Gli ungheresi

Nell’estate del 1950 Enrico Fermi si trovava con alcuni colleghi a passeggio lungo un viale di Los Alamos diretto verso il ristorante in cui tutti insieme avrebbero pranzato. In quei giorni i giornali americani davano notizia di notevoli avvistamenti di dischi volanti sopra i cieli degli Stati Uniti e la conversazione verteva proprio su quell’argomento.

La storia dei dischi volanti inizia il 24 giugno del 1947 con il racconto di uno sconosciuto uomo di affari americano il quale, al rientro da un viaggio sul suo aereo privato, raccontò di aver visto, attraverso il finestrino, una serie di oggetti splendenti, a forma di disco, che si spostavano nell’aria saltellando come fossero ciottoli lanciati sull’acqua. Da quel giorno gli avvistamenti di dischi volanti si moltiplicarono fino a che nella primavera-estate del 1950 divennero così numerosi da indurre la stampa nazionale a dedicare al fenomeno molto spazio.

Durante il pranzo, il discorso ritornò sulla recente ondata di dischi volanti e Fermi all’improvviso chiese: “Dove sono tutti quanti?” La domanda del fisico italiano non era per nulla ingenua: egli infatti aveva calcolato che, poiché l’età dell’Universo è tre volte maggiore di quella del nostro pianeta, se girassero per lo spazio tutti gli extraterrestri di cui si parla essi avrebbero dovuto essere stati visti già da molto tempo ed anche più di una volta. La risposta immediata al dubbio di Fermi venne dal fisico ungherese Leo Szilard: “Sono qui fra noi e si fanno chiamare Ungheresi”.

 

I MARZIANI

In realtà a Los Alamos lavorava un gruppo di fisici ungheresi dalle capacità intellettive tali da essere considerati dei veri e propri marziani. Vediamo brevemente chi erano questi personaggi così eccezionali.

Il più vivace di tutti era indubbiamente Leo Szilard il quale nacque a Budapest nel 1898 e morì a La Jolla, California, nel 1964. Da giovane fu costretto a lasciare l’Ungheria per sfuggire al regime oppressivo dell’ammiraglio Miklos Horthy von Nagybanya, il quale governò quel Paese con poteri dittatoriali fino al 1944 quando i nazisti lo costrinsero a dimettersi, e lo internarono in Baviera. Il fisico si rifugiò prima a Vienna, poi a Berlino dove si laureò nel 1922 e infine, poiché era di religione ebraica, all’avvento del nazismo, emigrò in Inghilterra. Presso l’Università di Oxford proseguì il suo lavoro di ricerca giungendo a determinare un metodo per la separazione degli isotopi radioattivi da quelli stabili dello stesso elemento.

Nel 1937 Szilard si trasferì negli Stati Uniti dove insegnò alla Columbia University fino al 1942 e poi all’Università di Chicago nella quale collaborò con Fermi allo studio di un metodo che rendesse più efficaci i reattori nucleari. Fu tra gli scienziati che più si adoperarono per convincere Albert Einstein a far pressione presso il Presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt al fine di costruire una bomba nucleare in modo da prevenire le ricerche dei Tedeschi in questo campo. Quando fu chiaro che le bombe atomiche sarebbero state sganciate sul Giappone, implorò il Presidente Roosevelt affinché evitasse di lanciarle sui centri abitati, ma non fu ascoltato. Nel dopoguerra diventò uno dei più tenaci promotori della campagna per la pace e il disarmo; ricevette nel 1959 insieme con Eugene Wigner il premio “Atomi per la pace”.

Gli altri scienziati di origine ungherese che pranzavano regolarmente al tavolo con Fermi erano Eugene Wigner, Edward Teller e John von Neumann. Questi quattro fisici erano quasi coetanei ma vi era anche un altro Ungherese che lavorava a Los Alamos un po’ più vecchio degli altri, l’ingegnere Theodore von Kármán.

