L’acqua: un bene prezioso

Con il continuo miglioramento delle condizioni di vita e con l’aumento della popolazione, la richiesta di acqua cresce sempre più rapidamente tanto che in questi ultimi tempi si sta facendo strada una seria preoccupazione per la sua disponibilità futura. Molti scienziati ed economisti prevedono che se si dovesse continuare a consumare acqua ad un ritmo sempre maggiore, il futuro della specie umana e di ogni altro organismo vivente potrebbe essere compromesso. Eppure l’acqua è straordinariamente diffusa sul pianeta (copre oltre il 75% della sua superficie) tanto che in realtà esso dovrebbe chiamarsi Acqua invece che Terra. Il volume d’acqua degli oceani, ad esempio, è stimato dell’ordine di oltre un miliardo e trecento milioni di kilometri cubi, una quantità veramente enorme, ma si tratta di acqua che non può essere impiegata per soddisfare le più disparate esigenze dell’uomo. (“Acqua, acqua dappertutto e non una sola goccia da bere”. Queste sono le parole che grida il naufrago nella celebre Ballata del vecchio marinaio del poeta e critico britannico Samuel Coleridge (1772-1834) quando, in mezzo al mare e sotto il sole rovente, sta morendo di sete.)

Il resto dell’acqua presente sul pianeta è costituito dai ghiacciai, dai laghi e dai fiumi oltre che da quella trattenuta nel suolo delle regioni più aride; notevoli quantità di acqua sono poi presenti sotto forma di vapore nell’atmosfera (dieci volte di più di quella che scorre in tutti i fiumi del mondo). Di acqua inoltre è formata gran parte degli organismi viventi: il 70% del corpo umano è acqua ed alcune piante e animali arrivano a contenerne oltre il 95% del loro peso. La maggior parte della cosiddetta acqua dolce (quella che contiene una quantità minima di sali disciolti) si trova nel terreno, nei fiumi e nei laghi e rappresenta meno dello 0,1 per cento del totale. Solo questa è l’acqua che normalmente viene utilizzata dall’uomo per l’alimentazione (due o tre litri al giorno equamente distribuiti fra bevande e cibo) e la pulizia personale e domestica (da pochi litri al giorno a qualche centinaio): complessivamente si calcola che il consumo medio giornaliero di acqua per abitante delle regioni evolute del mondo sia compreso fra i 50 e i 100 litri. Molto più elevato è il consumo di questo bene prezioso per l’irrigazione delle coltivazioni e per gli impieghi industriali.

L’acqua è l’unico composto chimico che in natura si trova contemporaneamente nei tre stati di aggregazione: solido, liquido e aeriforme. Essi si trasformano continuamente l’uno nell’altro attraverso un processo ciclico: l’acqua precipita dal cielo sotto forma di pioggia o neve e ritorna per evaporazione all’atmosfera dove in parte si condensa in nuvole per poi ricadere nuovamente al suolo. Il motore di questo ciclo è l’energia solare.

Abbiamo detto che l’uomo consuma l’acqua, ma l’espressione è impropria: in realtà egli la preleva dall’ambiente con certe caratteristiche e la restituisce con caratteristiche diverse. La quantità di acqua presente sul pianeta è sempre la stessa: né si consuma né se ne genera di nuova.

L’acqua normalmente contiene disciolti sali minerali in quantità più o meno elevate, gas e talvolta anche sostanze organiche e, proprio in funzione delle sostanze in esse presenti, le acque naturali si distinguono in: acque di mare, acqua piovana, acque minerali e acque potabili.

Per avere un’acqua priva di sali si ricorre alla distillazione che consiste nel portare il liquido alla temperatura di ebollizione e condensare quindi per raffreddamento il vapore che si è venuto a formare. Proprio per la facilità di ottenerla allo stato puro, l’acqua è stata scelta come sostanza di riferimento per definire alcune grandezze chimico-fisiche. Il grammo ad esempio corrisponde alla massa di un millilitro di acqua alla temperatura di 4 °C. La scala Celsius delle temperature prende come punti di riferimento quello del ghiaccio fondente e dell’acqua bollente; la caloria viene definita come la quantità di calore necessaria per innalzare di un grado (da 14,5 °C a 15,5 °C) la temperatura di un grammo di acqua. Il pH infine, che rappresenta il grado di acidità o di basicità di una soluzione, fa riferimento all’acqua pura alla quale viene assegnato il valore 7 che indica la neutralità.

