Alcol come una droga

L’Italia è un paese che fa largo consumo di bevande alcoliche, soprattutto vino, nella consumazione del quale è seconda solo alla Francia, e questo rappresenta un problema per la salute dei cittadini del nostro Stato perché l’abuso di bevande alcoliche eleva il numero degli alcolizzati e gli alcolizzati elevano il numero dei morti per incidenti o malattie.

L’alcol deve essere considerato alla stregua di una vera e propria droga i cui danni, però, sono di gran lunga maggiori di quelli provocati dalle tossicomanie. In Italia, a fronte di poche centinaia di morti di droga all’anno, si contano decine di migliaia di morti causati dall’abuso di bevande alcoliche e si ritiene che oltre due terzi dei decessi della nostra regione siano da addebitarsi direttamente o indirettamente all’alcol. Oltre alla cirrosi, ai tumori e agli incidenti automobilistici si devono annoverare, fra le vittime dell’alcol, i suicidi, gli incidenti sul lavoro e gli omicidi causati dalla gelosia che spesso tormenta gli alcolisti. Si tratta di una piaga sociale di ben più alta diffusione e dalle conseguenze devastanti rispetto a quella relativa all’uso delle cosiddette droghe illegali (eroina, cocaina, marijuana ed ecstasy, la pillola responsabile dello sballo del sabato sera in discoteca), ma ancora sottovalutata, soprattutto dai giovani, che vi scivolano con pochissima coscienza del rischio a cui si espongono.

 

LE BEVANDE ALCOLICHE

Il vino è la bevanda alcolica più antica e più diffusa, ma non è l’unica attualmente in circolazione. Le bevande alcoliche, in linea generale, possono essere distinte in tre grandi categorie:

  • quelle derivanti direttamente da mosti fermentati, cioè il vino e la birra;
  • le cosiddette acquaviti (cognac, grappa, rhum, whisky e vodka), cioè bevande derivanti dalla distillazione di svariati prodotti naturali di fermentazione;
  • i liquori che sono bevande preparate con alcol variamente diluito e aromatizzato con estratti d’erbe o frutta.
  • Perché una bevanda alcolica ad alta gradazione sia bevibile occorre che contenga un sol tipo di alcol: l’etilico. Durante la fermentazione dei cereali si producono invece altri alcoli che sono molto più velenosi dell’alcol etilico e che pertanto devono essere allontanati durante la distillazione.

    Il vino è il prodotto ottenuto dalla fermentazione totale o parziale del mosto dell’uva, che è il succo che si ottiene dalla pigiatura del frutto. Alcuni microrganismi detti saccaromiceti (o lieviti), attraverso l’azione di loro particolari enzimi (letteralmente: dentro i lieviti), trasformano il glucosio contenuto nel mosto in alcol e anidride carbonica che, essendo un gas, si allontana spontaneamente dal prodotto liquido. La trasformazione prende il nome di fermentazione e cessa o per esaurimento del contenuto zuccherino o perché la presenza di alcol in quantità superiore al 16-17% inibisce l’attività dei microrganismi.

    A seconda delle sue caratteristiche il vino può essere destinato al consumo appena prodotto oppure all’invecchiamento anche di anni. Durante il periodo di riposo, che può avvenire in botti di legno o in bottiglia, si formano alcune sostanze che conferiscono aromi particolari al prodotto finale. I vini destinati al consumo devono avere una gradazione minima di 10°. L’Italia produce attualmente oltre 65 milioni di ettolitri di vino all’anno, equivalenti a più di 100 litri per ogni abitante; una certa quantità del prodotto è destinata tuttavia all’esportazione.

    La birra, come il vino, si ottiene per fermentazione partendo però, invece che dall’uva, dall’orzo il cui amido viene prima trasformato in maltosio e glucosio per opera di un enzima che si forma nell’orzo stesso durante il periodo di germogliamento, quindi in bevanda alcolica attraverso la fermentazione degli zuccheri ottenuta da specifiche culture di lieviti (Saccharomyces cerevisiae). La birra contiene alcol in proporzioni minori del vino (3-6%).

    Le acquaviti o distillati si ottengono per distillazione di prodotti di fermentazione. Distillando il vino si ottiene il Cognac e il Brandy mentre distillando le vinacce si produce la Grappa. Distillando il liquido che si forma dalla fermentazione della spremitura della canna da zucchero si ottiene il Rhum. Infine, Vodka e Whisky si ottengono da fermentazione di cereali. Tutti questi prodotti, in genere, necessitano di un prolungato invecchiamento prima di venire consumati.

