A cosa serve il sesso ?

TIPI DI RIPRODUZIONE

Fra tutte le caratteristiche degli esseri viventi quella della riproduzione è sicuramente la più importante: una specie che non si riproduce è destinata all’estinzione. La funzione riproduttiva tuttavia non è indispensabile al benessere del singolo individuo poiché se uno qualsiasi degli organi riproduttori, o anche l’intero apparato venisse rimosso, quell’individuo continuerebbe tranquillamente a vivere. La riproduzione, in altri termini, serve a conservare la specie non il singolo.

Come le altre funzioni della vita anche la riproduzione ha assunto nel corso dell’evoluzione forme diverse e sempre più complesse, tanto da poter dire che oggi esistono altrettanti modi differenti di riprodursi quante sono le specie viventi. Tuttavia, nonostante la grande varietà del processo riproduttivo, esso può riportarsi a due soli tipi fondamentali: riproduzione asessuata e riproduzione sessuata.

La riproduzione asessuata o agamica (da un termine greco che significa senza nozze) è la più semplice ed è affidata ad un solo individuo. Essa può avvenire o per semplice scissione, cioè divisione in due dell’unica cellula che in questo caso rappresenta l’intero individuo o per gemmazione con formazione sull’organismo di partenza (uni- o pluricellulare) di piccole escrescenze (gemme) che poi, staccandosi, diventeranno nuovi individui o ancora per sporogenesi, ossia attraverso un processo, molto diffuso soprattutto fra i funghi, che consiste nella produzione di speciali piccole cellule (spore) dalle quali deriveranno, a loro volta, nuovi individui.

La riproduzione asessuata è quella che è comparsa cronologicamente per prima sulla Terra ed ancora oggi si mantiene negli organismi meno evoluti. Con questo tipo di riproduzione gli individui conservano praticamente immutati nel tempo i propri caratteri ereditari e con essi la capacità di vivere in un ambiente che non si modifica. Solo rare e casuali mutazioni riescono a produrre ogni tanto qualche variante nuova e vantaggiosa ed è pertanto del tutto evidente che se quello asessuato fosse rimasto l’unico sistema riproduttivo esso avrebbe offerto una base assai modesta al processo evolutivo.

Nella riproduzione sessuata, per generare un nuovo individuo, sono necessarie due cellule specializzate (gameti) fornite, generalmente, da due organismi diversi. La fusione del contenuto cromosomico di queste due cellule genera un numero praticamente infinito di combinazioni di caratteri consentendo alla specie di adattarsi facilmente alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Sesso è quindi sinonimo di rimescolamento e questo rimescolamento di materiale genetico ha rappresentato un vantaggio per la diffusione della vita negli ambienti più disparati.

E’ più conveniente, da un punto di vista evolutivo, la riproduzione agamica oppure quella sessuata? La risposta sembra scontata ma in realtà non lo è se si considera che la riproduzione asessuata non si è estinta con l’evoluzione e permane ancora oggi. E’ evidente allora che anche la riproduzione asessuata alcuni vantaggi li deve offrire. Essa è infatti un sistema riproduttivo rapido, economico e meno macchinoso della riproduzione sessuata che presuppone l’incontro, spesso aleatorio, di cellule speciali di sesso diverso e la perdita, con la morte, di un individuo completo e perfettamente adatto all’ambiente. Un batterio, invece, riproducendosi agamicamente, non distrugge il proprio corpo ma, per così dire, lo ricicla dando origine, nel giro di poche ore, a milioni di altri batteri tutti identici a sé stesso. Con l’alto numero di individui il batterio sopperisce quindi ad una variabilità molto modesta del patrimonio genetico garantita dalle sole mutazioni.

L’optimum sarebbe rappresentato dall’associarsi delle due modalità di riproduzione e in effetti in parecchie specie coesistono entrambe le forme. Molte specie di animali inferiori si riproducono facoltativamente anche per via asessuata, mentre nella maggioranza della piante pluricellulari la generazione asessuata e quella sessuata si alternano con più o meno rigida regolarità.