A causa degli elevati consumi, diventa sempre più difficile l’approvvigionamento di acqua potabile direttamente dall’ambiente; si pone di conseguenza il problema della sua purificazione. Ciò si ottiene normalmente con una preliminare decantazione, al fine di far depositare i componenti più pesanti; a questa segue la filtrazione attraverso letti di sabbia e ghiaia per eliminare particelle in sospensione e germi; quindi la sterilizzazione si completa con aggiunta di cloro gassoso, che elimina definitivamente i microrganismi patogeni. Oltre al cloro (che poi deve essere rimosso perché conferisce all’acqua un sapore sgradevole) esistono anche altri trattamenti, per eliminare i batteri, a base di ozono o di raggi ultravioletti.

 

PROPRIETA’ CHIMICHE E FISICHE

Gli antichi filosofi greci ritenevano che l’acqua fosse uno dei quattro elementi di cui erano costituite tutte le cose terrene e di questa opinione rimasero per lunghi secoli i loro successori fino a quando, nel 1781, il chimico britannico Henry Cavendish (1731-1810) ottenne acqua facendo scoccare una scintilla in un recipiente che conteneva idrogeno ed aria: quindi l’acqua non poteva essere un elemento. Alcuni anni più tardi il chimico francese Antoine-Laurent Lavoisier, dissociandola per mezzo della corrente elettrica, dimostrò che l’acqua è composta da due elementi: idrogeno e ossigeno.

Nonostante la formula chimica semplicissima e nota a tutti, l’acqua possiede una serie di caratteristiche assai strane e tutt’altro che facili da comprendere. Il suo punto di ebollizione ad esempio è straordinariamente alto se messo in relazione al peso della sua molecola relativamente basso. Se confrontiamo l’acqua (H2O) con l’acido solfidrico (H2S) di struttura affine ma la cui molecola pesa quasi il doppio, constatiamo che quest’ultimo bolle alla temperatura di –60 °C (alla temperatura ambiente è quindi un gas) mentre l’acqua bolle a +100 °C e a temperatura ambiente è un liquido.

Ancora più enigmatico è il fatto che la densità del ghiaccio è minore di quella dell’acqua liquida tanto è vero che esso galleggia sull’acqua. Alla temperatura di 0 °C il solido ha densità 0,912 g/cm3; con l’aumento della temperatura il ghiaccio fonde e la densità aumenta fino al valore di 1,00 g/cm3 quando la temperatura raggiunge i 4 °C, poi, con il progredire del riscaldamento, il liquido si dilata come una qualsiasi altra sostanza. Il fatto che alla temperatura di 4 °C l’acqua presenti la densità massima non è soltanto curioso ma risulta anche di importanza fondamentale per la vita sulla Terra, in quanto questa è la causa per cui i mari e i laghi non gelano mai fino sul fondo consentendo ai pesci e agli altri esseri viventi di superare senza danno la stagione fredda. Se il ghiaccio che si forma nei mari e nei laghi andasse a fondo, non avrebbe la possibilità di essere fuso dai raggi solari e i mari e i laghi sarebbero perennemente dei blocchi di ghiaccio.

Sia il punto di ebollizione molto alto, sia la sua densità massima a 4 °C sono conseguenza di un tipo di legame chimico che lega fra loro le molecole: esso si chiama legame a idrogeno (o ponte di idrogeno). In base al peso molecolare molto piccolo, l’acqua dovrebbe bollire a –80 °C mentre grazie alla presenza del legame a idrogeno bolle a +100 °C. Il ghiaccio mostra una struttura cristallina piuttosto ariosa con ampi spazi vuoti fra una molecola e l’altra determinati dalla presenza di questi particolari tipi di legame. Quando il ghiaccio fonde, l’impalcatura spaziosa crolla progressivamente, le molecole si avvicinano e la densità del ghiaccio divenuto acqua liquida, aumenta. Ad iniziare dai 4 °C però, prevale l’effetto del riscaldamento che provoca l’aumento di volume, come avviene in tutti i corpi che vengono riscaldati: le molecole si agitano sempre di più, si urtano e tendono a distanziarsi finché, raggiunto il punto di ebollizione, volano via libere.