    I liquori sono bevande alcoliche ricche di zuccheri e di sostanze aromatiche. Hanno gradazione alcolica compresa fra 25 e 30°. Il Limoncello, tanto di moda, è un liquore che si ottiene tenendo le bucce dei limoni a macerare nell’alcol, filtrando l’infuso dopo alcuni giorni, e quindi aggiungendo acqua e zucchero.

     

    IL METABOLISMO DELL’ALCOL

    Probabilmente nessuna sostanza chimica produce sull’uomo più avvelenamenti cronici dell’alcol etilico. Per lungo tempo, tuttavia, si sono sottovalutati i danni di questa sostanza sull’organismo. Scrittori e poeti, in ogni tempo e luogo, ne hanno viceversa illustrato i pregi. Louis Pasteur, il grande biologo vissuto nel secolo scorso, ha scritto che il vino è “la più sana e la più igienica di tutte le bevande” (anche dell’acqua o dei succhi di frutta?). Celebre è anche la frase: “Chi beve birra campa cent’anni e chi beve vino non muore mai” (e invece si muore, e spesso dopo essersi ammalati).

    In effetti il vino ha un potere eccitante sui centri nervosi e anche un potere energetico perché un grammo di alcol metabolizzato libera circa 7 kcal. Un litro di vino di 10° produce quindi 700 kcal, più di un bel piatto di spaghetti conditi con il ragù. E proprio da qui nasce l’equivoco dell’alcol come alimento che può essere metabolizzato dall’organismo al pari di un qualsiasi altro nutrimento energetico. L’alcol invece è una sostanza voluttuaria con effetti tossici su tutti gli organi interni a cominciare dal fegato per proseguire con le arterie, i reni, lo stomaco e il cervello. Anche per questi motivi il vino non è certo la bevanda più consigliata da dietologi e medici. L’alcol, a differenza degli altri alimenti, viene immediatamente bruciato e quindi non si accumula; questo è il motivo per il quale molti bevitori ingrassano: la combustione dell’alcol fa infatti risparmiare le altre sostanze introdotte con gli alimenti (carboidrati, proteine e grassi) che vengono immagazzinate come materiali di riserva.

    Piccole dosi di alcol (per esempio un bicchiere di vino a pasto), nelle persone adulte e non sofferenti di malattie del fegato, dello stomaco o dell’intestino, potrebbe anche avere effetti benefici perché il vino accresce la secrezione dei succhi gastrici e quindi stimola l’appetito e facilita la digestione. Inoltre riscalda l’organismo, eccita il sistema nervoso e risveglia la fantasia. Questo non significa che è necessario assumere bevande alcoliche e, se si può farne a meno, è tanto di guadagnato per la salute e per l’equilibrio psico-fisico; in ogni caso per i giovani l’alcol è superfluo. I giovani non hanno certo bisogno del vino per eccitare il sistema nervoso o risvegliare la fantasia perché l’eccitamento nervoso è già una caratteristica della loro età e la digestione, se si tratta di ragazzi sani, avviene regolarmente senza bisogno di stimoli esterni. D’altronde se il giovane non è sano non sarà certo il vino a migliorare la situazione.

    E’ grave che ogni tanto qualcuno esalti le proprietà benefiche del vino chiamando in appoggio la scienza. Ultimamente sui giornali è comparsa la notizia che il vino sarebbe diventato addirittura un farmaco solo perché una società privata americana, legata ad una grossa azienda vinicola, ha scoperto che nelle bucce dell’uva vi sono delle sostanze (i polifenoli) che avrebbero la capacità di fluidificare il sangue e di conseguenza prevenire le malattie cardiovascolari e perfino il cancro. Da questa scoperta si è passati direttamente ad invitare la gente a bere vino, soprattutto quello rosso, senza avvertire che, insieme ai polifenoli anticolesterolo, nel vino c’è anche l’alcol i cui effetti non sono altrettanto curativi.