Nel lontano passato in un mare popolato esclusivamente da forme di vita unicellulari l’evoluzione proseguiva lentamente e faticosamente, nonostante che queste primitive forme viventi avessero probabilmente già scoperto il sesso. In realtà di questa innovazione riproduttiva non siamo assolutamente sicuri, sappiamo però che oggi certi batteri presentano un primordiale abbozzo di riproduzione sessuata, la cosiddetta coniugazione, che consiste nell’unione di due individui e nel trasferimento, attraverso un ponte citoplasmatico, di parte del corredo cromosomico da un soggetto che in un certo senso può essere considerato il maschio ad un altro che funge da ricevitore e quindi da femmina. Questo tipo di riproduzione esisteva verosimilmente anche in tempi molto lontani.

Circa 600 milioni di anni fa, all’inizio di quella che viene chiamata l’era paleozoica, la monotonia di una vita che si ripeteva sempre uguale a sé stessa da più di tre miliardi di anni si ruppe e arrivarono i primi organismi pluricellulari che si riproducevano per via sessuata. Da quel momento si ebbe un’esplosione inarrestabile e rapida di forme viventi sempre più complesse fino a giungere alla nascita dell’essere più completo che si conosca: l’uomo. La vita per quattro quinti della sua storia è stata rappresentata da forme unicellulari e solo in tempi relativamente recenti è passata alle forme pluricellulari.

 

L’UOMO E IL SESSO

Anche l’uomo, come tutti gli animali più evoluti, si riproduce per via sessuata ma a differenza della quasi totalità di essi l’atto sessuale nell’uomo non è finalizzato alla sola procreazione. Vediamo di capire perché.

Poiché le condizioni ambientali, spesso molto variabili nel corso dell’anno, rendono rischioso allevare i piccoli nei periodi meno favorevoli, la natura ha provveduto a programmare le nascite degli animali solo in determinati momenti dell’anno. Nei mammiferi, ad esempio, esiste l’estro (o calore), una modificazione evidente del comportamento che si verifica in corrispondenza dell’ovulazione, durante la quale la femmina si dimostra disponibile all’accoppiamento. Questo impulso, che nei maschi in genere perdura molto a lungo, nelle femmine scompare quasi subito dopo l’accoppiamento. In virtù di questo meccanismo programmato, negli animali il rapporto fra il numero degli accoppiamenti e il numero dei figli non si discosta molto da 1:1 e se vi è un disaccordo questo avviene a favore dei figli, nel senso che a seguito di ogni rapporto sessuale spesso nasce più di un piccolo.

Nella nostra specie le cose vanno in modo diverso. Una donna può avere rapporti sessuali anche senza che questi portino necessariamente alla nascita di un figlio. In assenza di condizionamenti sociali che comunque esistono, una femmina umana potrebbe mediamente avere dieci o dodici rapporti al mese per trentacinque o quarant’anni della sua vita per un totale che potremmo fissare intorno ai 5.000 rapporti: ma da essi quanti figli potrebbero nascere? Dieci sarebbe sicuramente un numero elevato, ma anche se così fosse, il rapporto fra atti sessuali e numero di figli sarebbe di 500 a 1. Se gli atti sessuali fossero in numero maggiore e i figli in numero minore il rapporto sarebbe ancora più alto. Per l’uomo quindi la riproduzione non può essere l’unico fine del rapporto sessuale perché rappresenterebbe un dispendio di energie esagerato e comunque sconosciuto nel regno animale e, nonostante le apparenze contrarie, perfino in quello vegetale.

La selezione naturale tende ad eliminare tutte quelle specie animali e vegetali i cui processi vitali comportano un dispendio inutile di energie. Come mai l’uomo, in questo caso, non è stato selezionato a sfavore? Nell’uomo si verificano atti sessuali praticamente senza limitazioni temporali. Se regole sociali non lo impedissero gli atti sessuali nella specie umana potrebbero iniziare ancor prima che nella donna compaia il ciclo mestruale e potrebbero continuare (e forse anche continuano) ben oltre la menopausa quando non assolvono più una funzione riproduttiva. Perché succede questo? E’ possibile che nell’uomo il rapporto sessuale eserciti anche qualche altra funzione?

