Cure anticancro non convenzionali

Grazie ai vaccini e agli antibiotici individuati dal lavoro sperimentale e dagli studi di ri­cercatori intraprendenti e capaci, la lotta contro le malattie infettive è stata vinta. Vaiolo, tu­bercolosi, peste, poliomielite e tante altre malattie che hanno afflitto per secoli il genere uma­no pra­ticamente non esistono più. Rimangono le malattie cardio-vascolari e il cancro come causa di morte nel mondo occidentale. Le malattie cardio-vascolari riguardano la fun­zione del cuore e della circolazione sanguigna. Il nome “cancro” deriva da un ter­mine latino che si­gnifica “gran­chio”, con allu­sione al fatto che nell’antichità si pensava che la malattia si estendesse lungo le vene come fa il granchio che distende le sue chele ricurve. L’incidenza di queste due af­fezioni è aumen­tata netta­mente negli ultimi cento anni, princi­palmente perché il virtuale debella­mento del­le malattie infetti­ve ha consentito a molte più persone di raggiungere la mezza età e la vecchiaia, quando la predisposizione al cancro e alle cardio­patie è massima.

UN PO’ DI STORIA

Nel 1960, alla sua elezione alla presidenza degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy fi­nanziò con oltre 22 miliardi di dollari il cosiddetto Programma Apollo con lo scopo di porta­re un uomo sulla Luna entro dieci anni. Sei anni dopo il suo assassinio, il 20 luglio del 1969, l’obiettivo fu raggiunto. Il successore di Kennedy, il repubblicano Richard Nixon, nel 1971, firmò il National Cancer Act un progetto per il quale sono stati spesi, fino al 1994, ben 25 miliardi di dollari per la ricerca sui tumori (la “guer­ra al cancro”, come la definì lo stesso Presidente). La guerra, nonostante gli ulteriori miliardi di dollari stanziati negli ultimi anni, non è ancora stata vinta.

Come mai si è riusciti a mandare un uomo sulla Luna in dieci anni, come promesso dal presidente democratico John Kennedy, e in oltre 50 anni non è stato possibile vincere la “guerra al cancro”, annunciata dal suo successore, Richard Nixon? Una risposta forse esi­ste. Arrivare sulla Luna era una sfida tecnologica e le basi scientifiche necessarie per farlo erano chiare fin dai tempi di Galileo e Newton. Per sconfiggere il cancro, invece, occorre capirlo: quindi è una questione biologica, prima che tecnologica. E la ricerca biologica ri­chiede sì investimenti, ma ha i suoi tempi, procede a piccoli passi. Dal 1971 in poi, quando fu dichiarata la guer­ra al male del XXI secolo, come il cancro è stato definito, di passi avanti se ne sono fatti non pochi, alcuni di grande importanza. Attualmente, nonostante l’impegno della comunità scientifica, la patologia che più affligge l’umanità purtroppo è ancora il can­cro una malattia che evoca maggiormente paura, sofferenza e disperazione.

Per capire quali sono i meccanismi che permettono la nascita e la crescita di un tessuto tumorale (dal latino tumere, “gonfiarsi”) chiamato anche neoplasma (dal greco neo, “nuo­vo” e plasma, “forma”) si deve partire dalla cellula. La prima domanda è perché mai le cel­lule tumorali si riproducano più velocemente delle cellule normali. Un individuo adulto è composto da circa 10.000 miliardi di cellule di cui circa il 10%, cioè 1000 miliardi, muoiono ogni giorno e vengono immediatamente rimpiazzate, ma è indispensabile che il processo si arresti non appena il loro numero è reintegrato. La produzione di cellule normali dipende da una serie di fattori di crescita fra cui vi è la quantità di sostanze nutritive presenti: una volta esaurite le scorte, le cellule sane smettono di riprodursi. Le cellule tumorali sembrano invece non riconoscere questi limiti e continuano a duplicarsi anche in situazioni in cui le cellule normali si fermerebbero.

