dalla nota equazione E=mc2 si evince che un corpo diventa sempre più pesante a mano a mano che prende velocità fino a diventare di massa infinita nel momento in cui raggiunge la velocità della luce; a quel punto diventerebbe infinita anche l’energia necessaria per accelerarlo ulteriormente. Entrambi questi eventi sono impossibili per i corpi materiali mentre il fotone, che è privo di massa, può (anzi deve) viaggiare alla velocità massima consentita.

La seconda teoria della relatività, quella generale, prevede inoltre che viaggiando a velocità prossime a quelle della luce il tempo rallenti. È noto al riguardo l’esempio dei due gemelli di cui uno parte per un lungo viaggio nel cosmo a velocità prossima a quella della luce e quando ritorna trova il fratello molto invecchiato mentre lui è rimasto giovane. I due gemelli non sono più tali! Se ora un uomo viaggiasse a velocità maggiore di quella della luce per lui il tempo tornerebbe indietro e potrebbe essere coinvolto in fatti assurdi e incresciosi. Quell’uomo ad esempio potrebbe uccidere sua madre prima che questa lo mettesse al mondo ma in tal caso il matricida non sarebbe mai nato e quindi non avrebbe nemmeno potuto uccidere quella che sarebbe diventata sua madre.

Inoltre, qualora esistessero oggetti più veloci della luce, verrebbe violato il principio di causalità ovvero il verificarsi di un effetto prima dell’evento che lo causa. Se ad esempio una persona disponesse di un telefono tachionico e inviasse un messaggio ad un amico che sta viaggiando su un’astronave e questi rispondesse usando un telefono dello stesso tipo la risposta arriverebbe alla persona che gli ha telefonato prima che quest’ultima lo avesse chiamato.

Qualora le misurazioni fossero esatte, prima di buttare via il lavoro di Einstein, si dovrebbe almeno tentare di correggere o integrare le teorie esistenti. Allo stesso modo, se un oggetto non funziona più bene, prima di disfarsene e comprarne uno nuovo, bisognerebbe vedere se fosse possibile aggiustare quello che si ha, soprattutto se si trattasse di un apparecchio molto costoso. Occorre pertanto prestare molta ma molta cautela prima di trarre conclusioni affrettate. Innanzitutto si dovrebbe verificare l’accuratezza dei dati ricavati dalla osservazione degli oltre 15 mila neutrini registrati dal rivelatore OPERA nel corso di tre anni di osservazioni. Ci si è chiesti ad esempio se siano stati sincronizzati a dovere gli orologi a Ginevra e al Gran Sasso, e se sia stata controllata la posizione esatta del rivelatore sistemato all’interno della montagna sotto uno spessore di rocce di 1400 metri.

In verità è stata misurata più volte e con molto scrupolo la distanza fra la sorgente e il rivelatore e cronometrato con la massima precisione possibile il tempo di volo dei neutrini. La distanza fra l’origine del fascio di neutrini e OPERA comprende un’incertezza di soli 20 centimetri su un percorso di 732 kilometri. Inoltre, il tempo di volo dei neutrini è stato determinato con una precisione di meno di 10 nanosecondi (miliardesimi di secondo) utilizzando sofisticati strumenti di misura e orologi atomici. Dopo molti mesi di studi e di controlli incrociati i fisici non hanno trovato alcun effetto dovuto alla strumentazione in grado di spiegare il risultato della misura. In definitiva i valori registrati sono stati i seguenti: i neutrini partiti dal CERN sono arrivati al Gran Sasso con un anticipo, rispetto ai fotoni, di 60 miliardesimi di secondo; in pratica i neutrini hanno tagliato il traguardo con 18 metri di vantaggio sui fotoni, viaggiando ad una velocità di circa 306.000 kilometri al secondo invece dei 299.792,458 km/s precisi dei fotoni.

 

