Luoghi comuni

Viviamo assediati da luoghi comuni, “dogmi” che accettiamo passivamente senza soffermarci nemmeno un attimo a riflettere sulla loro validità. E non può che essere così. Guai se dovessimo mettere in dubbio tutto ciò che ci viene detto o riesaminare in proprio ogni cosa che sentiamo. E guai anche se prima di parlare dovessimo fermarci ad analizzare ciò che stiamo per dire: rimarremmo perennemente muti.

Per secoli l’uomo ha accettato il luogo comune che fosse il Sole a girare intorno alla Terra e non si è mai posto domande su questa verità; poi gli è stato detto che è vero il contrario e ha accettato il nuovo luogo comune. Oggi affermare l’una o l’altra cosa è indifferente, ma ciò vale solo per coloro che conoscono bene la fisica e che sanno che il moto relativo dei corpi non è affatto un luogo comune. Un concetto, quindi, è o non è un luogo comune non tanto per quello che afferma, quanto piuttosto in funzione del destinatario del messaggio.

Ecco alcuni esempi di luoghi comuni molto diffusi: “Non ci sono più le stagioni”, “I giovani di oggi non hanno voglia di fare nulla”, “I politici sono tutti ladri”, “Le donne al volante sono un pericolo costante”. Questi, più che luoghi comuni sono errori comuni. Le stagioni esistono eccome: d’estate fa caldo e d’inverno fa freddo come sempre; in primavera si risveglia la natura e in autunno cadono le foglie dagli alberi, ieri come oggi. Vi sono giovani perbene e senza grilli per la testa, e fannulloni che si fanno mantenere dai genitori fino a tarda età, come era ai tempi di mio nonno. I politici non sono tutti ladri: soprattutto non lo sono quelli che godono della nostra fiducia e per i quali abbiamo votato e le donne non ritengono affatto di essere un pericolo quando si trovano al volante di un’automobile, e questo lo sanno bene anche i signori uomini.

La caratteristica del luogo comune non è solo la sua infondatezza e banalità, ma soprattutto la sua accettazione acritica e la conseguente approvazione incondizionata. L’imbonimento e la mistificazione non conoscono crisi: le chiacchiere e l’irrazionale hanno davanti a sé un radioso futuro. Le previsioni per il domani e gli scenari apocalittici che maghi e stregoni ci prospettano con tanta superficiale sicurezza non hanno bisogno di riscontri per essere creduti e per diffondersi; anzi, l’incertezza e l’errore aumentano il loro fascino. Più le congetture sono nebulose e intrise di imprecisioni e più affascinano persone colte e meno colte.

I luoghi comuni, come abbiamo visto, sono degli stereotipi innocui e infondati che normalmente non provocano conseguenze negative (o quasi). In alcuni casi, però, si tratta di convincimenti che potrebbero influire drammaticamente sulla salute delle persone e produrre anche danni irreparabili.

Cito due esempi di frasi fatte che, se non adeguatamente analizzate, potrebbero diventare pericolose per noi e per gli altri. La prima, relativa ad alcune sostanze alimentari o pomate dagli effetti mirabolanti, è la seguente: “Non fanno male perché si tratta di prodotti naturali”. Ebbene, questo è falso, e potrebbe anche essere pericoloso se seguito alla lettera. Non è vero che i prodotti naturali non facciano mai male alla salute così come non è vero il contrario e cioè che i prodotti artificiali siano sempre e comunque dannosi. La nicotina, ad esempio, è un prodotto naturale, ma è anche un veleno molto potente che veniva usato per uccidere gli insetti parassiti delle piante prima che la chimica sintetizzasse i prodotti artificiali che si usano attualmente. Come il tabacco che contiene la nicotina, così pure l’oppio, la cicuta e molti altri veleni sono prodotti naturali e non fanno certo bene alla salute. D’altra parte, alcuni farmaci e tutte le protesi, come gli occhiali, la dentiera o le stampelle sono prodotti artificiali e tuttavia non si può dire che facciano male.