Qual è la causa dell’inizio della patologia? A tutt’oggi non esistono prove certe dell’origi­ne dei tumori umani. In tempi lontani sono state attribuite all’insorgere del cancro molte cause, alcune anche stravaganti, che attribuivano la malattia al comportamento im­morale, alla depressione e perfino alla castità (nelle persone che la praticavano). Altri, os­servando la tendenza di certe forme di cancro a ripresentarsi nei membri della stessa fami­glia, for­mularono l’ipotesi che si trattasse di una malattia ereditaria. Alla fine del diciottesi­mo seco­lo vi furono numerosi studiosi che sospettavano che la causa risiedesse nei veleni di vario tipo presenti nell’ambiente o nell’uso del tabacco da fiuto, abituale tra i gentiluomi­ni, oppure ancora in sostanze chimiche contenute in alcuni prodotti di uso comune come le vernici e i derivati del carbon fossile e del petrolio. Alla fine dell’Ottocento lo scoramento fra i ricerca­tori fu comunque tale da far loro affermare che: “Tutto ciò che sappiamo sul cancro con un mini­mo di certezza è che non ne sappiamo nulla”.

Quando, verso la fine del 1800, si diffuse la teoria delle malattie causate da germi, la co­siddetta “teoria dei batteri” di Pasteur, i patologi cominciarono a cercare qualche micro­bo che potesse provocare il cancro, senza però trovarlo. Con la scoperta dei virus, l’idea nata ai tempi di Pa­steur riprese vigore. Nello stesso tempo però, dopo la riscoperta nel 1900 delle leggi di Mendel sull’eredi­tarietà, si svilupparono intense ricerche sull’insorgere di tu­mori. Servendo­si della genetica si era venuti al convincimento che per quanto riguar­dava il manifestarsi del cancro contavano più i geni che i virus.

A mano a mano che gli esseri viventi sono diventati sempre più complessi e le cellule sempre più specializzate anche i geni che controllano la duplicazione di esse sono di­ventati sempre più numerosi. I genetisti calcolano che di questo tipo di geni nell’uomo ve ne sia almeno un centinaio. Ora, quando i geni che controllano la duplicazione cellulare vengono danneggia­ti, essi fanno perdere alla cellula che li contiene in parte o completa­mente quei meccanismi che frenano le sue potenzialità riproduttive. La cellula mutata ac­quista quindi quella vitalità che possedeva quando viveva isolata e le consentiva di non ri­spettare le re­gole generate dal vivere in comune con le altre. La cellula che ha subito la mutazione ge­nererà a sua volta cellule con la sua stessa anomalia e quindi saranno tutte cellule tumora­li.

Che cosa può causare dei danni al nostro DNA tali da provocare la trasformazione di una cellula normale in una tumorale? Le cause che possono danneggiare le molecole fondamentali della vita presenti in una cel­lula sono molteplici e ad alcune di esse abbiamo già accennato: rimangono le cause fisiche come le radiazioni (comprese quelle solari), il crescente uso di certe materie colo­ranti pre­senti nei cibi e nei cosmetici, l’amianto e soprattutto il fumo di sigaretta stretta­mente cor­relato alla insorgenza di tumori polmonari.

Se poco è stato fatto a riguardo della cura dei tumori molto è stato realizzato per quan­to concerne le tecniche di prevenzione. Ormai tutti sanno quanto sia importante adottare stili di vita salutari per ridurre il rischio che il cancro si sviluppi. Si raccomanda una vita sana e regolare che consiste innanzitutto nel limitare l’assunzione di bevande alcoliche e di smet­tere di fumare o per lo meno ridurre il numero delle sigarette se si esagera nel vizio. L’ali­mentazione sana è un pilastro fondamentale nella prevenzione ai tumori. Si consiglia a tal proposito di ridurre il consumo di carne e di sostituire questo alimento con il pesce e le verdure. È ormai accertato che l’abuso di carni rosse è responsabile del tumore al colon.