    Se dunque il vino assunto in piccole dosi potrebbe anche risultare utile per una persona sana e adulta, in dosi massicce è sicuramente dannoso e alla lunga porta all’alcolismo (o “dipendenza dall’alcol”, come si preferisce definire l’intossicazione dal punto di vista medico), una piaga della nostra società. I danni che il vino e gli alcolici in genere producono sulla nostra salute sono dovuti principalmente all’alcol etilico anche se potrebbero esserci altre sostanze responsabili di questa azione tossica in quanto si è osservato che, ad esempio, vini con lo stesso grado alcolico presentano a volte una diversa tossicità. In mancanza di più precise conoscenze, al presente possiamo affermare con sicurezza che è l’alcol etilico il maggior responsabile degli effetti dannosi sul nostro organismo. In realtà ciò che ostacola i processi digestivi è la degradazione dell’alcol in aldeide acetica: una sostanza che, accumulandosi nell’organismo, può produrre una forma grave di avvelenamento.

    Sugli effetti tossici di questa sostanza peraltro si basa un metodo di disassuefazione dagli alcolici (svezzamento). Normalmente l’aldeide acetica si trasforma in acido acetico che viene facilmente eliminato senza creare disturbi di sorta. Vi sono alcuni farmaci, tuttavia, che bloccano la trasformazione dell’aldeide acetica in acido acetico provocando, in seguito all’assunzione di quantità anche minime di alcol, un accumulo di aldeide nel sangue con conseguenze, data la sua elevata tossicità, molto sgradevoli come vertigini, nausea, vomito e senso di angoscia. Tutti questi sintomi durano per alcune ore, ma soprattutto il loro ricordo, veramente spiacevole, dovrebbe togliere al soggetto il desiderio di bere anche solo piccole dosi di bevande alcoliche.

     

    I DANNI DELL’ABUSO DI ALCOL

    L’assunzione di dosi abbondanti di vino e più in generale di bevande alcoliche dà, come primo risultato, l’ubriachezza che rende l’uomo incosciente, ripugnante, ridicolo e talora pericoloso per il prossimo e per sé stesso. Questi effetti sono la conseguenza del fatto che una volta ingerito, l’alcol non segue il percorso degli altri cibi che vengono lentamente metabolizzati, ma, giunto allo stomaco, passa rapidamente, attraverso le pareti gastriche e del duodeno, nel sangue che lo trasporta al fegato dove viene bruciato. A differenza degli altri alimenti energetici (zuccheri e grassi) che vengono metabolizzati in tutte le cellule del corpo, l’alcol subisce le trasformazioni solo nel fegato il quale tuttavia non ne può ossidare (in altre parole, “smaltire”) più di 7 grammi all’ora. La parte eccedente rimane nel sangue che lo porta in circolo per raggiungere il cervello, i reni, i capillari e tutte le altre parti del corpo.

    Oltre ad alterare in modo significativo l’umore e il comportamento, l’alcol esercita diversi altri effetti sull’organismo agendo ad esempio sui nervi vasodilatatori della pelle. Come conseguenza della vasodilatazione periferica il sangue fluisce soprattutto al viso che si arrossa provocando le tipiche vampate di calore. Questa cosa, apparentemente insignificante, può essere causa di morte. Non è infatti infrequente che la sonnolenza colga l’ubriaco mentre di notte a piedi fa ritorno a casa: egli allora può addormentarsi all’aperto e nella stagione fredda finisce per morire assiderato, come si sente raccontare dagli abitanti di Sauris, un paesino dell’alta Carnia, dove d’inverno fa molto freddo e per scaldare il corpo si fa largo consumo di bevande alcoliche, soprattutto vino e grappa. Le morti avvengono perché l’autoregolazione della temperatura corporea è alterata dall’alcol ingerito che provoca la dilatazione dei capillari cutanei con conseguente forte aumento della dispersione termica.

    L’alcol inoltre, come è noto, causa l’indurimento delle arterie, quindi arteriosclerosi precoce la quale a sua volta provoca gravi disturbi cardiaci e morti per infarto. Ma l’organo più direttamente interessato è il fegato dove l’alcol giunge ancora carico di tutte le sue potenzialità nocive. I danni sono di varia entità a seconda dell’età e della quantità di alcol ingerita e può giungere fino alla cirrosi epatica, una malattia mortale.