Eugene Paul Wigner era nato a Budapest nel 1902 e morì nel 1995 a Princeton (USA). Si laureò a Berlino dove insegnò dal 1926 al 1930 anno in cui si trasferì negli Stati Uniti a Princeton (New Jersey): in quella Università fu titolare della cattedra di fisica matematica. Nel 1958 fu insignito del Premio Fermi e del riconoscimento “Atomi per la Pace ” di cui abbiamo detto, insieme con Szilard. Nel 1963 gli fu assegnato il premio Nobel per gli studi svolti sulla natura del nucleo atomico. È ricordato anche come colui che, nel dicembre del 1942, in occasione dell’attivazione della pila atomica da parte di Fermi, stappò un fiasco di Chianti per brindare al successo dell’esperimento.

Edward Teller nacque a Budapest nel 1908 e morì a Stanford (USA) nel 2003. Studiò al Politecnico di Karlsruhe e all’Università di Monaco quindi si trasferì a Lipsia nel cui Ateneo ottenne nel 1930 il Ph.D., da lì passò in seguito a Göttingen come ricercatore. Dopo aver insegnato a Londra per un anno emigrò negli Stati Uniti, dove insegnò fisica alla George Washington University di Washington per poi trasferirsi alla Columbia University in cui rimase fino al 1942. Partecipò quindi al progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica e, dopo la guerra, ricoprì svariati incarichi sia presso organismi militari sia presso laboratori civili di ricerca. Dopo il 1950 propugnò la costruzione della bomba all’idrogeno sostenendo una polemica rimasta famosa con il fisico Robert Julius Oppenheimer, il direttore scientifico del progetto Manhattan. Nel 1991 vinse il premio “lg Nobel” per la pace (una specie di Nobel al contrario assegnato ai ricercatori autori di risultati che non dovrebbero essere mai riprodotti) come padre della bomba all’idrogeno e primo sostenitore delle Guerre stellari. Il “premio” gli venne assegnato con la seguente motivazione: “Dedicò la vita al cambiamento del concetto di pace quale era stato inteso sino ad allora”.

Theodore von Kármán era il più anziano dei cinque essendo nato nel 1881. Studioso di aeronautica compì importanti ricerche sulla turbolenza scoprendo che, se un corpo viene investito da una corrente d’aria, a monte di esso si forma una serie di vibrazioni la cui frequenza dipende dalla velocità del vento e dalle dimensioni e forma del corpo stesso. Nel 1929 fu mandato dal fisico Robert Andrews Millikan a dirigere il Guggenheim Aeronautical Laboratory dove si dedicò alla missilistica realizzando il primo razzo sonda spaziale: proprio per queste competenze fu chiamato a Los Alamos. Morì ad Aquisgrana nel 1963.

Il più “marziano” di tutti fu però il matematico, fisico e tecnologo John von Neumann nato a Budapest nel 1903 e morto a Washington nel 1957. Studiò ingegneria chimica dapprima a Budapest, poi all’Università di Berlino e al Politecnico di Zurigo dove ottenne la laurea nel 1925. Successivamente si laureò anche in matematica a Budapest ma subito dopo lasciò la patria in seguito alla politica antisemita (era figlio di un banchiere ebreo) del già ricordato ammiraglio Horthy. Fu uno dei matematici più eccezionali del XX secolo e la sua attività spaziò in numerosi settori della ricerca scientifica: dalla meccanica quantistica alla tecnologia e all’economia. Il suo nome è legato soprattutto alla creazione della teoria dei giochi che applicò all’economia e ad altri ambiti dell’organizzazione sociale e politica dello Stato. Negli ultimi anni della sua attività scientifica collaborò alla progettazione del calcolatore MANIAC di cui Fermi consigliò l’uso quando poco prima di morire visitò l’Università Normale di Pisa. Sviluppò infine una “teoria degli automi”: macchinari che sarebbero stati in grado di autoriprodursi qualora avessero avuto a disposizione il materiale necessario.

Un altro fisico che nacque a Budapest in quel periodo, anche se non lavorò a Los Alamos, fu Dennis Gabor (1900-1979) considerato il padre della olografia, la tecnica che consente la registrazione non solo dell’ampiezza ma anche della fase dell’onda luminosa riflessa da un oggetto. La sua idea risale al 1947 ma solo tredici anni più tardi, con la tecnica dei laser, furono disponibili le prime sorgenti luminose necessarie per registrare gli ologrammi. In realtà Gabor si era soprattutto occupato del perfezionamento del microscopio elettronico e, proprio durante queste ricerche, pervenne all’idea degli ologrammi. Nel 1971 gli è stato conferito il premio Nobel per la fisica.