Su questo aspetto i biologi sono quasi tutti d’accordo: essi ritengono che i piccoli della specie umana siano bisognosi di cure per un periodo più lungo della loro vita rispetto a quello di qualsiasi altra specie animale. La femmina umana in altre parole, a differenza degli altri animali, non ce la farebbe da sola ad accudire la prole e a procurarsi il cibo necessario alla sopravvivenza nel periodo finale della gravidanza e immediatamente dopo il parto. La femmina umana, in passato, ha quindi avuto bisogno (e ancora oggi sarebbe così se la società non provvedesse attraverso un’adeguata organizzazione) di trattenere accanto a sé il maschio quanto più a lungo possibile; in definitiva essa avrebbe raggiunto l’obiettivo rendendosi disponibile al rapporto sessuale. Il piacere derivato dall’atto sessuale unito ad altri vantaggi conseguenti alla vita associativa può avere creato fra i due sessi il legame indispensabile per aumentare le probabilità di sopravvivenza della prole.

 

SESSO E SALUTE

Sant’Agostino, autorevole pensatore e padre della Chiesa vissuto fra il quarto e il quinto secolo dopo Cristo, riteneva che la riproduzione fosse l’unica finalità dei rapporti sessuali; in mancanza di questo obiettivo, l’uomo sarebbe stato obbligato all’astinenza. L’uomo però non ha seguito gli insegnamenti di Sant’Agostino. Ha fatto bene a trasgredire?

Sicuramente sì perché studi recenti sembrano confermare che frequenti rapporti sessuali facciano bene alla salute in quanto affrancano da talune malattie ed inoltre migliorano anche l’umore delle persone. Il neurobiologo scozzese David Weeks ha dimostrato con una ricerca condotta su 3.500 individui di età compresa fra i 18 e i 90 anni, che il sesso allunga la vita e ringiovanisce di 10 anni l’aspetto della persona.

Dello stesso avviso del dottor David Weeks sono alcuni studiosi americani che hanno effettuato una ricerca su un campione rappresentativo di studenti universitari. Secondo questi ricercatori una regolare attività sessuale renderebbe i giovani felici e sereni e oltre a ciò, facendo aumentare la funzionalità del sistema immunitario, terrebbe lontane alcune malattie.

I neurobiologi, in seguito a numerosi e approfonditi studi, sono persuasi che per il buono stato di salute personale solo in minima parte si devono ringraziare i geni che ciascuno di noi eredita dai genitori, per il resto esso dipende dallo stile di vita ossia da un’adeguata alimentazione, dalla attività fisica e mentale, e anche dalla frequenza dei rapporti sessuali. Si è pure accertato che persone con una buona attività sessuale soffrivano meno di diabete, di ipertensione e di altre malattie cardiovascolari. Inoltre sembra che l’atto sessuale prevenga l’accumulo di grassi nel sangue e, nello stesso tempo, liberi endorfine, ossia sostanze regolatrici della trasmissione di impulsi nervosi che rilassano i vasi sanguigni proteggendoli in questo modo dall’arteriosclerosi.

Gli studi nel campo sessuale non sono di facile attuazione perché si basano quasi esclusivamente su interviste personali mentre, per essere scientificamente corretti, servirebbero dati oggettivi che non si possono certo ottenere controllando direttamente l’attività sessuale dei soggetti. Indagando su questo argomento è facile che gli uomini (e le donne) mentano esagerando inconsciamente in un senso o nell’altro. I sessuologi, ossia i medici esperti in questo campo, hanno adottato alcuni sistemi per scoprire se una persona dice la verità. Le domande poste vengono ripetute a distanza di tempo sotto altra forma in modo da scoprire eventuali incongruenze. Ma non è semplice: la sessuologia non è una scienza esatta.

Ad esempio l’ipotesi che l’atto sessuale faccia vivere più a lungo non è facilmente dimostrabile. Una ricerca condotta su un migliaio di inglesi di età compresa fra i 45 e i 60 anni ha dimostrato che, a distanza di 10 anni, i decessi fra coloro che avevano dichiarato di avere saltuariamente rapporti sessuali erano maggiori di quelli che invece avevano dichiarato di averne frequenti. Questo tuttavia non dimostrerebbe affatto che chi “fa l’amore” vive più a lungo di chi non lo fa poiché potrebbe darsi che la scarsità dei rapporti sessuali possa essere dipesa proprio da problemi di salute.