    L’alcol soprattutto se bevuto a digiuno, provoca l’infiammazione del rivestimento interno dello stomaco generando bruciori accompagnati da ulcere superficiali. Esso produce anche la dissoluzione dei grassi e quindi priva l’organismo della riserva energetica più importante, di conseguenza il forte bevitore smagrisce se trascura di nutrirsi adeguatamente (cosa peraltro molto frequente). L’alcol fa coagulare il sangue nei capillari e il fenomeno riguarda particolarmente il naso che diventa di colore paonazzo e bernoccoluto (naso da Barbera). Ha anche l’effetto di aumentare la quantità di urina eliminata (oltre a quanto prevedibile in base alla quantità di liquido ingerito) perché viene inibita la produzione della vasopressina, l’ormone antidiuretico che stimola i reni a riassorbire più acqua e riportarla in circolo. Per questo motivo i forti bevitori sono spesso disidratati con conseguente lingua arida e sete intensa.

    I danni peggiori e più preoccupanti dell’alcol sono quelli che si osservano sul sistema nervoso centrale su cui la sostanza ha effetto depressivo. Assunto in quantità moderata l’alcol procura un senso di rilassatezza e di fiducia che può aiutare la persona timida a socializzare più facilmente. Tuttavia la sensazione di un maggior benessere fisico e mentale è illusoria in quanto alcune prove hanno dimostrato che anche un basso livello di alcol nel sangue rallenta le reazioni. Quantità maggiori riducono la capacità di concentrazione e di giudizio, e poiché contemporaneamente aumenta la fiducia in sé stessi, la combinazione di questi elementi, alla guida di un mezzo, può avere conseguenze tragiche. In forti dosi l’alcol ha un effetto simile a quello di un anestetico.

    Una prolungata e abbondante assunzione di bevande alcoliche produce la perdita della memoria, irritabilità, allucinazioni, tremito delle membra e tendenza al suicidio. L’alcol ha un effetto inibitore anche sull’attività sessuale e se un alcolizzato riesce ancora ad avere figli trasmette loro una ben triste eredità. I figli degli alcolizzati, se riescono a sopravvivere, sono spesso epilettici e conservano la tendenza al bere. Gli effetti dell’alcol sul comportamento sessuale sono stati riassunti in modo efficace da William Shakespeare: “Provoca il desiderio, ma compromette la prestazione”.

    L’alcolizzato diventa spesso insopportabile alla società e in particolare ai suoi famigliari. Il suo carattere irascibile e irrazionale lo porta a polemizzare con tutti, a dare in escandescenze fino a diventare aggressivo verso le persone che gli stanno vicino, che spesso sono i suoi stessi famigliari nei riguardi dei quali a volte alza anche le mani.

     

    TOLLERANZA E DIPENDENZA

    L’alcol viene consumato dalla maggioranza delle persone adulte dei paesi industrializzati dove, negli ultimi anni, è aumentato il numero delle donne e dei giovani che ne fanno uso. Il benessere ha inoltre accentuato il consumo del vino in quelle regioni in cui per lunga tradizione si coltiva la vite e si produce questa bevanda alcolica e i suoi derivati. All’inizio del secolo, l’alcolismo era un problema quasi esclusivamente contadino; successivamente però esso interesserà prima l’ambiente operaio e poi tutti gli strati sociali coinvolgendo intellettuali, impiegati, casalinghe e i giovani.

    I bevitori abituali finiscono con l’acquisire tolleranza all’alcol. Ciò significa che, per ottenere gli stessi effetti, un bevitore di vino, ad esempio, è costretto ad aumentare gradualmente la quantità consumata o passare a bevande a più alto grado alcolico.

    Il fegato di un bevitore smodato scinde l’alcol più velocemente del normale rendendo necessario un consumo maggiore di bevande per ottenere lo stesso livello alcolico nel sangue e di conseguenza il medesimo effetto di stordimento. Nello stesso tempo però, le cellule nervose del cervello rispondono sempre meno alle quantità assunte. Tuttavia, paradossalmente, dopo anni di abusi, molti alcolisti manifestano una riduzione della tolleranza: “non tengono più il vino”.

    Altro fenomeno tipico di chi assume droghe e quindi anche di chi fa abbondante e prolungato consumo di bevande alcoliche è la comparsa di sintomi di astinenza quando egli sospende improvvisamente il consumo. Si parla allora, nel caso specifico, di dipendenza dall’alcol.

    Ne è causa principale l’assuefazione alla sostanza. Le personalità insicure e immature sono più vulnerabili al rischio di dipendenza rispetto agli individui emotivamente maturi.