Si è calcolato che se tutti adottassero uno stile di vita corretto si potrebbe evitare la comparsa di circa un caso di cancro su tre. La prevenzione, quindi, è nelle mani di ognuno di noi: se tutti fossimo decisi a fare del nostro meglio per mantenerci in salute, ecco quali sarebbero i campi su cui si potrebbe intervenire con la prevenzione, una profilassi che va distinta in primaria e secondaria. Con la prevenzione primaria si cerca di evitare la comparsa dei tumori adottando, come si è detto, uno stile di vita sano e moderato; con la prevenzione secondaria si vuole diagnosticare la malattia prima che la stessa si manifesti a livello clinico.

In campo ginecologico, in particolare, i programmi di screening si sono dimostrati efficaci nel modificare la storia naturale dei tumori della cervice uterina che rappresentano la quarta neoplasia per frequenza nella popolazione femminile. L’esecuzione programmata del pap-test, il cui nome deriva dal medico greco-americano Georgios Papanicolau (1883-1962), ha prodotto nel tempo una riduzione dell’incidenza con una diminuzione dei nuovi casi e del rischio di morte. La tecnica consiste nel prelevare dal collo dell’utero alcune cellule per sottoporle a indagine istologica e osservare eventuali alterazioni verso una forma tumorale.

Anche per i tumori dell’ovaio e dell’endometrio si stanno compiendo sforzi in tal senso. Il tumore dell’endometrio rappresenta il 5-6% dei tumori femminili con 4000 nuovi casi annui. Vi è poi l’individuazione di noduli al seno che possono essere scoperti facilmente dalle stesse donne attraverso una auto-palpazione periodica che garantisce la prevenzione di questo tipo di tumore facilmente eliminabile attraverso l’intervento chirurgico. Per quanto riguarda l’uomo l’operazione alla prostata garantisce un alto fattore di successo.

I tumori sono sempre esistiti, sembra addirittura che esistessero già prima della com­parsa del genere umano: i paleontologi hanno osservato le tracce di un tumore osseo nello scheletro di un grosso dinosauro. Indizi di tumori ossei sono stati rintracciati anche in qual­che scheletro umano dell’epoca preistorica. Negli ultimi cinquanta anni nessuna malat­tia è stata studiata con tanto impegno e tanto dispiegamento di forze come il cancro. La ri­cerca scientifica ha consentito di compiere enormi passi in avanti e attualmente esistono tumori per i quali il successo di guarigione è elevatissimo, tuttavia la malattia non è ancora sta­ta sconfitta. In conseguenza di ciò alle schiere di clinici e di biologi che operano nella ricerca applicando rigorosi criteri scientifici si affiancano ciarlatani e truffatori che approfittano del­la situazione per alimentare false convinzioni e pregiudizi. Proprio di queste persone, spes­so in malafede, vogliamo parlare.

 

LE CURE MIRACOLISTICHE

La ricerca medica ha evidenziato l’esistenza di oltre duecento tipi diversi di tu­mori ognuno dei quali necessita di una terapia particolare. Non esiste quindi un’unica specie di cancro e di conseguenza non esiste una terapia universale in grado di guarirlo. Già que­sto sarebbe sufficiente per stabilire che i diversi guaritori che garantiscono cure miracolisti­che per ogni tipo di tumore maligno sono in realtà degli imbroglioni.

Uno di questi loschi personaggi è stato l’americano Harry Hoxsey (1901-1974) un mina­tore analfabeta che trovò im­piego in un’agen­zia di assicurazioni. Egli ereditò dal padre una formula che curava il cancro. Il vecchio genitore gli raccontò che suo nonno aveva un cavallo malato di tumore il quale guarì dalla malattia nutrendosi di erba che brucava vicino ad un cespuglio: raccolse quindi le erbe nel luogo che gli aveva indicato il nonno e preparò con esse una ti­sana con la quale cominciò a curare gli animali. Il figlio pensò di applicare la “cura” del pa­dre anche agli esseri umani.