I ponti di idrogeno che legano l’una all’altra le molecole spiegherebbero anche il fatto che l’acqua possa assorbire una quantità notevole di calore senza cambiare di molto la propria temperatura e ciò, com’è facilmente intuibile, per noi che siamo fatti in gran parte di acqua, rappresenta una buona difesa contro l’eccessivo riscaldamento del corpo.

 

GLI USI DELL’ACQUA

Una delle proprietà più rilevanti dell’acqua allo stato liquido è la sua capacità di sciogliere altre sostanze per formare soluzioni ed anzi le sostanze solubili in acqua sono così numerose che questa è considerata il solvente universale. Le soluzioni, e in particolare quelle acquose, sono di enorme importanza nella chimica perché costituiscono il mezzo più efficace attraverso cui le sostanze possono venire a contatto e quindi reagire.

Una larga percentuale di reazioni chimiche che vengono realizzate in molti complessi industriali sono ottenute facendo reagire sostanze in soluzione acquosa. L’industria infatti non utilizza l’acqua solo per refrigerare i suoi impianti e per il lavaggio degli stessi ma anche per attivare i processi produttivi, come ad esempio quelli per la trasformazione e la conservazione degli alimenti, in cui l’acqua entra nella composizione del prodotto e rappresenta quindi una vera e propria materia prima. L’industria nel suo complesso è in realtà il settore che più di tutti utilizza l’acqua nell’ambito dei più disparati sistemi produttivi. L’area industriale che fa largo uso di acqua è quella della carta (2-300 tonnellate di acqua per una tonnellata di prodotto); segue l’industria siderurgica che utilizza molta acqua nella produzione del carbon coke necessario per fondere i minerali di ferro negli altiforni; il manufatto che in assoluto richiede più acqua per la sua confezione è però il rayon (800 tonnellate di acqua per tonnellata di prodotto).

Anche in agricoltura l’acqua svolge un ruolo vitale: non è possibile infatti nessuno sfruttamento del suolo senza un adeguato e razionale sistema di irrigazione. Gli esseri viventi non possono fare a meno delle soluzioni acquose anche perché essi stessi contengono soluzioni acquose: le piante ad esempio assorbono dal terreno i sali minerali indispensabili per la crescita sciolti nell’acqua e successivamente i prodotti della loro elaborazione si distribuiscono all’interno di esse veicolati dall’acqua. Il fabbisogno di acqua in agricoltura è in continuo aumento imposto dalla necessità di incrementare la produttività dei terreni soprattutto in quelle zone del pianeta scarsamente piovose che senza l’intervento dell’uomo sarebbero inutilizzabili. Anche per l’allevamento del bestiame è richiesta acqua di elevata purezza con requisiti del tutto simili a quelli dell’acqua potabile.

Le proprietà solventi dell’acqua nascono dalla disposizione degli atomi all’interno della sua molecola che si presenta con quello di ossigeno che attira su di sé gli elettroni dei due atomi di idrogeno. La molecola dell’acqua avrebbe quindi una forma a “v” con l’atomo di ossigeno, carico di elettricità negativa, posizionato al vertice inferiore, mentre i due atomi di idrogeno, privati dei loro elettroni, si troverebbero sulle cime della “v”. La conseguenza di questa disposizione asimmetrica di elettroni e di atomi è che la molecola d’acqua è un dipolo elettrico (positivo dalla parte in cui si trovano gli atomi di idrogeno e negativo dalla parte opposta), una specie di piccolo magnete che si può attaccare ad altre sostanze anch’esse elettricamente cariche.

Il cloruro di sodio, ad esempio, è un sale composto da ioni cloro negativi e ioni sodio positivi (gli ioni sono atomi con carica elettrica) disposti regolarmente nelle tre direzioni dello spazio e tenuti insieme da forze di natura elettrostatica. Quando un cristallo di questo sale è posto in acqua, le molecole del liquido si attaccano con la parte positiva al cloro negativo e con la parte negativa al sodio positivo. Si formano in questo modo dei legami ione–dipolo più forti di quelli che in precedenza tenevano uniti gli ioni sodio e cloro nella struttura cristallina e le molecole di acqua fra di loro. L’acqua pertanto letteralmente scioglie (cioè slega) le particelle che formavano il reticolo cristallino e quindi le circonda dando luogo alla formazione di ioni idratati: con ciò l’acqua impedisce agli stessi di interagire per ricostituire il cristallo. Questo meccanismo non funziona con le molecole prive di carica elettrica com’è ad esempio il grasso; per portare in soluzione questo composto è necessario ricorrere ai saponi che sono delle sostanze le cui molecole sono in grado di agganciare da una parte quelle del grasso e dall’altra quelle dell’acqua.