    L’incidenza della dipendenza da alcol soprattutto nella regione di nord est d’Italia è sempre stata molto alta. E’ difficile citare con sicurezza statistiche sulla dimensione del problema, ma si calcola che nel solo Friuli–Venezia Giulia esistano circa 25 mila persone dipendenti dall’alcol (una su 50) e forse il doppio sono quelle con problemi di autocontrollo sul suo consumo.

    Fra le cause di una così alta diffusione della dipendenza da alcol indubbiamente giocano un ruolo importante i fattori ambientali primo fra tutti l’accettazione sociale dell’alcol radicata nella cultura della gente di queste terre oltre che una pronta disponibilità di bevande alcoliche e soprattutto di vino di buona qualità e ad un prezzo accessibile a tutte le tasche.

    La dipendenza da alcol si sviluppa attraverso quattro fasi successive che si sovrappongono in modo impercettibile. Nella prima fase, il forte bevitore sviluppa tolleranza, è cioè in grado di bere quantità maggiori di alcol, rispetto alla media, prima di sentire gli effetti negativi. Nella seconda fase il bevitore manifesta vuoti di memoria relativi agli episodi verificatisi durante le bevute. La terza fase è caratterizzata dalla perdita di controllo sull’alcol: il bevitore abituale non è cioè più sicuro di poter smettere di bere quando lo desidera. La fase finale inizia con prolungati episodi di intossicazione in cui il bevitore ormai alcolizzato presenta gravi complicanze mentali e fisiche.

    L’insieme dei cambiamenti descritti dura mediamente una decina di anni, ma solo in una delle prime tre fasi è possibile smettere di bere temporaneamente o definitivamente.

     

    I RIMEDI

    La lotta contro l’alcolismo va condotta con estrema energia, in quanto i danni provocati da questa intossicazione colpiscono la società in modo rilevantissimo. Questa terapia d’urto ovviamente inizia con la prevenzione che deve essere condotta principalmente in famiglia e nella scuola.

    Per ottenere un uso razionale del vino che è un prodotto che non può certo essere eliminato dal mercato, serve un’informazione corretta e puntuale che non riguardi solamente il problema specifico dell’assunzione di questa bevanda, ma di tutte quelle sostanze che non sono indispensabili all’uomo. I giovani devono essere informati correttamente dei danni che l’uso e l’abuso di sostanze che agiscono sul sistema nervoso, ma che non sono indispensabili all’organismo, come caffè, the, e alcuni farmaci assunti soprattutto dai giovani che praticano lo sport o dalle ragazze che desiderano dimagrire, possono provocare sul loro organismo. Essi devono essere invitati dai loro educatori a non assumere queste sostanze almeno fino al raggiungimento dell’età adulta. L’obiettivo si può conseguire individuando tutte quelle motivazioni che inducono alcuni giovani a risolvere i problemi tipici della loro età con la chimica invece che con la ragione.

    L’informazione e la propaganda contro l’abuso delle bevande alcoliche deve poi continuare attraverso i servizi di Stato rappresentati dalle strutture sanitarie e dai mass-media i quali devono trattare l’alcol, il fumo e il caffè e gli stessi farmaci non indispensabili alla salute alla stregua di qualsiasi altra droga. L’informazione non deve limitarsi all’elencazione dei danni che queste sostanze producono sull’organismo, ma deve continuare con la ricerca delle motivazioni che spingono alcuni individui ad esagerare nell’assunzione di queste sostanze. Ma per quale motivo, ad esempio, si inizia a bere?

    Alla base indubbiamente vi sono alcuni preconcetti legati alla cultura contadina e montanara. La convinzione che il vino faccia bene alla salute e che la grappa data ai bambini li faccia crescere forti e sani, è indubbiamente un pregiudizio che si perde nella notte dei tempi e che si fa fatica a scalzare. Facendo bere alcolici ai bambini e tollerando che i giovani si avvicinino all’alcol, si rischia di farli diventare degli alcolizzati e di farli crescere non in buona salute.

    Si arriva all’assunzione smodata di bevande alcoliche per motivazioni psicologiche legate ad una serie di ragioni di carattere personale, famigliare e sociale. Soprattutto i fattori personali giocano un ruolo di prim’ordine nella spinta al bere: l’ignoranza, l’insicurezza, le frustrazioni sono solo alcuni dei fattori che inducono le persone deboli a bere nel convincimento di trovare sollievo e soluzione di problemi che avrebbero bisogno di tutt’altre scelte.