Ecco un altro esempio di luogo comune ingannevole: “Questo prodotto è scientificamente garantito”. L’affermazione sottintende che la scienza sia garante assoluta di sicurezza e genuinità. Chi fa questa affermazione non conosce la scienza, i suoi metodi e i suoi fini. La scienza è tutto il contrario di quello che molti credono: essa non dà affatto certezze, crea invece dubbi. Il lavoro degli scienziati è sottoposto continuamente a confutazioni e verifiche.

Chi fa scienza procede secondo alcune ben chiare ed affermate regole la prima delle quali è il tentativo di falsificare le teorie enunciate, cioè di dimostrare l’eventuale implicito difetto. Questo modo di procedere produce un doppio vantaggio. Da un lato tutto ciò che non funziona viene subito eliminato; dall’altro, se la teoria resiste agli attacchi, all’assunto originario si aggiungono altri elementi che contribuiscono a rafforzare la teoria stessa. La teoria che ha subito più verifiche e critiche di ogni altra è forse l’evoluzionismo di Darwin. Nessun test ha però mai messo in dubbio la sua validità, anzi gli argomenti addotti per confutarla hanno finito per arricchirla di riscontri paleontologici, anatomici, embriologici, genetici e geografici che hanno finito per renderla più solida e completa.

La scienza, specie in quest’ultimo secolo, ha fatto passi da gigante, tuttavia la gente comune, poco e male informata sulle finalità e i metodi scientifici, la confonde spesso con la tecnologia. Le due discipline sono invece molto diverse fra loro perché la tecnologia è azione, è l’applicazione delle scoperte scientifiche per mezzo delle quali si tenta di modificare e controllare l’ambiente; invece la scienza, che è un’attività molto più complessa della tecnologia, è lo sforzo dell’uomo rivolto a conoscere la natura attraverso l’osservazione e la sperimentazione. La tecnologia presenta vantaggi e rischi ma in tutti i casi alla fine ci condiziona con le sue invenzioni, mentre la scienza è sempre e solo un fatto positivo.

L’automobile, ad esempio, che è un prodotto della tecnologia, è indubbiamente una comodità, ma bisogna considerare che, se da un lato ci rende la vita più libera e autonoma, dall’altro finisce per condizionare le nostre abitudini, esponendoci a rischi molto seri. La scienza invece è pura e semplice curiosità; è il desiderio innato dell’uomo di conoscere il perché delle cose. Chiedersi a cosa serve la scienza è come chiedersi a cosa serve scalare le montagne, con la differenza che chi fa scienza non mette a repentaglio la propria vita né quella degli altri.

Purtroppo la diffusione delle conoscenze scientifiche fra la gente comune è limitata e superficiale. Ciò contribuisce a diffondere superstizioni e pregiudizi che favoriscono quelle persone senza scrupoli che raggirano e angosciano i creduloni. Senza il possesso almeno di una conoscenza scientifica elementare è preclusa a molte persone la possibilità di giudicare e decidere con cognizione di causa su alcuni temi di attualità e di forte impatto sociale.

La finalità della divulgazione scientifica non è solo quella di rispondere ad una domanda crescente di cultura elitaria, ma soprattutto di avvicinare ai temi della natura larghi strati della popolazione. Più la gente comune si sarà arricchita di conoscenze scientifiche e del rigore del metodo adottato per la ricerca, meno spazio resterà per ciarlatani e impostori pronti a turlupinare e derubare le persone più semplici e fragili.

In un Paese in cui l’attore di teatro Dario Fo (premio Nobel per la letteratura) si mette a pontificare sul tema delle biotecnologie e il comico Beppe Grillo contesta Murray Gell-Mann (premio Nobel per la scoperta dei quark) senza conoscere bene gli argomenti che per ovvi motivi non hanno potuto approfondire, non dobbiamo stupirci se scarseggia la consapevolezza di ciò che scienza e tecnologia veramente significano nella nostra società. Ognuno faccia il proprio mestiere e quindi anche per i due bravi attori valga il detto latino: “Ne sutor ultra crepidam [iudicet]” (letteralmente: “Il calzolaio non giudichi al di là della scarpa”).

Prof. Antonio Vecchia

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