La vicenda di Harry Hoxsey è simile a quella di tanti guaritori spregiudicati che periodi­camente si presentano annunciando di aver trovato la cura definitiva per il cancro. Il co­pione è identi­co a tutti gli altri: una cura trovata per caso, “autodefinita” efficace senza sperimentazione, venduta ai malati più ingenui. Un aspetto importante di questa vicenda è quello relativo al fatto che il guaritore in questione godette per diverso tempo dell’appog­gio di alcuni politici e di una parte della chiesa americana che lo vedeva come un nuovo “salvatore”. Pur­troppo anche in questo caso non vi fu alcuna guarigione dal cancro, ma la pratica servì solo a tra­sformare un ex minatore ignorante in un ricco imprenditore. Nel tempo costui aprì diversi centri di cura vantando numerosissime guarigioni, inesistenti.

L’inefficacia della cura fu riconosciuta dallo stesso Hoxsey che nel 1967 si am­malò di tu­more alla prostata per cui ricorse alle cure tradi­zionali facendosi operare e sottopo­nendosi anche alla chemioterapia. Ciò gli permise di vive­re per altri sette anni nei quali coerentemente smise di propagandare la sua terapia.

Un altro caso di cura “miracolistica” per il cancro è quella presentata dal biochimico ame­ricano Ernst Theodore Krebs (1911-1996). Questo personaggio è noto per aver propo­sto uno sciroppo terapeutico già ideato da suo padre medico, espediente giudicato però fraudolento e quindi con­fiscato e distrutto. Se­guendo le orme paterne Ernst Krebs pur non avendo alcuna quali­fica medica, suggerì diverse cure antican­cro tra cui l’utilizzo dell’acido pangamico e dell’a­migdalina. L’acido pangamico è una vitami­na che si trova in vari alimenti come ad esempio nel lievito di birra, nel riso integrale, nei semi di girasole e di zucca. L’amigdalina è una so­stanza contenuta nei semi di pesca e di albicocca e soprattutto nelle mandorle amare. Inoltre, l’improvvisato guaritore, produsse e brevettò un derivato dell’amigdalina che ven­ne chia­mato “leatrile”, un composto semi-sin­tetico che doveva avere la capacità di distrug­gere le cellule cancerose mentre sarebbe stato del tutto innocuo nei confronti delle cellule sane.

Gli studi condotti sul leatrile dimostrarono invece non solo l’inefficacia del prodotto ma addirittura la sua pericolosità, in quanto nello stomaco sviluppava acido cianidrico che è un veleno. Una delle vittime più illustri del composto fu l’attore americano Steve Mc Queen che, malato di tumore, si affidò alle terapie basate sull’uso di questa sostanza che lo portò alla morte in breve tempo a soli cinquanta anni d’età.

Che le vitamine siano importanti per le funzioni biologiche del nostro organismo è risaputo. Tuttavia, in una alimentazione normale e ben equilibrata, la quantità di vitamine ingerite è del tutto sufficiente. Nonostante ciò alcuni ritengono che l’assunzione elevata di determinate vitamine avrebbe importanti effetti protettivi. Fra queste vi è la vitamina C raccomandata da illustri sostenitori fra cui vi era il chimico americano Linus Pauling (1901-1994) il quale vinse due volte il premio Nobel: nel 1954 per la chimica e nel 1962 per la pace. Egli raccomandava di cibarsi di arance per prevenire l’insorgere di tumori e per curarsi da essi. Lo stesso scienziato, per tutta la vita, fece largo consumo di agrumi ma poi morì in seguito ad un tumore quando però aveva compiuto novantatré anni.