    L’isolamento, alcuni lavori ripetitivi e poco gratificanti possono concorrere anch’essi a favorire l’abitudine al bere. Anche il clima freddo può giocare un ruolo determinante. In montagna diventa quasi spontaneo ricorrere ad un bicchierino di grappa per riscaldarsi. La miseria e l’ignoranza, seguite dalla mancanza di interessi culturali, sportivi e sociali possono fare il resto.

    Il vizio del bere, in questi ultimi tempi, si è esteso anche alle donne, ma è più difficile da individuare perché le donne preferiscono bere in solitudine, mentre gli uomini lo fanno preferibilmente in compagnia all’interno delle osterie.

    Quando le cose sembrano precipitare e la prevenzione non ha più senso, si rende necessario un trattamento disintossicante a cui segue una terapia a lungo termine. Non esiste un unico tipo di terapia adatta a tutti gli alcolisti. La forma che comunque ha avuto maggior successo è quella detta degli Alcolisti Anonimi.

    E’ questa un’associazione mondiale di persone che riconoscono di essere state alcoliste e si aiutano reciprocamente a restare sobrie. L’associazione fu fondata negli Stati Uniti nel 1935 da un agente di cambio di origine serba e da un chirurgo del luogo e oggi comprende circa 90 mila gruppi locali sparsi in oltre 130 paesi di tutto il mondo. L’appartenenza agli Alcolisti Anonimi è aperta a chiunque abbia un problema di consumo di alcol e desideri smettere di bere. Non è previsto il pagamento di una quota di iscrizione e l’organizzazione non è affiliata ad alcuna setta religiosa, partito politico o istituzione pubblica: essa presenta solo una strategia di collaborazione con altre associazioni che lottano contro l’alcolismo.

    Le riunioni sono di due tipi: aperte e chiuse. A quelle aperte può partecipare chiunque lo desideri, compresi i familiari dei membri dell’associazione e chi interviene descrive la propria vita di alcolista o di parente dell’alcolista. Alle riunioni chiuse partecipano solo gli alcolisti membri dell’associazione e raccontano l’aiuto avuto dall’associazione per rimanere sobri. In esse i nuovi soci espongono i loro problemi nei confronti dell’alcol e le difficoltà che hanno incontrato nel tentativo di smettere di bere. I membri anziani suggeriscono i modi migliori per rimanere sobri e proseguire nell’astinenza totale. Si ritiene che aiutare altri alcolisti sia il modo migliore per non bere più.

    La partecipazione alle riunioni degli Alcolisti Anonimi sembra quindi essere l’unico sistema efficace per uscire dalla dipendenza dall’alcol. Per quanto possa sembrare strano, i risultati si ottengono senza uso di farmaci e senza trattamento psichiatrico. Inoltre non sono previste terapie disintossicanti, assistenza infermieristica, servizi sociali o consulenza di tipo lavorativo. Infine l’associazione non fa ricerche sull’alcolismo, né le finanzia. Eppure, nonostante la scarsità di mezzi e di interventi specifici, questo sembra essere l’unico modo di guarire da quello che ormai tutti considerano non un vizio, ma una vera e propria malattia. Esso rappresenta anche un esempio di malattia curabile senza assunzione di farmaci e senza assistenza medica.

    In questi ultimi anni si è affiancata a quella degli Alcolisti Anonimi una nuova organizzazione per il recupero e la cura degli alcolisti. Si tratta del CAT (Club degli Alcolisti in Trattamento) la cui prima struttura venne avviata a Trieste nel 1979 ma di fatto cominciò la sua opera presso gli Ospedali di Udine-Castellerio e di S. Daniele del Friuli da dove, in breve tempo, si diffuse in tutte le regioni d’Italia ma soprattutto nell’area di Nord-Est: attualmente i Club nel nostro Paese sono circa 2.400 e coinvolgono oltre 20.000 famiglie.

    L’idea di sconfiggere l’alcolismo attraverso il principio dell’auto e reciproco aiuto venne, nel 1964, al prof. Vladimir Hudolin (1922-1996), neuropsichiatra presso l’Università di Zagabria. La metodologia individuata dal medico croato si fonda sulla convinzione che l’alcolismo non è né un vizio, né una malattia, ma uno stile di vita che può essere modificato innanzitutto con la volontà della persona direttamente interessata dal problema, ma anche attraverso l’influenza della famiglia e del gruppo all’interno del quale essa si trova inserita.