A causa del suo elevato potere solvente l’acqua in natura non è pura ma contiene sempre una quantità più o meno elevata di sostanze disciolte: l’acqua di mare ad esempio, contiene mediamente 35 grammi di sali (soprattutto cloruro di sodio) per litro. Le cosiddette acque dolci contengono in soluzione pochi sali fra i quali però sono particolarmente importanti quelli di calcio e di magnesio. Un’acqua che contiene un’elevata quantità di sali di calcio e magnesio si dice “dura”. La durezza dell’acqua rappresenta una caratteristica indesiderata perché fonte di numerosi inconvenienti: la precipitazione di questi sali insolubili determina infatti incrostazioni nelle condutture e nelle caldaie; inoltre queste acque non sono adatte alla cottura dei cibi e ostacolano l’azione dei detersivi con conseguente maggiore consumo degli stessi.

 

LA DISPONIBILITA’

Il fabbisogno di acqua nei Paesi industrializzati è enorme ed ogni giorno si fa sempre più grande. Ciò si verifica, come abbiamo detto, non solo perché l’uomo ha bisogno di acqua da bere ma anche perché essa è indispensabile per l’agricoltura e l’industria da cui dipende la qualità della vita.

Si prevede che fra venti anni la quantità media di acqua pro capite diminuirà di un terzo rispetto ad oggi mentre il cibo diventerà sempre più abbondante, grazie soprattutto alla diffusione degli Organismi geneticamente modificati (i famosi Ogm che consentono di coltivare i prodotti della terra anche in luoghi poveri di risorse idriche) e al miglioramento delle tecniche di conservazione delle derrate alimentari. Si prevede quindi che in futuro il vero problema non sarà la carenza di cibo, ma di acqua.

In realtà di questa sostanza ce ne sarebbe a sufficienza per soddisfare i bisogni di una popolazione anche di venti miliardi di uomini ma la sua distribuzione non è omogenea e i consumi conseguentemente mostrano un profondo squilibrio nelle diverse zone del pianeta: gli Italiani ad esempio sono fra i maggiori consumatori di acqua al mondo, secondi solo agli Australiani. Le necessità quotidiane di acqua che garantiscono la sopravvivenza dell’uomo in realtà non sono molto elevate: i nomadi del deserto ad esempio si lavano con un litro di acqua, mentre nel mondo occidentale se ne lasciano scorrere tre o quattro litri solo per lavarsi i denti. Anche nel nostro Paese i consumi di acqua sono molto variabili: a Milano ad esempio una persona dispone di 540 litri di acqua al giorno il doppio di un romano e sette volte di più di quanta ne consuma un triestino. In alcune zone del sud d’Italia spesso manca l’acqua perfino per provvedere alle più elementari necessità di una società civile.

Si calcola che un miliardo di persone al mondo beva acqua sporca con conseguenze catastrofiche per la salute: ogni anno muoiono cinque milioni di persone (soprattutto bambini) per malattie causate dall’acqua inquinata. Ricordiamo che l’acqua per essere definita potabile deve possedere determinate caratteristiche ben precise: deve essere limpida, incolore e inodore, areata e di gusto gradevole; deve inoltre avere un determinato contenuto salino, essere priva di sostanze tossiche (come ammoniaca e sali dell’azoto che indicano la presenza di materia organica in decomposizione) e non deve contenere batteri che possano procurare malattie infettive, ma nemmeno specie innocue come i colibatteri (che vivono nel nostro intestino) la cui presenza però è sintomo di inquinamento da scarichi fognari.

Il consumo di acqua è aumentato a dismisura: all’inizio del secolo che si è appena concluso si consumava nel mondo un decimo dell’acqua che si consuma attualmente con l’aggravante che oggi l’inquinamento rende inutilizzabile per uso potabile una sempre maggiore quantità di essa, soprattutto nelle zone più povere del mondo.