LE CONCLUSIONI

Se le future misurazioni confermassero quelle di OPERA, sarebbe necessario riscrivere i libri di fisica? Come abbiamo già detto, prima che venisse buttato all’aria l’intero panorama di teorie fisiche sono stati effettuati minuziosi controlli ed avanzate numerose ipotesi per giustificare i dati forniti dal rivelatore OPERA. Si è pensato ad esempio che i neutrini lungo il percorso abbiano potuto prendere una scorciatoia penetrando per qualche istante all’interno di una dimensione nascosta. La teoria delle stringhe proposta dal fisico italiano Gabriele Veneziano, che immagina le particelle elementari non come enti puntiformi ma come fili vibranti (appunto le stringhe), prevede anche la presenza di ben 10 dimensioni di cui solo quattro (tre spaziali ed una temporale) avvertibili con i nostri sensi. Le dimensioni extra ripiegate su sé stesse sarebbero responsabili di effetti fisici finora non rilevati sperimentalmente. Ebbene, secondo il parere di alcuni addetti ai lavori, i neutrini potrebbero aver viaggiato per un breve tratto proprio lungo una di queste dimensioni nascoste accorciando il percorso che separa Ginevra da l’Aquila. L’ipotesi della scorciatoia non convince tutti i fisici; gli scettici si chiedono infatti come mai i fotoni non possano seguire anch’essi la stessa strada. L’idea di questo tunnel extradimensionale non è molto diversa dal tunnel immaginato dal ministro Maria Stella Gelmini, evidentemente tratta in inganno dal suggerimento di qualche fisico burlone.

Un’ipotesi suggestiva simile alla precedente è anche quella che suppone l’esistenza di una direzione preferita nello spazio in cui la velocità della luce sia differente. Non si tratta di una delle tante direzioni extra appena viste, ma di una di quelle note con caratteristiche speciali tale per cui qualche particella, nel caso specifico il neutrino, potrebbe viaggiare in essa ad una velocità superiore a quella della luce.

Giusta o sbagliata che sia, la scoperta che i neutrini possano viaggiare più veloci della luca rappresenta in ogni caso un fatto positivo per la fisica e per la ricerca scientifica in generale. Se il risultato verrà confermato esso si dimostrerà uno stimolo per la scienza la quale progredisce proprio grazie a scoperte inaspettate e casuali. Nella scienza non esistono affermazioni che non possano essere messe in discussione e anche le certezze scientifiche più radicate possono crollare davanti a nuove scoperte. Nel suo lento procedere, la ricerca scientifica si dirige verso l’accumulo di conoscenze che tuttavia, come abbiamo visto, non sono mai “vere”, ma solo “plausibili”.

Se una nuova scoperta si affaccia al panorama scientifico potrebbe essere necessario semplicemente correggere o integrare le teorie correnti prima di eliminarle e tentare di sostituirle con altre. I mutamenti creano sempre nuovo entusiasmo e stimolo per il lavoro degli scienziati e ciò richiede particolare attenzione anche da parte del potere politico e rappresenta un buon motivo per destinare nuovi fondi alla ricerca. Anche qualora i risultati si rivelassero falsi vi sarebbe in ogni caso materiale interessante per riflettere sull’importanza della scienza e del metodo scientifico che essa adotta per progredire.

Spesso si è verificato che una scoperta si rivelasse falsa generando discussioni e prese di posizione interminabili. Nel marzo del 1989 ad esempio due chimici americani, Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono, con molto clamore, di aver realizzato la fusione fredda, ossia il processo fisico che doveva consentire di estrarre energia a basso costo da due elettrodi immersi in una vaschetta di acqua pesante. Un punto di forza del metodo della scienza è che tutti possono verificare che i risultati di una determinata scoperta sono trasparenti e non mostrano parti oscure o misteriose. In questo caso nessuno è riuscito a rifare l’esperimento dei due chimici americani e ad ottenere lo stesso risultato.

Prima di concludere è interessante segnalare che oltre ai neutrini c’è stato ancora qualcosa che ha viaggiato più veloce della luce. Si tratta della comunicazione, apparsa sui media, dei risultati delle misurazioni relative alla velocità dei neutrini prima che avvenisse quella ufficiale da parte dei ricercatori. Evidentemente qualche componente del gruppo dei fisici che aveva partecipato ai lavori senza essere autorizzato aveva trasmesso la notizia alla stampa. In molti si sono chiesti se la divulgazione di informazioni relative a qualche ricerca non ancora conclusa possa compromettere il lavoro degli scienziati. Questi in verità non si interessano di come i media vengono in possesso delle notizie relative a determinati lavori di ricerca. I giornalisti fanno il loro mestiere e il fatto di avere diffuso la notizia della misura operata al Gran Sasso con eccessivo risalto non influenza in alcun modo il loro lavoro. Gli scienziati hanno trasmesso i risultati della loro ricerca rivolgendosi soprattutto ai colleghi nel modo consueto ed ora si apprestano a capire e interpretare nel modo corretto i risultati delle loro misurazioni.

La scienza procede proprio grazie ad osservazioni e ad esperimenti che non si adattano alle teorie correnti, tuttavia in questo caso ci sembra molto difficile che una teoria che ha conseguito risultati inconfutabili possa essere scartata per un unico esperimento nemmeno molto chiaro.

Prof. Antonio Vecchia

Reply