    Hudolin aveva osservato che l’alcolismo è uno di quei fenomeni di gruppo per cui quanto più si beve all’interno di una determinata comunità tanto maggiore è il numero degli individui con problemi di alcolismo e correlati. Da ciò dedusse che un gruppo di persone che segue uno stile di vita sano e libero da droghe, finisce per influenzare positivamente tutti coloro che frequentano quel gruppo, i quali tenderanno a comportarsi anch’essi in modo responsabile.

    Le metodologie terapeutiche adottate dall’associazione degli Alcolisti Anonimi e quella del Club degli Alcolisti in Trattamento differiscono tra loro nella forma e nella sostanza. Ad esempio quest’ultima prevede all’interno del gruppo la presenza del cosiddetto servitore-insegnante (di solito un medico) una figura che non è invece contemplata fra gli Alcolisti Anonimi; inoltre il CAT non si preoccupa esclusivamente del recupero degli alcolisti ma assiste anche i soggetti con problemi correlati all’abuso di bevande alcoliche, come ad esempio coloro che soffrono di disturbi psichiatrici o che fanno uso di sostanze psicotrope. Infine il CAT, a differenza dell’associazione degli Alcolisti Anonimi che è rigorosamente laica, attribuisce grande importanza ai valori dello spirito (fra l’altro organizza tutti gli anni un Congresso ad Assisi, al quale sono invitate a partecipare anche le famiglie della persone in trattamento).

    Un buon risultato del metodo è stato quello di mettere in discussione la stessa “cultura del bere” e quindi di modificare l’atteggiamento generale della popolazione verso il consumo di queste sostanze. Forse non tutto è dovuto all’azione sul territorio dei CAT ma nell’ultimo quarto di secolo il consumo medio di alcol in Italia è diminuito di quasi il 35%: un risultato sorprendente se si pensa che ciò è stato realizzato senza una specifica politica di sanità pubblica, mentre in altri Paesi, in cui per fare fronte al problema erano state investite notevoli risorse, non si sono ottenuti risultati altrettanto soddisfacenti.

    Nonostante le difficoltà organizzative e la scarsità di risorse si è riusciti a far conoscere in tutto il mondo il metodo Hudolin contro l’alcolismo e attualmente i CAT sono diffusi in una trentina di Paesi europei ed extraeuropei. Inoltre, nel breve arco della loro attività, i CAT hanno anche avuto importanti riconoscimenti internazionali, che gli sono stati attribuiti tra gli altri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalla Commissione Europea sulla Salute.(*)

     

    QUALCHE CONSIGLIO UTILE

    Prima di dare alcuni consigli per non esagerare a chi trova piacere nel bere, ma nello stesso tempo è consapevole dei rischi connessi con una eccessiva assunzione di bevande alcoliche, vediamo quali sono i soggetti che non devono assolutamente bere.

    Il consumo di bevande alcoliche deve essere assolutamente proibito a:

    1.      bambini e adolescenti,
    2.     donne in stato di gravidanza o allattamento;
    3.     alcolisti;
    4.     individui che si pongono alla guida di autoveicoli;
    5.     individui che devono effettuare prestazioni che richiedono attenzione o perfetta efficienza fisica (ad esempio i chirurghi);
    6.     individui che assumono farmaci (in particolare farmaci il cui metabolismo o tossicità possono essere influenzati dall’assunzione contemporanea di alcol);
    7.     i malati.

    Ed ecco alcuni consigli per non eccedere nel bere:

    1.      bere lentamente e a piccoli sorsi, in modo da prolungare la durata del bicchiere;
    2.     bere chiacchierando, ascoltando musica, distraendosi;
    3.     appoggiare sul tavolo il bicchiere fra un sorso e l’altro e prima di riprenderlo fare un’altra cosa;
    4.     mangiare qualcosa mentre si beve per rallentare l’assorbimento dell’alcol;
    5.     evitare gli alcolici almeno un giorno alla settimana;
    6.     non mischiare gli alcolici (aperitivo, vino, whisky);
    7.     qualora si ecceda, occorre non mettersi alla guida ma farsi accompagnare alla propria dimora, fare una doccia e mettersi a letto. Inoltre è necessario non ricadere spesso in tale situazione.

    Prof. Antonio Vecchia

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