Altro caso interessante è quello del veterinario di Agrigento Liborio Bonifacio (1908-1983) il quale esercitava ad Agropoli in provincia di Salerno. Egli si era persuaso che le ca­pre non contraevano il cancro. Questa convinzione era del tutto erronea ma lo portò a pre­parare un intruglio contenente feci e orina di capra. Il prodotto venne chiamato “siero di Bonifacio” ed ebbe un enorme successo tanto da costringere il ministro della Sanità ad av­viare una sperimentazione che ovviamente dette esiti completamente negativi. Nonostante ciò molti malati continuarono a richiedere il siero di Bonifacio anche perché nel frattempo due anonimi ricercatori sostennero di averlo migliorato e di avere ottenuto risultati signifi­cativi. Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1983, il figlio Leonardo continuò a distribuire il siero e a realizzare con esso guadagni sulla pelle di poveri e ingenui malati.

Altro caso interessante è quello dell’immunologo dell’Università di Torino Alberto Barto­relli il quale propose per la cura del cancro una proteina chiamata UK 101 presente nel fe­gato dei mammiferi. Anche in questo caso, complici i mass media, la notizia ebbe un note­vole clamore, tanto che molti malati di tumore cominciarono a richiedere la UK 101 presso gli ospedali e i centri oncologici. Naturalmente non vi era alcuna prova concreta sulla vali­dità del prodotto proposto dal Bartorelli mentre la responsabilità di una cattiva informazio­ne venne attribuita al giornalismo italiano che pur di vendere qualche copia in più, distribuiva notizie prive di ogni controllo.

Molto noto è anche il caso del professore di fisiologia presso l’Università di Modena Luigi Di Bella morto a novanta anni compiuti nel 2003. Il suo metodo consisteva nella sommini­strazione di una miscela di farmaci che comprendeva anche ormoni, vitamine e soprattutto la somatostatina un ormone ben noto in farmacologia, ma dagli effetti terapeutici piuttosto limitati. Il professore sosteneva di avere curato e guarito migliaia di malati oncologici, ma sui successi vantati vi erano molti dubbi anche perché nulla al riguardo era stato pubblica­to sulle riviste specializzate. Alla sua fama, anche in questo caso, molto contribuirono i mass media e alcuni magistrati che ordinarono la somministrazione gratuita (per il malato, ma non per il contribuente) della terapia da parte delle aziende sanitarie.

Ancora una volta la comunità scientifica manifestò seri dubbi sull’efficacia della cura ma la pressione dell’opinione pubblica e soprattutto di alcuni partiti politici fu tale da costringe­re il ministro della sanità, che a quel tempo era Rosy Bindi, ad autorizzare una sperimenta­zione che, manco a dirlo, giudicò la terapia del tutto inconsistente. Ciò nonostante i sostenitori della cura Di Bella non si dettero per vinti e alla morte del professore, il figlio Giuseppe, anch’egli dottore, continuò a prescrivere la medicina preparata dal padre.

Sconcertante è anche il caso del medico Tullio Simoncini, il quale sosteneva che tutti i tipi di tumore erano causati da ipotetiche “reazioni di difesa” dalla aggressione di un fungo opportunista, la Candida albicans. I funghi opportunisti sono così detti in quanto causano malattia quando l’ospite è in condizioni di debilitazione. Tale neoplasia se­condo il no­stro spregiudicato impositore poteva essere curata mediante un trattamento con soluzioni di bicarbonato di sodio. La terapia era completamente assurda, e nonostante sia stato ra­diato dall’Ordine dei Medici, processato e condannato per aver sperimentato sull’uomo una cura priva di fondamento scientifico, il disinvolto guaritore continuò a diffon­dere le sue idee su Internet in cui si vantavano anche casi di completa guarigione dal can­cro. Ritenen­do che la pretesa di curare la malattia con il bicarbonato di sodio potesse gene­rare false spe­ranze, ma non uccidere direttamente, il tribunale ha riconosciuto il Simoncini colpevole di truffa in due soli decessi mentre in altri casi i pazienti sarebbero deceduti per l’aggravarsi del cancro da cui erano affetti, in quanto sottoposti a un trattamento inutile.