 

LO SBARCO DEI MARZIANI

Nei corridori dei laboratori di Los Alamos i fisici di origine ungherese misero in giro la storia dello sbarco dei marziani su questa Terra raccontando che un paio di milioni di anni fa quando gli uomini non si erano ancora differenziati nella specie “sapiens” sbarcarono nel territorio corrispondente all’attuale Ungheria un gruppo di marziani che poi si evolse al punto da non essere più distinguibile dagli umani a parte tre caratteristiche che non poterono essere cancellate.

La prima di esse era la natura errabonda di quegli individui che più tardi si tradusse nel nomadismo degli zingari ungheresi. La seconda caratteristica era la lingua assolutamente originale che è parlata solo dai dieci milioni degli abitanti di quella regione e da nessuna altra parte del mondo tanto che rappresentò un grave ostacolo nella comunicazione con gli stranieri soprattutto in campo commerciale e scientifico. L’Accademia delle scienze, ad esempio, contribuì a superare il problema fondando nel 1883 la rivista in lingua tedesca «Mathematische und Naturwissenschaftliche Berichte aus Ungarn» (Informazioni dall’Ungheria di Matematica e Scienze Naturali).

La terza caratteristica, ben rappresentata a Los Alamos, consisteva nel fatto che gli Ungheresi formavano un gruppo formidabile di intelletti. Il più brillante del gruppo, come abbiamo detto, era senza dubbio John von Neumann. Lui e Fermi ogni tanto si mettevano ciascuno di fronte ad una lavagna a risolvere problemi di idrodinamica facendo a gara a chi arrivava prima a dare la soluzione. Von Neumann era indubbiamente un matematico dalle capacità eccezionali e sarebbe stato interessante vederlo competere nel calcolo mnemonico con Majorana il quale però a quel tempo era già sparito nel nulla.

Egli era diventato famoso anche per la capacità di assumere grandi quantità di alcol quando partecipava a feste e ciò apparentemente senza risentirne, a parte i frequenti incidenti automobilistici in cui incorreva quando si rimetteva in macchina per tornare a casa: la cosa sorprendente era comunque il fatto che da quegli incidenti usciva sempre senza un graffio. Forse l’alcol non c’entrava: egli era semplicemente un cattivo guidatore.

Quella di essere dedito all’alcol era solo una delle tante calunnie che giravano sul suo conto: correva anche voce che fosse stato animato da una sfrenata attrazione per il potere e ossessionato dal sesso. In realtà, di tutte le maldicenze che i detrattori raccontavano sul suo conto, nessuna trovò conferma nei fatti: le malignità erano dettate unicamente da moventi di ostilità politica per il fatto che condivise con forza le scelte del governo americano in campo militare. Difese ad esempio la legittimità dei rischi dei test nucleari e si oppose alla necessità di inviare un rapporto all’ONU per denunciare i pericoli per la salute dei cittadini connessi alla pioggia radioattiva conseguente all’esplosione di ordigni nucleari considerando quell’atto contrario agli interessi degli Stati Uniti.

Aveva la nomea di essere infallibile, tuttavia anch’egli commise un errore: pensava che il computer sarebbe rimasto sempre un apparecchio di grandi dimensioni utile soltanto per progettare bombe termonucleari e monitorare il tempo atmosferico. Non riuscì infatti a prevedere che quella macchina un giorno sarebbe stata presente in tutti gli uffici del mondo e in molte case di semplici cittadini.

Morì a soli 54 anni in seguito ad un tumore alle ossa che lo costrinse su una carrozzella nell’ultimo anno di vita. Si insinuò anche che il famoso film Il dottor Stranamore interpretato da Peter Sellers, in cui il protagonista, costretto su una sedia a rotelle, era uno scienziato pazzo ossessionato dal desiderio di scatenare ad ogni costo un conflitto nucleare, raccontasse in realtà la vita di von Neumann cioè quella di un personaggio animato da un bellicismo estremista.

Prof. Antonio Vecchia

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