L’inquinamento delle acque dipende da numerosissime sostanze come i metalli pesanti (rame, piombo, mercurio, ecc.) utilizzati nei processi industriali, estremamente tossici per la salute perché inattivano gli enzimi o composti azotati utilizzati in agricoltura come fertilizzanti e pesticidi, caratterizzati questi ultimi da molecole difficilmente degradabili. Non meno preoccupante è l’inquinamento delle acque da fosfati e polifosfati presenti soprattutto nei detersivi che causano uno sviluppo abnorme delle alghe con conseguente consumo di ossigeno. Il fenomeno prende il nome di eutrofizzazione delle acque ed esso, oltre a produrre una diminuzione della pesca e a rendere non balneabili laghi e lunghi tratti di costa, deturpa anche il paesaggio.

Se a disposizione dell’uomo ci sarà sempre meno acqua potabile si renderà necessario sviluppare sistemi che assicurino la depurazione e la desalinizzazione dell’acqua del mare. Si tratta di una tecnica che per il momento viene attuata solo in alcuni Paesi carenti di acque dolci con costi dieci volte superiori a quelli necessari per rendere potabili le acque dei laghi e dei fiumi. L’acqua migliore dal punto di vista della purezza rimane quella che si estrae dal sottosuolo. Anche in questo caso però vi è il pericolo del suo inquinamento il quale può aumentare progressivamente senza che nessuno se ne accorga perché si tratta di acqua che, a differenza di quella che scorre nei fiumi o ristagna nei laghi, non può essere controllata a vista.

La soluzione più opportuna per risolvere il problema della carenza d’acqua sarebbe quella del risparmio. Applicando tecnologie moderne e cambiando mentalità si potrebbe arrivare a risparmiare fino al 50% dei consumi attuali. Ad esempio l’irrigazione dei campi per sgocciolamento (che consente all’acqua di arrivare direttamente alle radici delle piante anziché attraverso l’attuale metodo di irrigazione, in cui il 60% dell’acqua utilizzata non viene assorbita dalle piante ed è quindi da considerarsi perduta) già rappresenterebbe un buon risparmio. Una considerazione analoga potrebbe valere nel campo industriale dove, piuttosto che intervenire nella depurazione delle acque degli scarichi, sarebbe più vantaggioso prevenire l’inquinamento puntando sul riciclaggio e sul riutilizzo di quella che viene impiegata nei processi industriali. Anche l’ingresso nelle case di due tipi di acqua, quella potabile e quella per usi diversi (come d’altronde era ai tempi delle nostre nonne quando nelle abitazioni vi era una sola fontana che forniva acqua potabile) porterebbe a notevoli risparmi domestici. Inoltre non possiamo sottacere le pessime condizioni di una rete idrica che letteralmente “fa acqua” da tutte le parti a causa della vetustà delle condutture e degli allacciamenti abusivi. Si calcola che nel nostro Paese le perdite siano in media del 30% con punte superiori al 50% in alcune regioni del sud. Infine appare scandaloso il fatto che si usi acqua da bere anche per lo sciacquone.

Frattanto nei Paesi industrializzati, sia l’acqua pubblica che esce dai rubinetti, sia quella imbottigliata, sono diventate un business. In Italia la Nestlè, multinazionale nel campo dell’alimentazione, detiene una fetta imponente del mercato dell’acqua. La società svizzera ha iniziato la scalata al made in Italy nel 1992  e attualmente controlla il 49% del principale gruppo di produzione di acque minerali del nostro Paese. L’altro versante, quello dell’acqua pubblica, che era di competenza delle municipalizzate, oggi in gran parte è privatizzato. Il futuro di tali società private, nel settore dell’acqua potabile, si gioca sull’esigenza di recuperare quei consumatori che soprattutto lo sgradevole sapore di cloro nell’acqua di casa aveva indotto a fare ricorso a quella in bottiglia. Quasi un Italiano su due beve acqua in bottiglia nonostante vi sia ormai la consapevolezza che l’acqua di rubinetto spesso è altrettanto potabile e gradevole: ne consumiamo oltre 10 miliardi di litri all’anno per una spesa complessiva di un miliardo e mezzo di euro.

La nostra civiltà dei consumi si sta trasformando via via in quella dei consumi superflui e quindi degli sprechi: una escalation che sta portando inevitabilmente all’inquinamento suicida. La capacità di recupero di una situazione che sta drammaticamente precipitando si misurerà nei prossimi anni nella gestione da parte dei politici delle risorse idriche e nello smaltimento razionale dei rifiuti.

Prof. Antonio Vecchia

Reply