Chi pensasse che i’ex-oncologo ora si trovi in galera si sbaglia. Attualmente Simoncini, nonostante non sia più abilitato alla professione medica, continua, in collaborazione col fratello, anch’egli medico, a presentare la sua terapia a incontri pubblici, alcuni dei quali con ingresso a pagamento. Egli sostiene che il discredito nei confronti della sua personale ipotesi di cura sarebbe dovuto a quello che lui definisce un complotto della scienza ufficiale contro le medicine alternative.

Le morti causate da questo medico spregiudicato si contano a decine. Una paziente olandese curata da Simoncini risulta deceduta a causa di un cancro alle ovaie. Prima di morire la donna aveva affermato di essere stata ingannata dall’oncologo, il quale le avreb­be fatto credere che la sua malattia era stata completamente debellata. La donna aveva affermato inoltre che proprio la perdita di tempo, causata dalla terapia di Simoncini, potreb­be esserle stata fatale. Un altro caso riguarda un giovane paziente italiano affetto da tu­more cerebrale, deceduto in Albania dove si era recato per sottoporsi alle cure al bicarbo­nato.

Altro caso piuttosto originale è quello che riguarda il medico tedesco Ryke Geerd Hamer padre del ragazzo che venne ucciso nel 1978 da Vittorio Emanuele di Savoia in vacanza sull’isola di Cavallo in Corsica. Dopo quell’incidente Hamer si ammalò di tumore al testicolo che gli venne asportato chirurgicamente. In seguito a questi episodi, il medico tedesco ipotizzò che il cancro sia causato da traumi improvvisi e drammatici, che porterebbero ai cosiddetti conflitti biologici. Si rifiutò quindi di curare il cancro con le terapie tradizionali in quanto riteneva che la malattia dovesse esse­re in relazione al cervello. Per questo motivo venne radiato dall’Ordine dei Medici di Co­blenza. Egli continuò però ad esercitare abusiva­mente la professione e in conseguenza di ciò fu arrestato, processato e condannato più volte in diversi paesi europei. Hamer è cono­sciuto inoltre per le sue affermazioni antisemite, che gli sono costate l’avvio di ulteriori procedimenti giudiziari per incitamento all’odio razziale, perché sosteneva l’esistenza di un complotto ebraico per impedire la diffusione della Nuova Medicina Germanica da lui fonda­ta. La cosa più orribile della cura dell’ex-medico tedesco consisteva nel fatto che quando le cose andavano male, cioè sempre, dava la colpa ai fa­miliari del paziente per non essere stati sufficientemente collaborativi. A differenza di quel­lo che succede in Italia il pluricondannato medico tedesco ha scon­tato nel suo paese e in Francia diversi anni di carcere ed ora si troverebbe in Norvegia in contumacia in seguito ad altre condanne a suo carico.

In mezzo a tanti imbroglioni poteva mancare il prete? Certo che no. Si tratta di padre Romano Zago, un religioso dell’Ordine dei Frati Minori che sostiene di poter curare il can­cro con un estratto di Aloe arborescens, una pianta selvatica piuttosto comune. Nonostan­te il prete abbia spiegato le proprietà curative della pianta in un libro da lui scritto e in un sito Internet, tuttavia non vi è alcuna evidenza delle proprietà antitumorali dell’Aloe.

Oltre a quelli ricordati vi sono molti altri pseudo-guaritori che approfittano della debolez­za e della disperazione dei malati e dei loro famigliari, per spillare soldi, ma che noi evitia­mo di nominare per non fare loro una pubblicità gratuita. Ultimamente è saltato fuori perfi­no un veleno estratto da uno scorpione che avrebbe effetti magici sui tumori maligni.

Prof. Antonio Vecchia

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