Se si accetta l’idea, peraltro molto ben motivata, che l’atto sessuale nell’uomo non può essere finalizzato solamente alla procreazione, allora bisogna condividere anche il ragionamento che ci apprestiamo a fare. Partendo quindi dal presupposto che se il rapporto sessuale, in una visione meno restrittiva, viene ritenuto un atto d’amore indispensabile per mantenere unita e in buona armonia la coppia e non solo per avere figli, quali tecniche si devono adottare per evitare gravidanze indesiderate? Naturalmente esistono sistemi anticoncezionali molto diversificati e alla portata di tutti che, anche se condannati dalla Chiesa, vengono ampiamente utilizzati. Sono efficaci e sicuri al cento per cento questi mezzi anticoncezionali? Quasi nessuno. Se si esclude l’astinenza, che in sé è un metodo anticoncezionale perfetto ma che non risolve il problema di rendere il rapporto sessuale sicuro, tutti gli altri sistemi, compresa la sterilizzazione chirurgica, presentano un tasso di fallimento più o meno alto che varia, per i sistemi più diffusi, fra il 3/4% della pillola e il 20/25% del coitus interruptus. Questa osservazione ci porta dritti al problema dell’aborto.

Limitiamoci ad esaminare il problema relativamente all’Italia dove vivono attualmente quasi 60 milioni di persone, la metà delle quali (e forse un po’ di più) sono donne. Calcoliamo che circa la metà di questi 30 milioni di donne siano in età compresa fra i 14 e i 49 anni, cioè che siano nel periodo fecondo della loro esistenza; poiché nel nostro Paese nascono attualmente meno di mezzo milione di bambini all’anno dobbiamo presumere che 14 milioni e mezzo di donne sono esposte annualmente al rischio di un concepimento non desiderato, mentre 500.000 donne non fanno nulla per evitare la gravidanza.

Bisogna quindi ritenere che almeno 14.500.000 donne in Italia adotti uno o l’altro dei sistemi anticoncezionali disponibili che tuttavia, come abbiamo visto, non sono sicuri al cento per cento. Ammettiamo allora facendo una stima molto ottimistica che la percentuale di fallimento dei vari sistemi anticoncezionali si aggiri complessivamente intorno all’1%: quanti concepimenti non voluti si verificherebbero in un anno? L’un per cento di 14 milioni e mezzo è 145.000. Ciò sta a significare che almeno 145.000 donne ogni anno sono costrette all’aborto come unico e ultimo rimedio al fallimento dei metodi anticoncezionali.

In Italia l’aborto è legale dal 1978 e da allora ad oggi ne sono stati eseguiti, da équipe mediche competenti, molte centinaia di migliaia. E’ pericoloso abortire? Il rischio che comporta l’aborto eseguito sotto controllo medico è molto basso tuttavia, poiché si tratta pur sempre di un intervento chirurgico, per quanto semplice, si possono verificare degli incidenti imprevisti. La mortalità in ogni caso è decisamente inferiore a quella riscontrata nella scelta alternativa, ossia nel parto, il quale soprattutto se effettuato con taglio cesareo o con presentazione podalica del nascituro, comporta rischi di decesso quasi dieci volte maggiori dell’aborto.

Abortire non è un obbligo e nessuno chiede alle donne di farlo. Quella dell’aborto legale è semplicemente un’opportunità che la società offre alle persone che vogliono ricorrervi di poterlo fare in sicurezza e tranquillità, evitando quello clandestino praticato da persone inesperte e senza scrupoli. Il problema nasce quando si vorrebbe proibire l’aborto anche a chi ritiene, in tutta libertà, necessario ricorrervi.

Per concludere si deve riconoscere che, paradossalmente, il metodo che tutti ritengono non debba essere considerato un sistema anticoncezionale, cioè l’aborto, è l’unico vero metodo di controllo delle nascite perché è quello che presenta la più bassa frequenza di fallimento, che infatti è zero per definizione.

Prof. Antonio Vecchia

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